La rimozione dei rifiuti è qualcosa di ben diverso dalla bonifica…

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Molto più spesso di quanto si possa immaginare, anche le Pubbliche Amministrazioni sbagliano.

Specie quando si tratta di applicare, nel caso concreto, il diritto ambientale, che nel nostro bel Paese è stato, negli anni, sicuramente semplificato, ma è tutt’altro che semplice: da interpretare, da applicare, da rispettare.

E così capita che, a volte, vengano imposti ordini di bonifica a chi non è responsabile: è il classico esempio delle ordinanze di bonifica imposte ai proprietari di terreni contaminati, sulla base del semplice criterio dominicale, che prescinde da qualsiasi accertamento sull’effettivo contributo causale al verificarsi dell’inquinamento.
E capita anche che, come nel caso che vi suggerisco oggi, la Pubblica amministrazione travisi le regole del gioco, e ordini qualcosa che non solo non dovrebbe, ma nemmeno potrebbe ordinare.

Sto parlando della bonifica mediante rimozione dei rifiuti

Un Sindaco, nella rispettabilissima intenzione di proteggere, sia pure ex post, l’ambiente, ordinava ad un ente pubblico di provvedere allo sgombero dei rifiuti (inerti e lastre in fibro-cemento) abbandonati nei pressi di un sottopasso stradale: più precisamente, veniva intimata formalmente “la necessaria bonifica dell’area suddetta mediante lo sgombero di tutti i rifiuti, sulla base di una serie articolata di motivi, fra i quali il più rilevante era quello in base al quale non era stato possibile individuare i diretti responsabili dell’abbandono dei rifiuti.

Prima di analizzare la differenza fra rimozione dei rifiuti e bonifica, occorre dire che, nel caso analizzato dal TAR di Brescia (sentenza n. 1148/2010, che si può scaricare gratuitamente dal sito di Natura Giuridica, per utenti registrati), il Comune bene aveva fatto nell’indirizzare l’ordinanza all’ente pubblico (ANAS), anziché – come quest’ultimo avrebbe voluto – al “proprietario catastale” del terreno sul quale erano stati abbandonati i rifiuti. 

La situazione catastale, infatti, ha sottolineato il TAR di Brescia (1148/10) è soltanto apparente, in quanto l’area in questione costituisce pertinenza di una strada statale che, essendo funzionalmente destinata al servizio della viabilità, è attratta nella disciplina del demanio stradale: di conseguenza, il gestore della rete stradale subentra nella posizione del proprietario catastale, essendo quest’ultimo ormai privo di un effettivo rapporto con il bene.

Detto questo, quali sono i limiti entro i quali il proprietario (e quindi anche il gestore della rete stradale) può essere onerato dell’attività di rimozione dei rifiuti e di bonifica del sito?
Nel caso di discarica incontrollata, è prevista una responsabilità oggettiva a carico del proprietario del terreno

In linea di massima no. 

Ma occorre distinguere tra rimozione dei rifiuti e bonifica del sito: la rimozione di rifiuti pone fine a una discarica incontrollata, mentre la bonifica si occupa della situazione di inquinamento che da tale discarica sia derivata.

Il provvedimento impugnato, per tornare alla “provocazione” con la quale ho iniziato il post, ha confuso questi concetti, e ha ordinato la bonifica tramite rimozione.
Questo motivo ha indotto il TAR ad esaminare il provvedimento sia dal punto di vista della rimozione sia da quello della bonifica.

Per quanto riguarda la rimozione dei rifiuti, il TAR ha giustamente sottolineato che il DPR 915/1982 (in vigore all’epoca dei fatti), sia pure con una formulazione non del tutto chiara, stabiliva un principio di diritto equivalente a quello dettato dalla normativa tutt’ora vigente (art. 192 del Testo Unico Ambientale), in base alla quale l’obbligo della rimozione a carico dei responsabili dell’abbandono dei rifiuti è “in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”: in sostanza, il coinvolgimento del proprietario presuppone l’accertamento (in contraddittorio) della responsabilità nella causazione della discarica incontrollata.
Stesso discorso vale per il gestore della rete stradale, che pur disponendo di una struttura organizzativa dispiegata capillarmente sul territorio, non può essere considerato colpevole solo per la mancata vigilanza di ogni singolo tratto di strada: obbligo, quest’ultimo, troppo oneroso.

Dal momento che nessuna di queste ipotesi era presente nella vicenda in esame, il TAR di Brescia (1148/2010) ha concluso che la pretesa del Comune di imporre la rimozione dei rifiuti doveva considerarsi infondata.

Peraltro, alla rimozione dei rifiuti non segue necessariamente la bonifica del sito: se oggi esiste una normativa specifica che disciplina il passaggio dalla remissione in pristino alla vera e propria bonifica, anche all’epoca in cui risalgono i fatti, anche se la normativa non era così specifica, vi erano comunque le condizioni sia per distinguere qualitativamente tra la bonifica e la semplice rimozione dei rifiuti, sia per riconoscere che il proprietario incolpevole è estraneo all’obbligo di bonificare il sito.

Insomma, fermo restando il dovere di bonificare, quanto prima (e nel miglior modo possibile), i siti contaminati, sarebbe il caso di mettere un freno a questa “frenesia bonificatrice”, che rischia di risolversi in un nulla di fatto: ordinare la bonifica con la rimozione dei rifiuti, infatti, è un po’ come mettere la polvere sotto il tappeto.

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Natura Giuridica di Andrea Quaranta: Studio di Consulenza legale Ambientale.

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