Report, 13 aprile 2008: buon appetito! (VI)

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Prosegue l’analisi dell’approfondita puntata di Report di domenica 13 aprile 2008, intitolata “Buon appetito!


Il post precedente si concludeva con una considerazione di Piero Riccardi sulla perdita della sostanza organica nei terreni, partita attorno la quale si gioca il futuro dell’agricoltura sostenibile.

Ci avviciniamo pian piano alla conclusione del riassunto di questa importantissima puntata di Report

SLOW FOOD E LA SCELTA DEL CIBO RESPONSABILE

A Bra, fra il Roero e le Langhe, c’è la sede storica di Slow Food, un’associazione che nasce negli anni ’80 come risposta al Fast Food, e che fa della scelta del cibo un atto responsabile.
Carlo Petrini, l’ideatore di Slow Food, è stato da poco inserito dal quotidiano inglese The Guardian tra le 50 personalità (unico italiano…) che potrebbero salvare il pianeta dai danni dell’effetto serra.

Al microfono di Piero Riccardi spiega che “nel momento in cui facciamo le scelte tutti siamo dei gastronomi; e siccome ognuno di noi fa delle scelte, nel momento in cui fa delle scelte sul proprio cibo, in qualche misura, non solo è gastronomo ma è anche contadino, sceglie che tipo di agricoltura aiutare, sceglie che tipo di agricoltura sostenere.
E allora da questo punto di vista le opzioni e le scelte devono essere responsabili"
.

Un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, di piccola scala, continua Petrini, è assolutamente più produttiva e più sostenibile che un’agricoltura massiva, di larga scala, nel senso che produce di più, perché consente anche in piccole realtà territoriali la rotazione delle coltivazioni e consente un utilizzo dei terreni in modo più intelligente.
È questa la nuova forma della modernità: avere la cultura, la conoscenza e la saggezza per tornare a ritmi che rispettino la stagionalità e la produzione locale.

PROGETTI AGRICOLI SOSTENIBILI PER COMBATTERE LA MENTALITA’ DEL VINTO

I Presidi nati attorno a Slow Food, 200 in Italia e altri 100 nel mondo, sono un esempio di sostenibilità, di lotta contro i troppo compromessi cui dovevano sottostare gli allevatori…

"Vedevo proprio che i più bravi volevano smettere – dice Sergio Capaldo, l’ispiratore e motore di una associazione di allevatori nel cuneese – i figli lasciavano l’attività perché dicevano tanto non c’è niente da fare, è proprio la mentalità del vinto, veramente, se tu non entravi nella grande distribuzione, se non facevi così, se non usavi quell’integratore, se non facevi tutto quello che noi non volevamo che a volte avvenisse, sembrava che tu fossi un perdente.

Sempre questa mentalità di dire, no vince il furbo, non vince chi è onesto, questo è stata una sfida che io ho voluto lanciare”

La ricetta?
Semplice.
E sostenibile.
Non è stato inventato niente.
“L’allevamento sostenibile è quello dove il numero di capi è proporzionato ai terreni dell’azienda dove l’allevatore produce da sé il foraggio e gli alimenti necessari, fertilizzati con lo stesso letame dei suoi animali, che è sano perché non contiene medicinali e altri chimici, perché se il cibo è buono l’animale sta bene e non servono i medicinali. Per tutti gli allevatori del presidio prodursi l’alimentazione in azienda è fondamentale, anche perché non si dipende dagli acquisti esterni e se il costo del mais e dei mangimi a livello mondiale aumenta all’azienda non importa, il costo di allevamento rimane certo”.

UNA NUOVA LOGICA
Non è la logica di chi vende che deve decidere come noi dobbiamo produrre, ma è il contrario.
Si riporta al primo posto il consumatore……che vuole mantenere l’ambiente e curarsi con la qualità del cibo.

Per allevare occorre garantirsi il prezzo giusto.
E per garantirsi il prezzo giusto gli allevatori del Presidio hanno deciso di controllare anche il resto della filiera: la distribuzione.
Come?
Attraverso un moderno, efficiente, computerizzato sistema di controllo: la tracciabilità e le forniture sono gestite direttamente, senza intermediari.
Con importanti e positive ricadute sui prezzi….

(continua)