Italia: un paese senza tempo (ma a cui piace giocare a rimpiattino) (parte seconda)

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Quanto al potere regolamentare dei Comuni, il TAR ha proseguito sottolineando che l’art. 12, comma 10, del D.Lgs 387/2003, non attribuisce alle regioni il potere di determinare la distanza minima tra impianti: al riguardo, infatti, valgono le considerazioni che la giurisprudenza ha da tempo espresso a proposito della legittimità del potere regolamentare comunale in materia di localizzazione sul territorio di impianti elettromagnetici e stazioni radio base, in base alla quale, in relazione alle discipline localizzative e territoriali, è logico che riprenda pieno vigore l'autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l'uso del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli stessi.

La totale libertà attribuita alla Giunta ai fini della determinazione delle distanze minime, e la genericità ed eterogeneità delle categorie di aree e di edifici rispetto a cui il vincolo di distanza minima viene previsto, configurano non un quadro di prescrizioni o standard urbanistici, ma un potere amministrativo in contrasto con il principio di legalità sostanziale e tale da poter pregiudicare l'interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione. La norma impugnata eccede pertanto i limiti della competenza regionale.

Per quanto riguarda, infine, la pianificazione regionale, in materia di impianti di energia da fonti rinnovabili, il TAR ha analizzato diversi aspetti:
• il primo riguarda la previsione, nel PEARS, dell’obbligo della prestazione di una garanzia per’ipotesi di mancato ripristino dello stato dei luoghi a seguito dell’intervenuta decadenza o inefficacia dell’autorizzazione unica. Il giudice amministrativo ha considerato legittima tale disposizione, perché mira a tutelare l’interesse dell’amministrazione e della collettività, ad evitare una lesione al territorio, tanto più ingiustificata, in quanto non funzionale ad alcuna esigenza di produzione energetica.

Considerando che la materia ha rilevanza anche in punto di tutela paesaggistica ed ambientale, la previsione della garanzia risponde ad un interesse pubblico antagonista dotato di copertura costituzionale anche maggiore rispetto a quello alla produzione di energia.
Nella specie, il collegio ha evidenziato che l’interesse pubblico cui è preordinata la clausola che pone un onere al soggetto istante è dall’ordinamento attribuito proprio alla cura dell’autorità regionale: l’introduzione in sede di disciplina regolamentare degli effetti sul territorio dell’installazione di impianti eolici, dunque, non appare svincolata, sul piano funzionale, dall’ambito delle competenze dell’autorità emanante, per cui la dedotta censura di eccesso di potere appare infondata.

• Il secondo, invece, riguarda la qualificazione legale degli impianti di produzione di energia eolica, che implica, stando al D.Lgs n. 387/03, un regime della disponibilità delle relative aree incompatibile con quello posto dal PEARS.
Più in particolare, il legislatore statale, imprimendo a tali impianti la qualificazione di “opere di pubblica utilità indifferibili ed urgenti”, ha inteso consentire la loro realizzazione anche oltre e al di là della limitazione costituita dalla attuale disponibilità dell’area in capo al richiedente l’autorizzazione, scindendo chiaramente i due profili.
Nel caso di specie, il Collegio ha evidenziato che, invece, la norma regionale ha posto l’uno quale condizione dell’altro, violando pertanto la regola posta dalla norma primaria di rango statale.

• Il terzo, infine, ha riguardato l’obbligo, contenuto nel P.E.A.R.S., in base al quale il richiedente l’autorizzazione unica deve depositare, insieme alla domanda di autorizzazione, una “comunicazione ai fini della celerità dei procedimenti, della sede legale istituita dal richiedente in Sicilia e l’impegno al suo mantenimento nel territorio della regione per il tempo di efficacia dell’autorizzazione”. 
Disposizione considerata illegittima dal TAR, perché impedisce alle imprese non siciliane di potere chiedere l’autorizzazione unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, violando, in questo modo, i principi del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi, sanciti dagli artt. 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

E se le cose vanno male, c’è poi sempre lo scaricabarile, arte in cui dominiamo incontrastati la classifica mondiale

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