Pillole di giurisprudenza (1): l’ambiente nella lettura della Corte Costituzionale

0 commenti
Con questo post intendo inaugurare una nuova “categoria”: pillole di giurisprudenza.

Lo scopo – oltre a quello di InFormare – consiste nel cercare di rendere più intelligibili le sentenze dei diversi Giudici (ordinario, amministrativo, costituzionale,…), e di mostrare la rilevanza concreta delle relative decisioni.Inizio prendendo spunto da una recente sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 380 del 14 novembre 2007), con la quale la Corte – nel delineare i confini della materia tutela dell’ambiente” – ha ribadito che la competenza legislativa “pur presentandosi sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti (sent. n. 32 del 2006), tuttavia, rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), anche se ciò non esclude il concorso di normative regionali, fondate sulle rispettive competenze, volte al conseguimento di finalità di tutela ambientale (sentenza n. 247 del 2006)”.
Dall’analisi della giurisprudenza – sia precedente, sia successiva alla riforma costituzionale del 2001 – è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come:1. “bene della vita”, materiale e complesso, entità organica, la cui disciplina – che riguarda un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto e deve garantire, come prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore – è stata affidata, in via esclusiva allo Stato, il quale deve dettare “norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto”;2. "valore costituzionalmente protetto”, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", nel senso che sullo stesso oggetto insistono interessi diversi: quello alla conservazione dell’ambiente e quelli inerenti alle sue utilizzazioni.In questi casi, la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, “viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi.
Ciò comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente nel suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato”
.


In sostanza, la circostanza che una determinata disciplina sia ascrivibile alla materia “tutela dell’ambiente”, comporta il potere dello Stato di dettare standard di protezione uniformi validi su tutto il territorio nazionale e non derogabili in senso peggiorativo da parte delle Regioni, “ma non esclude che le leggi regionali emanate nell’esercizio della potestà concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, o di quella “residuale” di cui all’art. 117, quarto comma, possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale”.
Si tratta, quindi, di una disciplina che:
a) è riservata in via esclusiva allo Stato, e può essere “integrata”
– solo dalle Regioni (o Province autonome) nell’ambito della disciplina concorrente e
– solo senza derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale;
b) intende stabilire criteri uniformi, non derogabili, su tutto il territorio nazionale, volti – oltre che alla protezione dell’ambiente – anche a non creare disparità di trattamento fra gli operatori del settore.