Continuando nella rassegna di giurisprudenza in materia di energia eolica, vorrei sottoporvi la sentenza n. 971/2005 del Consiglio di Stato.
Il casoLa società Enel Green Power s.p.a. aveva presentato un progetto per la realizzazione di un impianto eolico, chiedendo alla Regione Molise l’autorizzazione paesaggistica ex art. 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490.
Il casoLa società Enel Green Power s.p.a. aveva presentato un progetto per la realizzazione di un impianto eolico, chiedendo alla Regione Molise l’autorizzazione paesaggistica ex art. 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490.
La Regione esprimeva parere positivo, subordinandolo a talune prescrizioni:
In particolare precisava che:
1. il parere andava considerato di fattibilità;
2.per il parere definitivo occorreva presentare un progetto che tenesse conto della necessità che la disposizione dei pali eolici e la loro forma fosse studiata in relazione alle esigenze tecnologiche e alle valenze del luogo (la centrale eolica, si legge nella sentenza, “poteva, infatti, costituire una particolare interpretazione del contesto ambientale nel quale si inseriva” […]
2.per il parere definitivo occorreva presentare un progetto che tenesse conto della necessità che la disposizione dei pali eolici e la loro forma fosse studiata in relazione alle esigenze tecnologiche e alle valenze del luogo (la centrale eolica, si legge nella sentenza, “poteva, infatti, costituire una particolare interpretazione del contesto ambientale nel quale si inseriva” […]
La Soprintendenza per i Beni Archeologici, Architettonici e per il Paesaggio, annullava l’atto regionale perché “l’intervento proposto ricadeva in un ambito di rilevante interesse paesaggistico-ambientale e naturalistico pressoché privo di qualsiasi intervento antropico e che le nuove costruzioni, ancorché in parte mitigate dalle prescrizioni della Regione potevano comunque costituire motivo di forte impatto ambientale”.
Il TAR Molise, adito dalla società per l’annullamento di quest’ultimo decreto, respingeva il ricorso, perché il provvedimento regionale violava i vincoli paesaggistici e travalicava i limiti imposti all’attività regionale con una scelta che, nella sostanza, modificava i vincoli stessi (la normativa del piano territoriale paesistico regionale, infatti, contemplava la realizzabilità di antenne e tralicci, ma non di pali eolici, strutture ben più alte, ingombranti e complesse…
Nel susseguente appello, il Consiglio di Stato ha ribaltato tale decisione, affermando che:
In tema di tutela paesistica, non può validamente sostenersi che la valutazione regionale si traduca “in un’obiettiva deroga al vincolo”, dovendosi considerare che:
- la normativa di piano, nella specie, non impone un divieto assoluto di edificazione (tanto è vero che consente esplicitamente la collocazione di antenne e tralicci)
- il progetto in questione (realizzazione di un impianto eolico) risponde a finalità di interesse pubblico (la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di Fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente, tra i quali rientrano gli impianti eolici, costituisce un impegno internazionale assunto dallo Stato italiano.
Il provvedimento statale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica non può basarsi su una propria valutazione tecnico-discrezionale sugli interessi in conflitto e sul valore che in concreto deve prevalere, né può apoditticamente affermare che la realizzazione del progetto pregiudica i valori ambientali e paesaggistici, ma deve basarsi sull’esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici (da esporre nella motivazione), che non siano stati esaminati dall’autorità che ha emanato l’autorizzazione, ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati, in contrasto con la regola-cardine della leale cooperazione o con gli altri principio sulla legittimità dell’azione amministrativa (nel caso di specie, è stato ritenuto illegittimo il formulato della Soprintendenza sulla non compatibilità dell’intervento con le esigenze di salvaguardia dell’area vincolata, attraverso osservazioni sul pregiudizio ambientale che non hanno evidenziato uno specifico vizio dell’autorizzazione regionale, ove si consideri che la Regione, proprio in relazione alla qualità paesaggistica del sito, si era limitata ad esprimere un parere di “fattibilità”, subordinando l’adozione del parere definitivo alla presentazione di un progetto che tenesse conto, “oltre che delle esigenze tecnologiche delle valenze del luogo, in modo da restituire una qualità paesaggistica al sito” e indicando le caratteristiche del progetto stesso.
In sede di esame dell’istanza di autorizzazione paesaggistica, la Regione (o l’autorità designata dalla legge regionale) deve rispettare il principio-cardine della leale collaborazione con gli organi del Ministero e gli altri consueti principi sulla legittimità dell’azione amministrativa, sicché dalla motivazione dell’autorizzazione si deve potere evincere che è essa è immune da profili di eccesso di potere, anche per quanto riguarda l’idoneità dell’istruttoria, l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria.
Il provvedimento statale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica non può basarsi su una propria valutazione tecnico-discrezionale sugli interessi in conflitto e sul valore che in concreto deve prevalere, né può apoditticamente affermare che la realizzazione del progetto pregiudica i valori ambientali e paesaggistici, ma deve basarsi sull’esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici (da esporre nella motivazione), che non siano stati esaminati dall’autorità che ha emanato l’autorizzazione, ovvero che siano stati da essa irrazionalmente valutati, in contrasto con la regola-cardine della leale cooperazione o con gli altri principio sulla legittimità dell’azione amministrativa (nel caso di specie, è stato ritenuto illegittimo il formulato della Soprintendenza sulla non compatibilità dell’intervento con le esigenze di salvaguardia dell’area vincolata, attraverso osservazioni sul pregiudizio ambientale che non hanno evidenziato uno specifico vizio dell’autorizzazione regionale, ove si consideri che la Regione, proprio in relazione alla qualità paesaggistica del sito, si era limitata ad esprimere un parere di “fattibilità”, subordinando l’adozione del parere definitivo alla presentazione di un progetto che tenesse conto, “oltre che delle esigenze tecnologiche delle valenze del luogo, in modo da restituire una qualità paesaggistica al sito” e indicando le caratteristiche del progetto stesso.
In sede di esame dell’istanza di autorizzazione paesaggistica, la Regione (o l’autorità designata dalla legge regionale) deve rispettare il principio-cardine della leale collaborazione con gli organi del Ministero e gli altri consueti principi sulla legittimità dell’azione amministrativa, sicché dalla motivazione dell’autorizzazione si deve potere evincere che è essa è immune da profili di eccesso di potere, anche per quanto riguarda l’idoneità dell’istruttoria, l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto diverso da quello tutelato in via primaria.
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