La responsabilità per l'inquinamento risalente nel tempo

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La sentenza che sottopongo oggi alla vostra attenzione (T.A.R. Milano, n. 1913 del 2007, cui avevo già accennato in un post precedente, a proposito della disciplina transitoria in materia di bonifiche dei siti inquinati) riguarda un inquinamento di un sito industriale, risalente agli anni ’60, e gli obblighi di bonifica a carico del successore a titolo universale della società responsabile dell’inquinamento.

Entriamo ora nel dettaglio.
Il caso

La società Edison ha proposto due ricorsi contro altrettanti provvedimenti adottati, ai sensi dell’art. 17 del Decreto Ronchi, dalle amministrazioni comunali di Melegnano e Cerro al Lambro, con i quali:
1. era stata diffidata dalle amministrazioni comunali intimate alla bonifica del sito gravemente inquinato sino agli anni ‘60 dall’Industria Chimica Saronio S.p.A., nonché
2. era stata ordinata la redazione di un piano di caratterizzazione, nella qualità di successore a titolo universale della società responsabile dell’inquinamento.

In estrema sintesi, la ricorrente ha lamentato:
  • l’errata applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/97 e del d.m. n. 471/99: all’epoca della commissione dei comportamenti che avrebbero dato luogo all’assunto inquinamento, infatti, tale normativa non era ancora vigente;
  • l’errata individuazione della Edison S.p.a. quale responsabile dell’inquinamento a titolo di successore universale di Industrie Chimiche Saronio S.p.a. a seguito di molteplici atti di fusione e trasformazione societaria […] perché in nessun caso nel patrimonio del successore a titolo universale potrebbero essere ricompresi obblighi che non sussistevano in quello del dante causa;
  • la carente attività istruttoria posta in essere dall’amministrazione […]
Per la difesa delle amministrazioni intimate, al contrario, le doglianze formulate sarebbero del tutto inconferenti, attesa la piena legittimità dell’operato delle amministrazioni comunali a fronte di un grave fenomeno di inquinamento come quello di specie che persiste tutt’ora, posto in evidenza da un’accurata istruttoria alla quale la ricorrente è stata messa in grado di partecipare e del quale potrebbe rispondere solo la ricorrente medesima, nella sua qualità di successore a titolo universale della Saronio.

La decisione del Giudice amministrativo

Il T.A.R. di Milano, dopo aver osservato che:
  • è noto che il fenomeno della fusione per incorporazione di una società in un'altra determini una successione inter vivos a titolo universale per cui, ai sensi dell'art. 2504 bis c.c., la società incorporante acquista i diritti e gli obblighi di quella incorporata;
  • in particolare, la successione nei rapporti attivi e passivi dei quali era titolare la società incorporata si verifica al momento dell'estinzione di quest'ultima ed è, a sua volta, contestualmente determinata dalla produzione degli effetti dell'atto di fusione
ha tuttavia sottolineato che, nella fattispecie, le obbligazioni di bonifica del sito ove esercitava la propria attività la società Saronio fino agli anni ‘60 risultanti dall’applicazione dell’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 nei confronti dell’inquinatore non potevano configurarsi come sussistenti in alcun modo nel patrimonio della Saronio medesima, non essendo ancora stata emanata la relativa disciplina normativa, né sussistendone una analoga.Tale assunto risulta, del resto, confermato dal fatto che solo nel 2003 le amministrazioni intimate hanno emesso il primo atto che in qualche modo parla di responsabilità ai sensi dell’art. 17 succitato.

Si ritiene, inoltre, che nella fattispecie all’esame non possa fornire alcun ausilio quella giurisprudenza che, riportandosi al concetto di reato permanente, afferma che la normativa di cui al c.d. decreto Ronchi si applica a qualunque situazione di inquinamento in atto al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo, indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto o i fatti generatori dell'attuale situazione patologica, dando luogo l'inquinamento ad una situazione di illecito a carattere permanente formata sia dalla condotta che dall’evento che perdura fino a che non ne vengano rimosse le cause ed i parametri ambientali alterati siano riportati entro i limiti normativamente ritenuti accettabili.


Tale tesi, infatti, a parere del collegio, può ritenersi valida a condizione che il soggetto che ha posto in essere la condotta all’epoca in cui non vigeva ancora il d.lgs. n. 22/97 sia lo stesso che opera al momento del verificarsi dell’inquinamento successivamente all’entrata in vigore di tale normativa, ma non, come nella fattispecie in questione, nella quale l’inquinatore si è estinto, atteso che, ragionando in questo senso, si verrebbe arbitrariamente a scomporre la fattispecie dell’illecito, la cui porzione imputabile consisterebbe nel solo evento, che, isolatamente considerato, non può, invece, dar luogo ad alcuna responsabilità.

La società Edison, infatti, non è il soggetto che ha posto in essere la condotta inquinante e non ne può, dunque, rispondere, neanche a titolo di responsabilità oggettiva, che presuppone, comunque, il compimento della condotta, anche se in assenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

Inoltre, il principio dell’irretroattività, come asserito da autorevole dottrina, oltre ad essere sancito dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, che ammette deroghe solo per espresse previsioni tassative, ritrova piena vigenza nella materia in questione anche per la doverosa applicazione nel nostro ordinamento della direttiva comunitaria sul danno ambientale – la n. 2004/35/CE –, con la quale è stato dettagliatamente disciplinato il principio “chi inquina paga” e che, all’art. 17, dispone l’irretroattività delle disposizioni della direttiva medesima ed in particolare la non applicabilità delle stesse “al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato”.