Ciao Papà

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“Le cose più importanti sono le più difficili da dire.
Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono.
Le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori.
Ma è più che questo, vero?
Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portar via. E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi quando lo dicevate.
Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare”.


Sono le parole con cui comincia Stand by me, l’estate dell’innocenza, uno dei tanti, meravigliosi racconti, distillati di poesia di Stephen King.
In effetti non ci sono tante parole per descrivere quello che ho in mente, e nel cuore, oggi, a un anno di distanza da quando ci hai salutato, un lunedì, e sei dovuto partire.
Non ce ne sono per un semplice motivo: è difficile ascoltare, e capire, la silenziosa sofferenza di chi perde un amore. Difficile perché troppo, troppo personale.


Qualche giorno fa ho ritrovato, fra i ricordi della mia adolescenza, una lettera scritta in una delle tante “Smemo” che collezionavo in quegli anni, quella dedicata al cuore e alla mente.

Una lettera scritta da un padre ad un figlio, che mi ha ricordato quel tuo modo discreto di insegnarmi la vita, presente ma non soffocante (beh, quasi mai...), educativo ma non didattico, prezioso e leggero, anche se non sempre lo capivo, giudicandolo “ranteguso”. E che mi manca. Tanto.
Per cui ho deciso che, in assenza di quelle parole difficili da dire, pubblicherò queste righe, per ringraziarti, ovunque tu sia, delle tante piccole cose che mi hai regalato, e grazie alle quali sono diventato la persona che sono orgoglioso di essere. 
Caro M.
una volta ti ho chiesto come pensavi fosse meglio affrontare la vita: se con la mente o con il cuore. Prima di rispondere hai cercato di tergiversare, per scoprire il trabocchetto che poteva esserci nascosto sotto. Quando ti sei accorto che era solo una mia curiosità, hai risposto deciso: "con il cuore". Poi hai aggiunto: "e tu naturalmente con la mente".
Difficile darti torto. Perché all'età dei figli non sembra possibile rispondere in maniera diversa: la vita va affrontata d'istinto, facendo proprie le scelte dei sentimenti e dell'entusiasmo, facendosi guidare dalla simpatia magari anche in politica (e per fortuna nostra, Bossi è proprio antipatico, con quella faccia da statua azteca venuta male. Né Berlusconi è meglio: in fondo, la fisiognomica dev'essere una disciplina con un suo briciolo di verità scientifica... ).
Mentre invece all'età dei padri sembra altrettanto scontato mettere avanti le mani della razionalità, della prudenza...
Eppure non è solo una differenza di età quella che ci spinge a fare scelte differenti. E' una differenza di senso del dovere. Sono sempre stato un po' ossessionato da questo maledetto senso del dovere. Mi sembra che ce ne sia sempre troppo poco in giro, che non lo si insegni più abbastanza (anche se poi non mi ricordo come e dove me l'hanno insegnato), che affogati in una marea di diritti ci siamo tutti un po' dimenticati dei doveri che dobbiamo rispettare: verso noi stessi, verso i nostri figli, verso gli altri...
E una delle ragioni alla base di questa "dimenticanza" (chiamiamola così, anche se non c'è niente di involontario o casuale) è proprio la troppo scarsa considerazione in cui teniamo la razionalità, la mente di cui sopra.
Non perché la sfera dell'affettività (il cuore se vuoi... ) non abbia delle ragioni da far valere, ma perché con i sentimenti è più facile barare, è più facile ingannare e auto - ingannarsi. Con la mente succede, dovrebbe succedere, di meno.
Ti parlo per esperienza. Alla tua età, e per qualche altro anno ancora, mi sembrava di non poter far niente di veramente importante se il cuore non batteva in sintonia con le mie azioni: la mia scelta politica a sinistra era prima di tutto amore per un mondo più giusto, dove tutti avessero pari possibilità, dove non ci fosse sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dove le differenze di classe potessero sparire. Ma oltre alla politica, tutto mi sembrava marciare in sintonia con il tambureggiare del cuore, persino le tensioni con i miei genitori mi sembravano trovare una giustificazione di tipo più o meno sentimentale: non avevano le mie stesse passioni e i miei medesimi entusiasmi, come potevano condividere e capire quello che pensavo? Se i nostri cuori non marciavano allo stesso ritmo, non potevano certo farlo le nostre idee.
L'ho capito solo più tardi che il cuore, a volte, ti tira dei brutti scherzi. Mina cantava "al cuore, sai, non si comanda mai", ma un bel giorno ti accorgi che non è del tutto vero. Non nel senso che ai sentimenti non si possa comandare. Nell'altro senso: che il cuore spesso ti nasconde cose importanti, che i sentimenti, che la passione, che l'entusiasmo a volte possono confondere le tracce, incrociare le piste, annebbiarti gli occhi. Quante volte mi è successo...
Quante volte ho dovuto pagarne le conseguenze...
E' questo momento che vorrei risparmiarti il più possibile. E' la situazione in cui ti accorgi che all'improvviso non basta più un cuore buttato oltre l'ostacolo per superare la barriera che ti trovi davanti; che la tua passione ti ha imbrogliato le carte sotto il naso, che ti ha all'improvviso lasciato sguarnito un fianco.
Quante volte mi sono trovato indifeso, quante volte avrei voluto essere più protetto, quante volte ho dovuto misurare a mie spese che se avessi dato più attenzione alla mente che al cuore...
Il problema, però, non si può ridurre a una specie di meccanismo di raffreddamento esistenziale, neanche fossimo un motore d'auto. Non si tratta di scegliere un campo o l'altro, aut aut, schierandoci tutti a favore del cuore o della mente. Molto meglio cercare di mitigare le punte dell'uno con quelle dell'altro.
Questo discorso ti potrà sembrare la solita nefanda mediazione dei genitori, che non sanno mai prendere le difese dei loro figli e cercano di convincersi (e convincerti) che anche il professore di latino ha le sue belle ragioni quando dice che potresti dare di più...
No, non si tratta di salvare capra e cavoli. Si tratta piuttosto di accorgersi che dietro a quello che tu chiami cuore si può nascondere una forza a volte distruttiva, un'energia tale che può rischiare di bruciare chi vi si avvicina troppo. Prova a riflettere: quando dichiari tutto il tuo incontenibile amore per qualcosa, che so?, i film con Rita Haywort o i libri di Lovecraft o i fumetti di Mafalda, non rischi forse di consacrarti tutto (troppo?) a qualcosa che poi rischia anche di soffocarti, di toglierti energie per altre esperienze?
Certo, non bisogna fare come l'asino di Buridano che per non saper scegliere tra il fieno o la biada finì per morire di fame, ma non bisogna nemmeno essere tanto assolutisti da pensare che non esiste nient'altro oltre a quello che ti presenta il cuore. Forse, dietro quell'amore così totale e assoluto, si nasconde la paura di misurarti con qualcosa di nuovo, il timore di dover fare esperienze magari più faticose ma forse altrettanto stimolanti. E' per questo che ogni tanto serve anche la mente: per ricordarci di non scambiare le nostre sicurezze e le nostre certezze con delle scelte aprioristiche, con delle dichiarazioni che nessuno può mettere in discussione.
La forza del cuore è fondamentale per andare avanti, per trovare le risorse e le energie necessarie a superare tutti gli ostacoli e tutte le fatiche che ti troverai di fronte. Ma anche un po' di sana razionalità non guasta. Per ricordarti che oltre ai diritti del cuore ci sono anche i doveri della mente e che qualche volta ci si può fermare anche a discutere con se stessi e con i propri sentimenti. Non è detto che abbiano sempre ragione.
Un regista che amo molto, e che spero anche tu amerai come me, Nicholas Ray, l'autore di "Johnny Guitar" con Joan Crawford e "Il temerario" con Robert Mitchum, citava spesso la frase del poeta americano Walt Whitman: "Mi sono contraddetto? Molto bene. Io mi contraddico".
Come a dire: non è vero che al cuore non si comanda mai. A volte gli si può anche far cambiar opinione.
Può essere utile.
il tuo papà