La politica ambientale nel paese del Gattopardo (3)

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Nei precedenti post ho cominciato a porre le basi per intraprendere un “viaggio” attraverso le politiche ambientali adottate nel nostro paese, delineando, dapprima, i tratti salienti della nozione di sviluppo sostenibile e, quindi, le indicazioni contenute nel Piano Nazionale per lo sviluppo sostenibile, adottato dal CIPE nel 1993 in attuazione dell’Agenda XXI.

Ora, sempre facendo riferimento al prezioso articolo di A. Muratori (“datato” ma sempre attuale…) intendo soffermarmi sulle “azioni locali di sviluppo”.


È importante sottolineare, a scanso di equivoci, che – nonostante i numerosi elementi di contraddittorietà che si ravvisano nell’atto di tradurre in pratica l’estesa definizione di sviluppo sostenibile – "non per questo si deve pensare che dietro a tutto il tema dello s
viluppo sostenibile ci sia solo aria fritta".

Se, infatti, si “scende” verso il gradino (apparentemente) più basso dei livelli d'intervento – vale a dire quello delle azioni locali – si possono notare le concrete applicazioni pratiche di quello che, come s’
è visto, finché rimane a livello “istituzionale”, non è che un contenitore “vuoto”...

Vale la pena, sottolinea l’Autore, sviluppare qualche considerazione sul più organico tentativo di estrapolare strategie comuni di governo delle città secondo indirizzi orientati alla sostenibilità dello sviluppo urbano, rappresentato dalla Carta di Aalborg, un documento articolato in tre parti, relative:

1. alle "Dichiarazioni di principio", attraverso i quali – ribaditi il concetto ed i principi già noti dello sviluppo sostenibile – vengono evidenziati la
pluralità delle "vie alla sostenibilità" da percorrere a livello locale e i connotati di creatività e dinamicità che devono informare i processi decisionali locali ai fini di uno sviluppo urbano equilibrato e attento agli interessi delle generazioni future:
  • un'economia urbana orientata alla sostenibilità (investimenti per la conservazione del capitale naturale, razionalizzazione nell'uso delle risorse e l'efficienza dei "prodotti" della gestione urbana);
  • l'adozione di modelli sostenibili di uso del territorio e di mobilità urbana;
  • l'impegno ad un contributo locale ai problemi di livello planetario;
  • il riconoscimento del ruolo fondamentale del coinvolgimento della collettività civile nei processi di formazione delle scelte;
  • l'impegno ad adottare strumenti amministrativi.
2. alla promozione della "Campagna delle città europee sostenibili" e
3. all'"Impegno nel processo d'attuazione dell'Agenda XXI a livello locale".

In definitiva, “equità sociale, soluzione negoziata dei problemi, ampiezza dell'autogoverno locale, disponibilità allo scambio di informazioni ed esperienze, vengono riconosciute come altrettanti prerequisiti per l'efficacia dell'azione di livello locale indirizzata al decollo di un modello urbano sostenibile”.

Viene, dunque, prefigurato un procedimento "dal basso" di approccio ai temi della sostenibilità che, oltre a “consentire risultati tangibili nei singoli contesti, relativamente ai parametri governabili a livello locale - si pensi ai modelli innovativi di trasporto pubblico urbano, o di approccio alla pianificazione urbanistica - può concorrere alla progressiva diffusione di una "cultura" dello sviluppo sostenibile […] e, inoltre, rappresentare riferimento metodologico per le stesse - e più complesse - azioni di scala più estesa, al cui livello si riscontrano finora i più evidenti conflitti tra propositi e strategie effettivamente concretizzate”.