Il deposito temporaneo irregolare di rifiuti è un’operazione di recupero (dell’incertezza giuridica?)

0 commenti
(segue da)

Nonostante il chiarimento relativo alle modalità, con le quali può avvenire il deposito temporaneo (scelta alternativa fra l’opzione quantitativa e quella temporale, sia per i rifiuti pericolosi che per quelli non pericolosi), la disciplina di cui al nuovo T.U.A. ha suscitato alcune perplessità, soprattutto in relazione all’inserimento del deposito temporaneo irregolare di rifiuti fra le operazioni di recupero.

Ciò che destava maggiore preoccupazione era, da un lato, l’utilizzo “disinvolto” della terminologia giuridica e, dall’altro, la cronica incapacità del nostro legislatore di scrivere le norme in modo univoco e coordinato.

Sotto il primo profilo, occorre ricordare che, con la definizione di deposito temporaneo, il legislatore ha espressamente fatto riferimento ad una fase antecedente la gestione dei rifiuti: se viene effettuato in violazione delle condizioni stabilite dalla legge, che ne giustificano il trattamento eccezionale e derogatorio, il deposito temporaneo (irregolare) rientra nella fase di gestione (e deve essere autorizzato).

Al fine di evitare pericolose confusioni terminologiche, il legislatore ha definito l’iniziale ammasso temporaneo di rifiuti, effettuato durante la fase di gestione, deposito preliminare o messa in riserva, a seconda della destinazione ad operazioni di smaltimento o di recupero.

Per tale motivo non sembra opportuno utilizzare l’espressione “deposito temporaneo” per indicare un’operazione di gestione (fra le quali, com’è noto, rientra il recupero).

Ma oltre a tale utilizzo, non corretto dal punto di vista giuridico, non si comprende il motivo che ha indotto il legislatore a inserire il deposito temporaneo irregolare esclusivamente fra le operazioni di recupero, e non anche fra quelle di smaltimento.


Sotto il secondo, devono essere evidenziate le contraddizioni che scaturiscono da una lettura comparata:
  • dell’art. 2, comma 1, lett. g), del D.Lgs. n. 36/2003 (nozione di discarica, che comprende “qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno”) con quella di cui
  • al punto R14 dell’allegato C della parte quarta del T.U.A. (che prevede l’automatica trasformazione del deposito temporaneo, effettuato senza il rispetto delle condizioni previste dalla normativa, in un’operazione di recupero),
dalla quale emerge che la stessa operazione (deposito temporaneo, effettuato in violazione delle condizioni temporali previste dalla normativa vigente) è:
  • considerata una discarica (se i rifiuti, ammassati “temporaneamente”, sono destinati allo smaltimento), e
  • può essere considerata (alternativamente? sulla base di quali criteri?) una discarica o un’operazione di recupero (se i rifiuti, ammassati “temporaneamente”, sono destinati al recupero).
Tali contraddizioni si riversano, inevitabilmente, sulla realtà quotidiana, in quanto creano confusione:
  • sugli operatori del settore, i quali non sanno a quale regime giuridico (è) può essere sottoposto il “deposito temporaneo” di rifiuti, e a quali sanzioni (sono) possono essere assoggettati nel caso di violazione delle condizioni stabilite per legge;
  • sulle autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni, che, nell’incertezza relativa alla qualificazione giuridica da attribuire al deposito temporaneo, effettuato in violazione delle condizioni temporali previste dalla normativa vigente e, comunque, in assenza dell’indicazioni delle precise caratteristiche, che dovrebbero configurare questa nuova figura di “deposito temporaneo irregolare-operazione di recupero R14”, si troveranno di fronte al dilemma di “come autorizzare cosa” e, infine,
  • sugli organi di vigilanza e sul giudice.
(continua)

Foto