In questi giorni ho cominciato a postare alcune sentenze della Cassazione in materia di sottoprodotto, nozione che, come sapete, è stata introdotto nel D.Lgs. n. 152/06 (Testo Unico Ambientale), che in questo modo ha modificato i termini di riferimento del dibattito sulla questione dell’inquadramento del riutilizzo di una sostanza o materia all’esito di un processo di produzione o consumo.
Senza interrompere questo “filone”, ma anzi, ad avvalorarne ulteriormente il significato (le sentenze riescono spesso a delineare meglio il concetto di sottoprodotto, perché analizzano il caso concreto, e quindi sono più idonee a verificare nella specie la presenza di tutte le caratteristiche necessarie per un’adeguata “soluzione”), vorrei cominciare oggi a farvi conoscere la "Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa alla Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti".
Avvalorare il significato e l’importanza dell’informazione di quanto stabilito dalla giurisprudenza, dicevo: del resto, come ha sottolineato la stessa Commissione nella Comunicazione di cui , ora, cominceremo a parlare, “la Corte [di Giustizia delle Comunità europee] ha più volte ribadito che sono le circostanze specifiche a fare di un materiale un rifiuto o meno e che pertanto le autorità competenti devono decidere caso per caso […] Pur tuttavia, per applicare la normativa ambientale occorre tracciare, caso per caso, una linea chiara tra le due situazioni giuridiche, stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno”.
Prima di cominciare, vorrei ricordarvi che, sulla specifica materia, si terrà, il 30 giugno p.v., a Roma, un Convegno intitolato “Normativa italiana e comunitaria a confronto. Nozione di rifiuto, sottoprodotto e recupero completo. Profili giuridici e tecnici”, organizzato dalla Giampietro Consulting (per ulteriori informazioni, clicca qui)
Negli ultimi trent'anni la definizione di "rifiuto" ha assunto una grande importanza in Europa per tutelare l'ambiente dagli effetti della produzione e della gestione dei rifiuti.
Gli oggetti o le sostanze definite "rifiuti" sono disciplinate dalla normativa comunitaria in materia, al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente.
La definizione di rifiuto è applicata, valutando caso per caso, dalle autorità competenti di cui alla direttiva 2006/12/CE (direttiva quadro sui rifiuti) quando devono rilasciare un'autorizzazione o decidere in merito alla spedizione di rifiuti.
Nella maggior parte dei casi è facile stabilire quel che è rifiuto e quel che non lo è: pur tuttavia, l'interpretazione di questa definizione ha sollevato non poche questioni.
Problematica è ad esempio la distinzione tra:
Pur tuttavia, come accennavo in premessa, per applicare la normativa ambientale occorre tracciare, caso per caso, una linea chiara tra le due situazioni giuridiche, stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno.
È proprio tale distinzione che si è talvolta rivelata difficile a farsi.
Per rafforzare la certezza del diritto e per facilitare la comprensione e l'applicazione della definizione di rifiuto, la comunicazione intende:
Unicamente ai fini della presente, la Commissione ha utilizzato, a titolo illustrativo, oltre al termine "rifiuto" di cui alla direttiva quadro anche i termini:
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Senza interrompere questo “filone”, ma anzi, ad avvalorarne ulteriormente il significato (le sentenze riescono spesso a delineare meglio il concetto di sottoprodotto, perché analizzano il caso concreto, e quindi sono più idonee a verificare nella specie la presenza di tutte le caratteristiche necessarie per un’adeguata “soluzione”), vorrei cominciare oggi a farvi conoscere la "Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa alla Comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti".
Avvalorare il significato e l’importanza dell’informazione di quanto stabilito dalla giurisprudenza, dicevo: del resto, come ha sottolineato la stessa Commissione nella Comunicazione di cui , ora, cominceremo a parlare, “la Corte [di Giustizia delle Comunità europee] ha più volte ribadito che sono le circostanze specifiche a fare di un materiale un rifiuto o meno e che pertanto le autorità competenti devono decidere caso per caso […] Pur tuttavia, per applicare la normativa ambientale occorre tracciare, caso per caso, una linea chiara tra le due situazioni giuridiche, stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno”.
Prima di cominciare, vorrei ricordarvi che, sulla specifica materia, si terrà, il 30 giugno p.v., a Roma, un Convegno intitolato “Normativa italiana e comunitaria a confronto. Nozione di rifiuto, sottoprodotto e recupero completo. Profili giuridici e tecnici”, organizzato dalla Giampietro Consulting (per ulteriori informazioni, clicca qui)
Negli ultimi trent'anni la definizione di "rifiuto" ha assunto una grande importanza in Europa per tutelare l'ambiente dagli effetti della produzione e della gestione dei rifiuti.
Gli oggetti o le sostanze definite "rifiuti" sono disciplinate dalla normativa comunitaria in materia, al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente.
La definizione di rifiuto è applicata, valutando caso per caso, dalle autorità competenti di cui alla direttiva 2006/12/CE (direttiva quadro sui rifiuti) quando devono rilasciare un'autorizzazione o decidere in merito alla spedizione di rifiuti.
Nella maggior parte dei casi è facile stabilire quel che è rifiuto e quel che non lo è: pur tuttavia, l'interpretazione di questa definizione ha sollevato non poche questioni.
Problematica è ad esempio la distinzione tra:
- i materiali che non sono l'obiettivo primario di un processo di produzione, ma che possono essere considerati sottoprodotti non assimilabili a rifiuti, e
- i materiali che devono invece essere trattati come rifiuti.
Pur tuttavia, come accennavo in premessa, per applicare la normativa ambientale occorre tracciare, caso per caso, una linea chiara tra le due situazioni giuridiche, stabilendo se il materiale di cui si tratta costituisce rifiuto o meno.
È proprio tale distinzione che si è talvolta rivelata difficile a farsi.
Per rafforzare la certezza del diritto e per facilitare la comprensione e l'applicazione della definizione di rifiuto, la comunicazione intende:
- fornire alle autorità competenti alcuni orientamenti che permettano loro di stabilire, caso per caso, se determinati materiali costituiscono rifiuti o meno;
- informare gli operatori economici sul modo in cui tali decisioni sono adottate. La comunicazione contribuirà inoltre ad armonizzare l'interpretazione della legislazione in materia di rifiuti nell'Unione europea;
- spiegare la definizione di "rifiuto" contenuta nell'articolo 1 della direttiva quadro sui rifiuti, alla luce dell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia, per garantire una corretta applicazione della direttiva stessa.
Unicamente ai fini della presente, la Commissione ha utilizzato, a titolo illustrativo, oltre al termine "rifiuto" di cui alla direttiva quadro anche i termini:
- prodotto: ogni materiale che si ottiene deliberatamente nell'ambito di un processo di produzione. In molti casi è possibile individuare uno (o più) prodotti "primari", ovvero il materiale principale prodotto;
- residuo di produzione: materiale che non è ottenuto deliberatamente nell'ambito di un processo di produzione ma che può costituire un rifiuto;
- sottoprodotto: un residuo di produzione che non costituisce un rifiuto.
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