Nell’editoriale sul sito di Natura Giuridica del giugno di quest’anno ho sottolineato che, nella compravendita dei siti contaminati, strettamente correlato al tema delle responsabilità dell’inquinamento - di cui ho diffusamente parlato nelle pagine di Natura Giuridica - è quello relativo alle garanzie e alle clausole da inserire nei contratti di compravendita dei siti (potenzialmente) contaminati: la normativa in materia di bonifica dei siti inquinati, introdotta dall’art. 17 del decreto Ronchi e dal D.M. n. 471/99, infatti, ha avuto importanti riflessi sia sulla prassi commerciale, sia sulla patologia dei contratti aventi a oggetto il trasferimento di siti inquinati.
Nel caso che vi propongo oggi, analizzato dal TAR di Brescia nella sentenza n. 1313 del 2010, liberamente scaricabile dal sito di Natura Giuridica, previa semplice registrazione, il terreno contaminato era stato oggetto, in passato, di numerosi passaggi di proprietà, all’insegna dell’inconsapevolezza della situazione di contaminazione presente.
L’ultimo proprietario in ordine temporale, i seguito alla scoperta della contaminazione del sito, era stato assolto in Cassazione, per insussistenza del fatto; ciò nonostante, anche in seguito al dissequestro, il Comune in cui il terreno era ubicato aveva cominciato a notificargli una serie di provvedimenti, con cui venivano ordinati interventi diversi, ma tutti volti, sostanzialmente:
- allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto, eternit, alla messa in sicurezza delle cisterne;
- ad evitare l’attivazione di nuovi scarichi senza autorizzazione e lo smaltimento non conforme alla legge di liquami provenienti dallo scavo del terreno,
fino all’adozione finale di un’ordinanza di bonifica dell’area secondo le linee dettate dall’apposito progetto approvato dal Consiglio comunale…
Data l’inerzia del proprietario, il Comune approvava il progetto esecutivo dei lavori di bonifica e ne dichiarava la pubblica utilità, dando atto della volontà di fare ricorso all’occupazione d’urgenza per entrare nella disponibilità temporanea delle aree da bonificare.
Il proprietario, a questo punto, ricorreva al TAR, deducendo una serie di censure che i più curiosi, o volenterosi, di voi, potranno approfondire scaricando la sentenza sul sito di Natura Giuridica, previa semplice registrazione.
In questa sede è sufficiente riportare la massima del TAR di Brescia, il quale ha affermato che la normativa in materia di inquinamento se, da un lato, non consente di imporre alcun obbligo di bonifica in capo al proprietario dell’area che non sia anche responsabile dell’inquinamento, dall’altro, prevede espressamente che al proprietario intimato, che non sia responsabile dell’inquinamento, sia data la facoltà di provvedere direttamente alla bonifica al fine di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare e, quindi, l’esproprio. L’intervento diretto del Comune per la bonifica non presuppone, infatti, l’accertamento della responsabilità del proprietario, che non può sottrarsi allo stesso, se non provvedendovi direttamente.
Nella specie, quindi, il Collegio ha respinto il ricorso, sottolineando che l’acquisizione della disponibilità dell’area non è conseguenza dell’inadempimento del suddetto ordine di bonifica, bensì della mera circostanza di fatto dell’omessa bonifica: essa rappresenta il passaggio necessario affinché il Comune, data la necessità di provvedere alla bonifica dell’area, a prescindere dall’intervento del soggetto responsabile dell’inquinamento, nei cui confronti potranno poi essere eventualmente esercitate le dovute azioni di regresso, possa in concreto intervenire per bonificare il sito.
La dichiarazione di pubblica utilità e il successivo decreto di occupazione d’urgenza si caratterizzano, quindi, per il fatto di essere totalmente autonomi rispetto al provvedimento oggetto della sentenza richiamata, annullato in ragione della mancata istruttoria diretta ad appurare le responsabilità della ricorrente.
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