Questo l’effetto di una decisione governativa, presa all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale n. 335/08.
La quota di tariffa riferita al servizio di depurazione non è dovuta dagli utenti nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi: questa era la lapidaria affermazione della Corte Costituzionale, espressa nella sentenza n. 335 del 2008, commentata e pubblicata sul blog di Natura Giuridica (Tariffa servizio pubblica fognatura e depurazione: non è dovuta se mancano impianti centralizzati di depurazione).
In sostanza, la tariffa del servizio idrico integrato, sottolineava giustamente la Corte Costituzionale, si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa – che trova la propria fonte nel contratto di utenza, e non in un atto autoritativo – le cui componenti sono inestricabilmente connesse: lo dimostra il fatto che - a fronte del pagamento della tariffa - l'utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione.
In conclusione: la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione ha natura di corrispettivo contrattuale.
Niente depurazione?
Niente canone.
Sacrosante reazioni positive da parte dei consumatori i quali, all’indomani della sentenza, hanno avviato le pratiche per il recupero del maltolto….
Puntuale come un orologio svizzero, è arrivata la mazzata da parte del nostro legislatore, solerte solo quando chiamato a difendere interessi "intaccati" (il complotto, da noi, aleggia sempre...) dal potere giudiziario…
Per farvela breve, il Governo, con la Legge n. 13/2009 – conversione del DL 208/08, uno dei tanti cui il nostro governo ci ha abituato, nella sua opera in fieri di cambiamento (rectius: stravolgimento), di fatto, della distribuzione dei tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giudiziario): attribuzione di sempre maggiori poteri al potere esecutivo, parallelo esautoramento di quello legislativo e, come avvenuto nel caso di specie, azzeramento di quanto stabilito con sentenza del Giudice costituzionale – dopo aver affermato che
gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione […] costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente (componente che, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, è dovuta al gestore dall’utenza solo a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, e purchè alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati)
stravolge il significato e la portata della sentenza della Corte Costituzionale…
Infatti, pur facendovi riferimento (“in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008, i gestori del servizio idrico integrato provvedono anche in forma rateizzata, entro il termine massimo di cinque anni, a decorrere dal 1º ottobre 2009, alla restituzione della quota di tariffa non dovuta riferita all’esercizio del servizio di depurazione”) stabilisce che
nei casi di cui al secondo periodo del comma 1, dall’importo da restituire vanno dedotti gli oneri derivati dalle attività di progettazione, di realizzazione o di completamento avviate.
Come a dire: è sufficiente che un Comune rivendichi di aver previsto (Dove? Come? Quando?....) la costruzione di un depuratore, ma di non essere riuscito a realizzarlo (ma va?) per evitare il rimborso.
In pratica, salvo pochi isolati casi in cui questa rivendicazione non verrà fatta (ma anche lì: non è mai detto…), i cittadini non avranno rimborsi e, sempre per effetto della nuova legge, avranno di nuovo in bolletta un canone per le spese relative agli investimenti necessari per mettere in funzione il depuratore.