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La Mayer Parry sosteneva che, secondo la giurisprudenza della Corte, esistono quattro principi guida che consentono di stabilire il momento in cui sono stati riciclati rifiuti:
- sapere se una sostanza è un «rifiuto» rientrerebbe nella competenza del giudice nazionale e tale questione andrebbe risolta alla luce dell'insieme delle circostanze del caso di specie;
- qualsiasi sostanza è un rifiuto se chi la possiede se ne disfa o vuole disfarsene;
- esisterebbe una distinzione tra il «recupero dei rifiuti» e il «trattamento industriale normale»;
- vi sarebbe recupero se il processo in questione permettesse di ottenere materie prime secondarie utilizzabili in un processo industriale: infatti, quando una materia prima secondaria è stata ottenuta a tale scopo come, nella causa principale, il materiale di grado 3 B prodotto dalla Mayer Parry, il recupero e quindi il riciclaggio si considererebbero ultimati e i materiali non costituirebbero più dei rifiuti.
Dal canto suo, l’Environment Agency – al fine di sapere in quale momento i rifiuti sono da considerarsi riciclati – sosteneva che:
- da un lato, una sostanza non cessa di essere un rifiuto per il solo fatto che è posseduta da una persona diversa dal produttore originario e che tale persona non ha lei stessa l'intenzione o l'obbligo di disfarsene;
- dall'altro, sebbene i rifiuti non cessino necessariamente di essere tali solo perché si può affermare che sono stati sottoposti a un'operazione di recupero, la descrizione di talune di queste operazioni potrebbe tuttavia consentire di determinare in quale momento un materiale cessa di essere un rifiuto (così, a titolo di esempio, riteneva che non vi fosse motivo di mantenere i controlli di gestione dei rifiuti su materiali che sono già stati utilizzati per la produzione di energia […)
In conlusione, l’agenzia per l’ambiente non riteneva che le attività di un'azienda quale la Mayer Parry porti al riciclaggio perchè, in qualità di produttore, essa effettuerebbe solamente operazioni di pretrattamento o altre operazioni che modificano la natura o la composizione dei rifiuti contenenti metallo trattati. (vedi testo sentenza Mayer-Parry).
La Corte di Giustizia, dopo aver sottolineato il rapporto fra le due direttive “chiamate in causa” (la direttiva 94/62 dev'essere considerata una legge speciale – lex specialis – rispetto alla direttiva 75/442 cosicché le sue disposizioni prevalgono su quelle di quest'ultima direttiva nei casi che essa intende specificamente disciplinare), ha stabilito quanto segue, partendo dalla seconda questione.
In base alla definizione di riciclaggio, sottolinea la Corte, il rifiuto di imballaggio dev'essere sottoposto a «un ritrattamento in un processo di produzione», il quale implica che il rifiuto di imballaggio dev'essere manipolato per produrre un nuovo materiale o per fabbricare un prodotto nuovo.
In questo senso, il riciclaggio si distingue nettamente da altre operazioni di recupero o di trattamento dei rifiuti previsti dalla normativa comunitaria, quali il recupero di materie prime e di composti di materie prime, il pretrattamento, il miscuglio o altre operazioni che mutano solo la natura o la composizione di detti rifiuti
Inoltre, un rifiuto può essere considerato riciclato solo se è stato sottoposto a un ritrattamento tale da ottenere un materiale nuovo o un prodotto nuovo «ai fini della sua funzione originaria»: in sostanza, il rifiuto dev'essere trasformato nel suo stato originario per poter, eventualmente, essere utilizzato per una funzione identica a quella che aveva inizialmente il materiale all'origine del rifiuto.
Detto in altri termini: un rifiuto di imballaggio contenente metallo dev'essere considerato riciclato quando è stato sottoposto a un ritrattamento nell'ambito di un processo finalizzato alla produzione di un nuovo materiale o a fabbricare un prodotto nuovo dalle caratteristiche paragonabili a quelle del materiale di cui era costituito il rifiuto, per poter essere riutilizzato per la produzione di imballaggi contenenti metallo.
(continua)