La politica ambientale nel paese del Gattopardo (8). La lenta e tortuosa vicenda della nozione di scarico (parte quarta)

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L’art. 74, comma 1, lett. ff) del c.d. “Testo Unico Ambientale”, nella sua versione originaria, definiva scarico “qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114”.

L’eliminazione del riferimento a qua
lunque immissione “diretta” nell’ambiente “tramite condotta” non solo ha sconvolto la paziente opera di ricostruzione giurisprudenziale, ma soprattutto, ha rimesso “in discussione il difficile rapporto con la normativa sui rifiuti, ritenuta universalmente la disciplina di chiusura del sistema, atta ad evitare che restino prive di controllo le rilevanti ipotesi di introduzione di sostanze nei corpi ricettori in assenza di condotta evidenziate dal Governo”, creando numerosi problemi di coordinamento con norme, che si inserivano in un diverso contesto terminologico.

Nonostante un’autorevole dottrina, seppur mossa dalle migliori intenzioni, abbia sostenuto il contrario, la nozione di scarico introdotta dal “testone” ha, indubbiamente, creato qualche scompiglio negli operatori…e che parecchi grattacapi al Giudice di legittimità, costretto ad “arrabattarsi” in qualche modo per sostenere che – nonostante l’eliminazione, sopra indicata – la paziente opera certosina di ricostruzio
ne interpretativa giurisprudenziale non era perduta, e che, dunque, non era stato minimamente rimesso in discussione il difficile rapporto di coordinamento con la normativa sui rifiuti.

Con il recente D.Lgs n. 4/08 si è assistito ad un “ritorno al passato”, con la reintroduzione della previgente definizione di scarico, seppur con qualche “accorgimento semantico”.
Il nuovo art. 74, comma 1, lett. ff) definisce scarico “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114”.

In conclusione, si può affermare che lo sforzo ermeneutico, dottrinale e giurisprudenziale, merita sicuramente tutta la solidarietà da parte di coloro che hanno a cuore la più ampia tutela possibile dell’ambiente: tuttavia, il “passo indietro” effettuato dal legislatore delegato offre sicuramente maggiore stabilità (e serenità) interpretativa, non solo ai fini di una più semplice ed intelleggibile lettura del dato normativo – per di più inserita in un testo che ambisce ad essere unico….– ma anche per una più completa ed efficace tutela dell’ambiente.