In questo post cerchiamo di rispondere alla seguente domanda: quale tariffa per i rifiuti è opportuno applicare nei casi in cui un immobile o parte di esso viene utilizzato dal proprietario residente per svolgere attività di bed and breakfast?
Cominciamo subito col dire che B&B significa “Bed and Breakfast”, non “Banda Bassotti”!
Quanti B&B ci sono in Italia?
Sempre di più, perché dormire in un Bed and Breakfast è più bello, più familiare, caldo, accogliente. Più.
Ed è un modo come un altro – mica tanto “come gli altri”: è più simpatico, amichevole, alla mano, naturale –
per “arrotondare”.
E qualcuno – per far cassa, per cos'altro? - ha pensato bene di approfittare del successo dei B&B, assimilandoli agli alberghi ai fini della determinazione della tassa rifiuti.
Ma qui casca l'asino.
Come dimostrare, e giustificare, questa asserita assimilazione, specie quando – sovente, sovente – manca un'espressa previsione in tal senso nei Regolamenti comunali, e soprattutto dal momento che – secondo una logica elementare – le caratteristiche fisiologiche dei bed and breakfast implicano
necessariamente il contrario, vale a dire la non assimilazione agli immobili destinati ad alberghi?
Caratteristiche dei B&B ai fini del calcolo
della tassa sui rifiuti
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L’immobile destinato a B&B deve
necessariamente essere classificato catastalmente come
residenziale.
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Il conduttore dell’attività ha l’obbligo
di residenza e dimora abituale nello stabile.
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Dal punto di vista quantitativo, il B&B
produce rifiuti in modo saltuario, in funzione:
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Tant'è che – per fortuna – in numerosi casi le commissioni tributarie di volta in volta adite sanciscono l'illegittimità della tariffa al metro quadrato applicata ai locali adibiti a Bed and Breakfast, secondo la destinazione di alberghi, invece di quella propria della residenza, visto che si tratta di locali strutturati e funzionali come abitazioni.
Con la conseguenza che la tariffa di riferimento per capacità e produttività di rifiuto non può che essere quella deliberata per le utenze domestiche.
Del resto la stessa ANCI – che riunisce tutti i comuni italiani, compresi quelli che sposano la tesi dell'assimilabilità dei B&B agli alberghi – ha affermato che
“poiché l’attività svolta dai bed and breakfast è considerata dalla legislazione vigente come non professionale si ritiene che la stessa non possa essere equiparata all’attività ricettiva svolta professionalmente. In mancanza di un’indagine sull’effettiva produzione di rifiuti che consenta di individuare una specifica categoria di riferimento per i B&B, non pare che vi siano alternative all’equiparazione all’utenza domestica di cui il B&B è un’integrazione”.
Nel fare queste affermazioni, richiama una copiosa giurisprudenza che – in mancanza di un’istruttoria che desse supporto alle scelte effettuate – ha ritenuto illegittima una tariffa più elevata per l’utenza alberghiera nei confronti di quella per l’utenza domestica”.
Come a dire, se proprio un Comune effettua l'equiparazione, almeno che sia motivata (e ti voglio vedere...), specie se si considera che, oltre a pretendere una tassa che – nella migliore ed inverosimile delle ipotesi – deve comunque essere giustificabile e giustificata, spesso l'esattore-Comune si spinge ad irrogare sanzioni.
Insomma, il danno oltre alla beffa...
Ma allora perché si continua questa opera di assimilazione preventiva, senza istruttoria e – in definitiva – ingiustificata?
Perché nel cavilloso giuridichese italico non mancano sentenze che dicono il contrario, sia pure con diverse sfumature.
È il caso della sentenza della Cassazione n. 16972 di quest'anno, nella quale il giudice di legittimità ha affermato che
“deve ritenersi legittimo da parte del Comune istituire, pur nell'ambito della destinazione a civile abitazione, una tariffa differenziata per l'uso che si fa di un immobile, a prescindere dalla destinazione catastale, verificando l'utilizzo in concreto da parte del proprietario di servizi come il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fini igienico - sanitari, la manutenzione ordinaria degli impianti e gli altri analoghi, quando tali servizi non siano riferibili solo al proprietario, ma anche ai clienti della struttura adibita a "bed & breakfast".
Questo perché, conclude la Cassazione, “essendo l'imposta correlata alla capacità produttiva di rifiuti deve ritenersi legittima la determinazione …. di prevedere una sottocategoria (C4) con valori e coefficienti di quantità e qualità intermedi tra le sottocategorie di civile abitazione (C1) e alberghi (C4) che tenga conto della promiscuità tra l'uso normale abitativo e la destinazione ricettiva a terzi”, con esclusione tuttavia dal novero della superficie delle aree scoperte pertinenziali o accessorie delle abitazioni: balconi, terrazze, posto macchina, scoperti, inidonei alla produzione di rifiuti.
Parola chiave: capacità produttiva.
Cioè qualcosa di astratto, non di concreto.
Cioè quello che, alla fine della fiera, conta.
O meglio, dovrebbe contare.
Perché un conto è produrre rifiuti, un altro – e ben diverso – è come gestire il loro “fine vita”, ovvero il recupero e/o lo smaltimento.
Più di recente, la Cassazione (sentenza n. 21363 del 21 ottobre 2015) ha affermato che, anche se i bed &breakfast non possono essere assimilati alle strutture alberghiere, è comunque legittimo per il Comune fissare tariffe della tassa rifiuti diverse da quelle per le abitazioni, anche se l'esercizio dell'attività non determina un mutamento della destinazione d'uso dell'immobile.
Ma la tassa non si paga sulle aree scoperte pertinenziali.
Alla fine di questo breve riassunto, mi domando se non sarebbe il caso di passare all'effettiva raccolta differenziata porta a porta generalizzata, e applicare una tariffa basata sulla reale produzione di rifiuti dei restanti rifiuti non altrimenti recuperabili (il “secco”, per utilizzare la terminologia del Comune nel quale risiedo, dove viene effettuata la raccolta differenziata porta a porta, ma si continua ad applicare la tassa sui rifiuti...).
Consuma di più una villa nella quale abitano due persone che lavorano tutto il giorno fuori, o un appartamento in cui abita una famiglia con tre figli?
Dando atto della facile risposta a tale domanda, perché allora paga di più il primo?
Una sorta di patrimoniale mascherata?
Oppure vogliono farci credere che i B&B siano parte della grande famiglia delle Banda Bassotti, e che quindi sia giustificato il prelievo forzato di questa tassa scollegata da ogni dato reale?