Sono molte le problematiche connesse all’introduzione, nel nostro ordinamento, dei “reati ambientali” nei cataloghi dei reati presupposto della responsabilità degli enti: a mero titolo esemplificativo, vi sono quelle generali relative alla facoltatività (o meno) dell’adozione del modello per la gestione dei rischi ambientali; al ruolo e ai poteri dell’organo di vigilanza; all’applicabilità della normativa anche agli enti pubblici; all’applicazione della normativa nel settore della gestione dei rifiuti (l’introduzione dei reati ambientali in tale settore non solo non ha completato la disciplina penale in materia di gestione dei rifiuti, ma rischia di creare nuove problematiche concernenti l’eccessiva severità data dall’inclusione, fra i reati presupposto, anche di molte fattispecie contravvenzionali; la mancanza di proporzionalità causata dal fatto che sono stati introdotti, fra i reati presupposto, fattispecie punite in maniera meno grave di altre che, al contrario, ne sono escluse; la scarsa chiarezza con la quale il legislatore delegato ha richiamato sanzioni incluse fra i reati presupposto).
Partendo dall’analisi degli articoli 257 del TUA e 25-undecies del DLGS 121/11, nell’articolo “Omessa bonifica da parte dell’impresa? Niente di nuovo sotto il sole”, pubblicato mercoledì 26 settembre 2012 su “Il quotidiano online – Professionalità quotidiana”, testata on line della casa editrice Ipsoa, è stata affrontata l’annosa questione, sorta fin dai tempi della stesura dell’art. 51-bis del “decreto Ronchi” (22/97), che né il TUA (DLGS n. 152/06) né, ora, il DLGS n. 121/11 hanno chiarito: il TUA, infatti, pur apportando all’art. 51-bis del “decreto Ronchi” modifiche tutt’altro che formali, ha mantenuto la criticata formulazione iniziale – in base alla quale “chiunque cagiona l’inquinamento […] è punito […] se non provvede alla bonifica” – che non consente, ora come allora, di chiarire se il legislatore abbia voluto punire:
l’inquinamento, a condizione che non si sia provveduto alla bonifica o, invece,
l’omessa bonifica.
Le conseguenze di tale mancanza di certezze giuridiche non sono di poco conto dal punto di vista pratico:
nel primo caso, infatti, la bonifica è da considerarsi come condizione obiettiva di punibilità (espressa in forma negativa), che preclude la formazione di una piena illiceità penale: in questo caso l’illecito non si perfeziona fintanto che non si verifica l’omessa bonifica;
nel secondo, invece, la bonifica si deve intendere come causa di non punibilità sopravvenuta: presuppone, quindi, il perfezionamento di un reato, ed esclude solo l’assoggettamento a pena, ma non anche l’applicazione di misure di sicurezza, come la confisca dell’area inquinata.
Le differenze fra i due istituti si riverberano anche sull’efficacia della funzione premiale connessa alla bonifica – stimolo (nel primo caso) o impedimento (se considerata come causa di non punibilità sopravvenuta) – e sull’estensione (o meno) della responsabilità penale ai concorrenti estranei alla riparazione.
Potete leggere il testo completo del cit. articolo, con la ricostruzione giuridica della vicenda, qui ne riporto brevemente le conclusioni.
La direttiva è stata recepita all’italiana e, come s’è visto, l’introduzione dei reati ambientali all’interno della L.231 non ha contribuito a chiarire questo importante aspetto della disciplina sulle bonifiche, non avendo fatto alcun riferimento ad eventuali cause di non punibilità a favore dell’ente che provveda alla bonifica.
Modus operandi che – lasciando aperta la diatriba dottrinale fra i fautori della bonifica come causa di non punibilità sopravvenuta e come condizione obiettiva di non punibilità (espressa in forma negativa), cui si aggiunge quella di chi si professa favorevole a norme premiali “spinte fino all’impunità, laddove l’ente, seppure tardivamente, tenga una condotta antagonista rispetto all’offesa già arrecata […] posto che, come noto, i costi della bonifica, spesso ingenti, vengono di fatto sostenuti dall’ente”(C. RUGA RIVA) – non ha risolto il problema, lasciandoci in eredità solo un’altra omissione: quella di un (solo medio tempore?) “omesso progresso” (giuridico, economico, sociale, culturale, ambientale) sostenibile…