La sentenza della Corte di Cassazione che vi propongo oggi è la n. 5804 del 6 febbraio 2008 (Gallotti e altri), relativa alle materia prime secondarie.
Nella sezione pillole di giurisprudenza, di solito mi “limito” ad fornire informazioni – con una breve descrizione della fattispecie – sulle più recenti sentenze della Cassazione, rinviando, per l’approfondimento, in altre sedi (in particolare: vocabolario ambientale)
In questo caso, però, mi sembra doveroso un sia pur breve commento, volto:
Il caso
Il Tribunale di Tivoli aveva assolto i sigg. Gallotti, Berardinelli, Mani e Veneziano – perché il fatto non sussiste – dal reato di cui all’art. 51, comma primo lett. a), del D.L.vo n. 22/97, loro ascritto per avere:
Il giudice di merito:
La Corte, e questa è la nota dolente, a parere di chi scrive, ha ritenuto fondato il ricorso.
Queste i passaggi fondamentali della decisione:
In sostanza, la Cassazione ha affermato che quando:
Come a dire: l’attività di recupero effettuata ha generato rifiuti….
Quale sarebbe, dunque, il senso dell’attività di recupero?
Occorre evidenziare che il concetto di materie prime secondarie, per definizione, presuppone sempre l’esistenza di un rifiuto, secondo questo schema:
rifiuto --> attività di recupero --> generazione di una materia prima secondaria.
Se così non fosse, se, cioè, un materiale derivante da un’attività di recupero, nel rispetto degli standards stabiliti per legge, e riutilizzato in un ciclo produttivo fosse considerato (come ha fatto la Cassazione nel caso di specie…) un rifiuto, che senso avrebbe l’attività di recupero?
Il discorso, mi rendo conto, è complesso e investe profili giuridici che devono essere approfonditi: cosa che non è gestibile attraverso lo strumento del blog, che per sua natura è dinamico e non idoneo ad analisi tecnico-giuridiche.
Per il momento mi “limito” a segnalare il problema, e a rimandare ad un interessante articolo di Paola Ficco su sito di Reteambiente…
Ma di certo non mancheranno approfondimenti anche sul sito di Giuristi Ambientali (con il quale collaboro da ormai quasi cinque anni).
Testo integrale della sentenza 5804 del 06 febbraio 2008.
Nella sezione pillole di giurisprudenza, di solito mi “limito” ad fornire informazioni – con una breve descrizione della fattispecie – sulle più recenti sentenze della Cassazione, rinviando, per l’approfondimento, in altre sedi (in particolare: vocabolario ambientale)
In questo caso, però, mi sembra doveroso un sia pur breve commento, volto:
- ad evidenziare come anche le decisioni dei Giudici, a volte, siano criticabili (quando poi si tratta dei Giudici della Suprema Corte di Cassazione…), e
- a porre l’attenzione sulle conseguenze dannose che possono avere certe interpretazioni forzate del dato normativo (nonostante le leggi, spesso, siano scritte in modo vergognoso…ma questa è un’altra storia...)
Il caso
Il Tribunale di Tivoli aveva assolto i sigg. Gallotti, Berardinelli, Mani e Veneziano – perché il fatto non sussiste – dal reato di cui all’art. 51, comma primo lett. a), del D.L.vo n. 22/97, loro ascritto per avere:
- il Gallotti, quale responsabile della ditta Nuove Cartiere di Tivoli, e
- gli altri imputati, quali titolari di aziende che procedevano al recupero della carta da macero
Il giudice di merito:
- dopo aver osservato che ai costituiscono recupero “le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie"...
- ha escluso la sussistenza del reato ascritto a tutti gli imputati in base al rilievo che la carta da macero veniva immessa direttamente nel ciclo produttivo senza alcun trattamento preventivo, avendo la stessa funzione della cellulosa e che, pertanto, doveva essere qualificata quale materia prima secondaria.
- i materiali di cui alla contestazione rientrano nella categoria dei rifiuti, secondo la classificazione contenuta nel D.M. 5 febbraio 1998 […];
- il D.L.vo n. 22/97 qualifica smaltimento dei rifiuti le attività preliminari alle operazioni di recupero costituite dalla cernita e adeguamento volumetrico dei rifiuti, che non perdono per tale motivo le loro caratteristiche, sicché nella vigenza del D.L.vo n. 22/97 le attività poste in essere dagli imputati dovevano essere qualificate di smaltimento dei rifiuti, costituendo in particolare un’operazione di recupero la riutilizzazione della carta da macero previo il necessario trattamento, da inquadrarsi tra le operazioni descritte al punto R3 […];
- anche in applicazione del Testo Unico Ambientale, deve pervenirsi ad analoghe conclusioni nella qualificazione dell’attività posta in essere dagli imputati, in quanto l’art. 183 […] include, tra le operazioni di recupero, la cernita e la selezione dei rifiuti;
- anche nella vigenza del Testo Unico Ambientale continuano ad applicarsi le disposizioni del DM 5 febbraio 1998 […];
- infine, se dovesse ritenersi esatta l’interpretazione dell’art. 183 dek Testo Unico Ambientale contenuta nell’impugnata sentenza, con riferimento alla nozione di materia prima secondaria, la norma risulterebbe in contrasto con la direttiva comunitaria in materia di rifiuti, così come interpretata dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza Niselli dell’11 novembre 2004.
La Corte, e questa è la nota dolente, a parere di chi scrive, ha ritenuto fondato il ricorso.
Queste i passaggi fondamentali della decisione:
- le operazioni poste in essere dagli imputati dovevano, “senza ombra di dubbio” (sottolinea la Cassazione), essere classificate quale recupero e smaltimento dei rifiuti, nella vigenza del decreto Ronchi e, in quanto tali, erano soggette ad autorizzazione;
- la carta, cartone da macero e sostanze simili rientrano nella categoria dei rifiuti ai sensi del D.M. 5 febbraio 1998;
- in seguito all’entrata in vigore del Testo Unico Ambientale – che ha introdotto la nozione, tra l’altro, di materia prima secondaria – non si perviene, tuttavia, a conclusioni diverse agli effetti dell’art. 2 c.p.;
- ai sensi dell’art. 181, comma 12, del Testo Unico Ambientale “la disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il detentore non se ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l’obbligo, di disfarsene”;
- ai sensi dell’art. 183 del Testo Unico Ambientale […] costituiscono operazioni di recupero “le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti attraverso trattamenti meccanici termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto”;
- è indubbio, pertanto – sostiene la Corte, che le operazioni di cernita e selezione della carta o cartone da macero poste in essere dalle imprese fornitrici della cartiera dovevano inquadrarsi tra quelle di recupero dei rifiuti ai sensi delle disposizioni citate, e, quindi, soggette alla relativa disciplina anche se, in ipotesi, riferibili a materie prime secondarie;
- va, infine, osservato che la disciplina in materia di gestione dei rifiuti, ai sensi dell’art. 181, commi 12 e 13, del Testo Unico Ambientale non si applica alle sostanze utilizzabili come materia prima secondaria a condizione che “il detentore non se ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l’obbligo, di disfarsene”: nel caso in esame – e con questo la Cassazione chiude il cerchio – si tratta di materiali di cui, in ogni caso, il detentore si era già disfatto, dovendo il termine “disfarsi” essere univocamente riferito al detentore originario della sostanza utilizzabile come materia prima secondaria, sicché il materiale oggetto delle descritte operazioni di recupero non si sottrae alla applicazione della normativa in materia di rifiuti.
In sostanza, la Cassazione ha affermato che quando:
- materiali prodotti da terzi (nella specie: carta da macero)
- oggetto di attività di cernita e di selezione
- che vengono successivamente conferiti ad un’impresa (nella specie: una cartiera)
- e utilizzati nel ciclo produttivo di quest’ultima
Come a dire: l’attività di recupero effettuata ha generato rifiuti….
Quale sarebbe, dunque, il senso dell’attività di recupero?
Occorre evidenziare che il concetto di materie prime secondarie, per definizione, presuppone sempre l’esistenza di un rifiuto, secondo questo schema:
rifiuto --> attività di recupero --> generazione di una materia prima secondaria.
Se così non fosse, se, cioè, un materiale derivante da un’attività di recupero, nel rispetto degli standards stabiliti per legge, e riutilizzato in un ciclo produttivo fosse considerato (come ha fatto la Cassazione nel caso di specie…) un rifiuto, che senso avrebbe l’attività di recupero?
Il discorso, mi rendo conto, è complesso e investe profili giuridici che devono essere approfonditi: cosa che non è gestibile attraverso lo strumento del blog, che per sua natura è dinamico e non idoneo ad analisi tecnico-giuridiche.
Per il momento mi “limito” a segnalare il problema, e a rimandare ad un interessante articolo di Paola Ficco su sito di Reteambiente…
Ma di certo non mancheranno approfondimenti anche sul sito di Giuristi Ambientali (con il quale collaboro da ormai quasi cinque anni).
Testo integrale della sentenza 5804 del 06 febbraio 2008.