Sul numero 6 della Rivista Ambiente & Sviluppo (Ipsoa) è stato pubblicato un mio articolo in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale.
L’articolo parte dalla constatazione della difficile situazione italiana, in cui
“la strisciante incertezza del diritto ambientale […] – dovuta all’inadeguatezza delle relative scelte politiche, improntate alla settorialità e alla cronica mancanza di un disegno unitario – ha determinato una situazione di perenne emergenza (continuamente procrastinata) che, oltre a rimandare ad un futuro lontano ed incerto la soluzione dei numerosi problemi che gli operatori del settore si trovano quotidianamente ad affrontare, ha influito negativamente sullo sviluppo economico del nostro Paese e, soprattutto, ha impedito un’efficace tutela dell’ambiente […]
Nel nostro Paese il recepimento della “direttiva IPPC” ha avuto una lunga e complicata gestazione: ad una iniziale e parziale trasposizione, relativa agli impianti esistenti, è seguita, a più di cinque anni di distanza, la sua integrale attuazione.
In mezzo, gli isolati provvedimenti volti l’effettiva attuazione della riforma.
Le cause di tale lentezza sono da ricercare, almeno inizialmente, “nella scarsa disponibilità di risorse ma anche nella oggettiva difficoltà di una riforma che ha forti connotazioni tecnico scientifiche e che non viene facilmente compresa e «metabolizzata», nella sua strategicità e complessità, dagli attori coinvolti” (A.Pini).
Prosegue, quindi, con l’analisi di tre recenti sentenze del giudice amministrativo in materia, che hanno analizzato tre aspetti differenti:
La prima (T.A.R. Sicilia – Palermo, sentenza n. 1156/07) ha riguardato il periodo transitorio, e ha stabilito che la previsione di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 59/2005 (“le disposizioni relative alle autorizzazioni previste dalla vigente normativa in materia di inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, si applicano fino a quando il gestore si sia adeguato alle condizioni fissate nell'autorizzazione integrata ambientale …”) non può essere interpretata nel senso di validare indiscriminatamente e “cristallizzare” le autorizzazioni esistenti ai fini della prosecuzione di attività anche difformi, o comunque non specificatamente previste, da detti titoli; essa, invece, prevede la permanente vigenza del regime autorizzatorio preesistente, ivi compresa la eventuale necessità di adeguamento/aggiornamento delle autorizzazioni esistenti ai cicli produttivi in atto.
Nella seconda (T.A.R. Piemonte, sentenza n. 2866/07) – concernente le “migliori tecnologie disponibili” – il Giudice amministrativo piemontese ha affermato che il D.Lgs n. 59/05 non contiene definizioni specifiche che consentano di individuare, a priori, quale sia la migliore tecnica disponibile al momento del rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale: il legislatore è molto elastico nel considerare i metodi di individuazione delle stesse, tenuto anche conto che l’autorizzazione de qua è sottoposta a continue e periodiche revisioni, con oneri di provvedere all’aggiornamento nel tempo delle modalità di gestione dello stabilimento sotto i profili legati alla specifica autorizzazione rilasciata.
Infine, in tema di rapporti fra VIA e Autorizzazione integrata ambientale, il T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, (sentenza n. 3365/07) ha sancito che “l’Autorizzazione integrata ambientale è un provvedimento che incide specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di V.I.A. investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, anche se l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto dell’Autorizzazione integrata ambientale, quest'ultima non può essere configurata come atto strettamente consequenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione.
(continua)