Il riparto di competenze in materia di energie rinnovabili nel Paese dei C8 (mila) (parte seconda)

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Punto secondo.
Pur non trascurandosi la rilevanza che, in relazione agli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio, occorre riconoscere prevalente risalto al profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali: altrimenti, l’adozione, da parte delle Regioni, nelle more dell’approvazione delle linee guida previste dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 – emanate solo nel settembre di quest’anno, ndr, Le linee guida rinnovabili finalmente pubblicate in Gazzetta Ufficiale - di una disciplina come quella oggetto di censura provoca l’impossibilità di realizzare impianti alimentati da energie rinnovabili in un determinato territorio, dal momento che l’emanazione delle linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti è da ritenersi espressione della competenza statale di natura esclusiva in materia di tutela dell’ambiente.

In questo caso, invece, la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale, ed anzi ha evidenziato che l’assenza delle linee guida nazionali non consente, alle Regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa: di conseguenza l’individuazione di aree territoriali ritenute non idonee all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, non ottemperando alla necessità di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in questo ambito, in ossequio al principio di leale cooperazione, risulta in contrasto con l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003.
Vedremo cosa diranno/faranno le regioni da qui all’inizio del 2011, quando scadrà il termine concesso alle regioni dalle linee guida per adottare normative coerenti con quanto di “rinnovabile” detto dal ministero dello sviluppo economico….

Punto terzo.
La costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse, sono soggetti all’autorizzazione unica, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.
Sussiste una procedura autorizzativa semplificata in relazione agli impianti con una capacità di generazione inferiore rispetto alle soglie indicate (tabella A, allegata al medesimo decreto legislativo), diversificate per ciascuna fonte rinnovabile: agli impianti rientranti nelle suddette soglie si applica la disciplina della DIA (denuncia di inizio attività), di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), da presentare al Comune competente per territorio.

Anche in questo caso la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità: la norma regionale censurata – che per alcune tipologie di impianti specificamente elencati, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, non solo solare ed eolica, ma anche per impianti idraulici, a biomassa e a gas ha previsto l’estensione della DIA anche per potenze elettriche nominali superiori (fino a 1 MWe) a quelle previste alla tabella A allegata al d.lgs. n. 387 del 2003 – è illegittima.
Maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la disciplina della DIA (che oggi non esiste più, sostituita dalla SCIA…), infatti, possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente.

Quale peso avranno queste parole, nell’unico Paese (nominalmente facente parte) del G8 microparcellizzato in C8(mila) Comuni, che annaspa in discussioni pseudofilosofiche su presunti federalismi (ben predicati, per carità, ma razzolati male, a quanto pare) e fastidiosi localismi, trascurando qualsiasi logica di sostenibilità (ambientale, energetica, politica, sociale, economica, fiscale, finanziaria, ……..di eleganza)?

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1 comment

28 novembre 2010 alle ore 19:14

Ciao molto interessante questo post!

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