Acque reflue industriali e acque di falda sono assimilabili

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Com’è noto, l’art. 137, comma 1, del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. n. 152/06) sanziona l’attività di scarico di acque reflue industriali in acque superficiali senza l'apposita autorizzazione.
Questo reato è oggetto della sentenza della Cassazione n. 11494/10 (scaricabile gratutitamente dal sito di NG, previa semplice registrazione visitando la sezione dedicata alla tutela delle acque), che, nel giudicare della colpevolezza dell’imputato condannato nei precedenti gradi di giudizio, ha avuto modo di esprimersi in merito all’assimilabiiltà o meno delle acque reflue industriali alla acque di falda emunte.

L'acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione – ha detto la Suprema Corte – non può essere assimilata tout court all'acqua reflua industriale, pur dovendosi richiedere, anche per tale genere di acqua laddove la stessa debba essere scaricata in superficie, un’autorizzazione, la cui mancanza, però, non genera conseguenze di tipo penale previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico dell'acqua in superficie provenga da attività produttive genericamente intese.

Se le acque di falda sono intorbidate da residui dei lavori di scavo e di cantiere, esse vanno annoverate nella nozione di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive e non sono assimilabili, quindi, alle acque reflue domestiche, sottratte al regime sanzionatorio previsto dall'art. 137 del D.Lgs 152/06.

Quindi, le acque provenienti dalla falda derivanti da attività di cantiere non possono essere assimilate ai rifiuti, ma escluse - sempre che non contengano contaminazioni - da qualsivoglia regime sanzionatorio e la mancanza dell'autorizzazione comunque prescritta a norma dell'art. 124 del D.Lgs 152/06 non implica affatto l'assoggettamento a sanzione penale.

In particolare, la Cassazione ha sottolineato che la ragione dell'assoggettamento a sanzione penale dello scarico di acque reflue industriali è legata al fatto che i reflui derivanti da dette attività non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche come definite dal menzionato art. 74 comma 1 lett. g).
Per questo motivo, la Corte ha sottolineato la contraddittorietà della decisione del Tribunale, il quale, pur dando atto della natura di falda acquifera dell'acqua convogliata in mare e proveniente da cantiere e pur riconoscendo - sulla base delle testimonianze acquisite - che si trattasse di acqua di falda priva di qualsivoglia contaminazione, ha tuttavia ritenuto di inquadrare la condotta nell'alveo penale di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 che assoggetta a sanzione soltanto gli scarichi di acque reflue provenienti dalle lavorazioni industriali.

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