(segue da)
Nella sua formulazione originaria, il Testo Unico Ambientale presentava anche degli aspetti positivi, che riguardavano la V.I.A. (disciplinata unitariamente per la prima volta); l’introduzione di alcuni meccanismi di flessibilità in tema di determinazione dei livelli di tutela (ad es., la maggior importanza riconosciuta all’analisi di rischio rispetto ai limiti tabellari; l’introduzione di meccanismi differenziati, come la messa in sicurezza operativa per i siti con attività in esercizio, per la gestione delle contaminazioni storiche); parzialmente la nuova definizione di deposito temporaneo (nella parte in cui chiariva che l’opzione quantitativa e quella temporale sono fra di loro alternative…).
Tuttavia ben più numerose erano le ombre, sia da un punto di vista procedurale che sostanziale.
Il Governo, in ragione di una delega del Parlamento non adeguatamente vincolante, ha disposto di ampi poteri discrezionali.
Il testo finale contrasta con diverse direttive comunitarie, stravolge l’assetto delle competenze definite dalla Costituzione, e si caratterizza per una spiccata tendenza neocentralista.
Il prodotto dell’elaborazione della Commissione dei 24 saggi non si è limitato a coordinare, riordinare o integrare la normativa dei diversi settori di cui si compone la materia ambientale, ma ha minato le fondamenta su cui poggia l’attuale impianto normativo, senza peraltro fornire gli elementi per l’organizzazione di un diverso sistema, coerente con il quadro costituzionale e aderente ai principi comunitari in materia di tutela ambientale.
Il mero assemblaggio materiale di singoli testi, nati separatamente, non ha consentito, tra l’altro, di ritenersi di fronte ad un corpo unitario di norme in materia ambientale, in quanto mancava un nucleo fondamentale di principi comuni alle diverse discipline settoriali, in grado di guidare in modo trasversale e coordinato i vari settori delle discipline giuridiche coinvolte.
Non è stato attuato il necessario coinvolgimento, sin dalla fase di elaborazione della normativa, di tutti i livelli territoriali di governo secondo il principio di corresponsabilità e di leale collaborazione.
All’indomani dell’entrata in vigore del Testo Unico Ambientale, in dottrina si sottolineava, in generale, che:
Cos'è stato fatto, allora, per rimediare a questo testo del ... Gattopardo?
(continua)
Nella sua formulazione originaria, il Testo Unico Ambientale presentava anche degli aspetti positivi, che riguardavano la V.I.A. (disciplinata unitariamente per la prima volta); l’introduzione di alcuni meccanismi di flessibilità in tema di determinazione dei livelli di tutela (ad es., la maggior importanza riconosciuta all’analisi di rischio rispetto ai limiti tabellari; l’introduzione di meccanismi differenziati, come la messa in sicurezza operativa per i siti con attività in esercizio, per la gestione delle contaminazioni storiche); parzialmente la nuova definizione di deposito temporaneo (nella parte in cui chiariva che l’opzione quantitativa e quella temporale sono fra di loro alternative…).
Tuttavia ben più numerose erano le ombre, sia da un punto di vista procedurale che sostanziale.
Il Governo, in ragione di una delega del Parlamento non adeguatamente vincolante, ha disposto di ampi poteri discrezionali.
Il testo finale contrasta con diverse direttive comunitarie, stravolge l’assetto delle competenze definite dalla Costituzione, e si caratterizza per una spiccata tendenza neocentralista.
Il prodotto dell’elaborazione della Commissione dei 24 saggi non si è limitato a coordinare, riordinare o integrare la normativa dei diversi settori di cui si compone la materia ambientale, ma ha minato le fondamenta su cui poggia l’attuale impianto normativo, senza peraltro fornire gli elementi per l’organizzazione di un diverso sistema, coerente con il quadro costituzionale e aderente ai principi comunitari in materia di tutela ambientale.
Il mero assemblaggio materiale di singoli testi, nati separatamente, non ha consentito, tra l’altro, di ritenersi di fronte ad un corpo unitario di norme in materia ambientale, in quanto mancava un nucleo fondamentale di principi comuni alle diverse discipline settoriali, in grado di guidare in modo trasversale e coordinato i vari settori delle discipline giuridiche coinvolte.
Non è stato attuato il necessario coinvolgimento, sin dalla fase di elaborazione della normativa, di tutti i livelli territoriali di governo secondo il principio di corresponsabilità e di leale collaborazione.
All’indomani dell’entrata in vigore del Testo Unico Ambientale, in dottrina si sottolineava, in generale, che:
- il sistema autorizzatorio era privo di sistematicità (erano previste durate diverse per le autorizzazioni previste per le emissioni in atmosfera, gli scarichi, la gestione dei rifiuti – 15, 4 10 anni e dell'IPPC 5-6-8 anni, pur in presenza del disposto dell'art. 9 lett. f) della legge delega, qual criterio specifico sull'autorizzazione unica. In ogni caso sono troppo lunghe, a fronte dell'innovazione tecnologica);
- dietro l'obiettivo di semplificazione dell'intera normativa si nascondeva un elevato rischio di allentamento delle maglie della tutela del bene ambiente;
- la creazione di nuovi enti di gestione e controllo rischiava di duplicazioni di funzioni e difficoltà di individuazione del responsabili e delle scelte in campo ambientale;
- le discipline transitorie avrebbero creato problemi di coordinamento;
- in materia di rifiuti e bonifica dei siti contaminati, oltre alla problematiche connesse alla definizione di rifiuto, e al ridimensionamento dei target di raccolta differenziata previsti dal Decreto Ronchi, si sarebbe assistito ad un eccessivo utilizzo degli accordi di programma tra soggetti pubblici e privati;
- sempre in materia di rifiuti, era problematico e difficilmente giustificabile l'inserimento del deposito temporaneo irregolare fra le operazioni di recupero, e appariva discutibile la scelta di introdurre una condizione di non punibilità per coloro che, dopo aver inquinato un sito, avrebbero bonificato;
- la disciplina relativa all’inquinamento atmosferico aveva subito un appesantimento burocratico, e presentava ad alcuni vuoti della disciplina;
- in materia di danno ambientale si era fatto un passo indietro, in relazione alla scelta di centralizzare in capo al Ministero dell'Ambiente (organo amministrativo, con un potere di ordine di ripristino e di risarcimento del danno che si esplica mediante “ordinanza”): la proponibilità esclusiva dell'azione aveva, di fatto, cancellato il paziente e innovativo ruolo svolto dalla giurisprudenza precedente al T.U., che aveva esteso l'azione di danno agli enti locali.
Cos'è stato fatto, allora, per rimediare a questo testo del ... Gattopardo?
(continua)