La sentenza di oggi è di quelle particolarmente interessanti, perché pone per la prima volta l’accento su una questione particolarmente delicata, di cui abbiamo già avuto modo di parlare nelle pagine di questo blog: il concetto di sottoprodotto.
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la vicenda trae origine dalla richiesta, effettuata da una società finlandese, la Palin Granit Oy, di un'autorizzazione ambientale per installare una cava di granito.
Tale domanda includeva un piano di gestione dei detriti e menzionava la possibilità di recuperarli utilizzandoli come ghiaia o materiale di riporto.
Nella domanda si comunicava, inoltre, che i detriti derivanti dallo sfruttamento, per un quantitativo di circa 50 000 m3 all'anno (pari a circa il 65-80% del volume globale estratto), sarebbero stati depositati in un'area adiacente.
L’autorità competente rilasciava un'autorizzazione ambientale temporanea, soggetta a varie condizioni per soddisfare il requisito del minor impatto dannoso dello sfruttamento nei confronti della popolazione e dell'ambiente.
A seguito dell’annullamento di tale autorizzazione (dovuto al fatto che i detriti de quibus erano da considerarsi rifiuti, e che la loro area di deposito doveva qualificarsi come discarica) la Palin Granit Oy presentava un ricorso, contestando la qualificazione di rifiuto data ai detriti.
La Palin Granit Oy sottolineava che i rifiuti, la cui composizione restava la stessa della roccia originaria dalla quale erano estratti, venivano depositati per brevi periodi, in vista di un ulteriore utilizzo, senza necessità di alcuna misura di recupero, e che essi non comportavano alcun pericolo per la salute delle persone o per l'ambiente.
(continua)