La politica ambientale nel paese del Gattopardo (6). La lenta e tortuosa vicenda della nozione di scarico (parte seconda)

0 commenti
(segue da...)

Con l'entrata in vigore del decreto Ronchi (D.Lgs. n. 22/97), le acque di scarico sono state espressamente escluse dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti (art. 8, comma 1, lett. e), con l'unica eccezione costituita dai rifiuti allo stato liquido.

Il legislatore, inoltre, ha previsto il principio base in base al quale sono vietati deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo, quanto l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee (art. 14, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 22/97).

Con la nozione di scarico introdotta dal D.Lgs. n. 152/99 (art. 2, comma 1, lettera bb) - che contiene una precisa limitazione alle immissioni dirette, di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili effettuate tramite condotta e provenienti da certi tipi di insediamento (di tipo residenziale o di servizi o nei quali si svolgono attività commerciali o industriali ovvero da reti fognarie) - il legislatore ha abbandonato la nozione onnicomprensiva dettata dalla legge Merli.

Di conseguenza, sotto la vigenza del D.Lgs. n. 152/99 non configurava più uno scarico in senso tecnico quello che non convogliava acque reflue tramite condotta (e, cioè, tramite uno stabile, oggettivo e duraturo sistema di deflusso, anche se non necessariamente attraverso una tubazione): erano, quindi, escluse dalla nozione di scarico tutte quelle immissioni di sostanze che, liquide o semiliquide, non avvenissero tramite condotta o che avessero ad oggetto sostanze che non si trovassero allo stato liquido o semiliquido.


(continua)