L’inosservanza delle disposizioni contenute
nell’AIA: la nuova normativa, di cui al D.Lgs n. 46/2014 (decreto “emissioni
industriali” ha depenalizzato il reato, ma non ha previsto alcuna eccezione per
le autorizzazioni rilasciate durante il regime
previgente.
Con due recenti sentenze la Cassazione è
intervenuta in materia di AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale.
La prima (Cassazione, n. 40532/14 dello
scorso 1° ottobre 2014) riguardava la
condanna di due soggetti alla pena di 5000 € ciascuno per non aver osservato le
prescrizioni contenute nell’AIA (effettuamento, in periodi di divieto, dello scarico di pollina
fresca non ancora stata in concimaia per i previsti 90 gg.).
La
Cassazione ha accolto il ricorso dei due, anche se per ragioni diverse da
quelle oggetto dei motivi proposti.
I fatti
In estrema sintesi, la Corte ha messo in evidenza che il fatto oggetto di contestazione
rientra nel nuovo comma 2 dell'art. 29-quattuordecies del Codice dell’ambiente,
che oggi lo sanziona soltanto in via amministrativa, per effetto delle
modifiche introdotte dal decreto emissioni industriali.
L’art. 7, comma 13, del
D.Lgs n. 46/14, infatti, riscrive l'art. 29-quattuordecies al fine di rendere
le sanzioni previste per gli impianti soggetti ad AIA più proporzionali e più
coordinate con le sanzioni previste da discipline specifiche.
A tal fine:
- il comma 2 prevede una depenalizzazione (l'ammenda da 5.000 a 26.000 è stata sostituita con una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 15.000 euro, mentre viene aumentata la sanzione nei casi di maggior pericolo. La sanzione amministrativa è prevista, “salvo che il fatto costituisca reato”, nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.
- il comma 3, invece, prevede “salvo che il fatto costituisca più grave reato” l'applicazione della sola pena dell'ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente nel caso in cui l'inosservanza:
a)
sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i
controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni (art. 29-decies,
commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di
tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione
stessa;
b)
sia relativa alla gestione di rifiuti;
c)
sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse
idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi
idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.
- il comma 4, infine, prevede un trattamento sanzionatorio più elevato (ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro ed arresto fino a due anni) nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente nel caso in cui l'inosservanza sia relativa:
a)
alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;
b)
allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5
alla Parte Terza;
c) a
casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il
superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente
normativa;
d)
all'utilizzo di combustibili non autorizzati.
Cos’ha detto la
Cassazione
Innanzitutto, che la
fattispecie oggetto dell’esame della Cassazione non rientra in alcuna delle
ipotesi di cui ai commi 3 e 4: infatti riguarda l'inosservanza della
prescrizione autorizzativa contenuta nell'A.I.A. per aver effettuato, in
periodi di divieto, lo scarico di pollina fresca non ancora stata in concimaia
per i previsti 90 gg..
Quindi, che non si
può ritenere che la fattispecie rientri nella previsione di cui al comma 3,
lett. b) (gestione dei rifiuti), perché la giurisprudenza amministrativa e
quella di legittimità ritengono che le materie fecali (fra le quali rientra la
pollina) sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al Testo Unico Ambientale,
purché provengano da attività agricola e siano effettivamente riutilizzate
nella stessa attività (nel caso di specie, la pollina proveniva da attività
agricola ed era effettivamente riutilizzata nella medesima attività).
Dunque, il fatto
rientra nella nuova previsione del comma 2: di conseguenza, essendo intervenuta
la depenalizzazione, la Cassazione ha dovuto annullar la sentenza senza rinvio “per
non essere il fatto (costituito dalla mera inosservanza delle prescrizioni AIA
o di quelle imposte dall'autorità competente, non rientrante in alcuna delle
ipotesi di cui al comma 3 e 4 dell'art. 29- quattuordecies) più previsto dalla
legge come reato”.
Ma la Corte di
Cassazione aggiunge una postilla: “non contenendo, tuttavia, il D.Lgs. n.
46/2014 una disciplina transitoria con riferimento alla necessità di disporre
la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente per
l'irrogazione delle nuove sanzioni amministrative introdotte dall'11 aprile 2014,
trova applicazione il principio di diritto autorevolmente affermato dalle
Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in caso di annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come
reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l'obbligo di trasmettere gli atti all'autorità
amministrativa competente a sanzionare l'illecito amministrativo qualora la
legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di
cui agli artt. 40 e 41 legge 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività è
limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di
depenalizzazione”
Dell’altra sentenza
parleremo la settimana prossima