In caso di avvio a recupero, smaltimento rifiuti abbandonati o deposito in modo incontrollato, l’attività di caratterizzazione dell’area, ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale, è subordinata all’avvenuta rimozione del rifiuto: di conseguenza, il legislatore ha riconosciuto l’impossibilità giuridica di una trasformazione del rifiuto abbancato in “terreno”, non più soggetto a smaltimento.
L’ordinanza di rimozione rifiuti anche a seguito di un recupero ambientale
Fra i molteplici argomenti affrontati dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 6259/13, di particolare interesse quelli relativi al concetto di rifiuto “tal quale” e all’impossibilità giuridica di considerare alla stregua di “terreno” un ammasso di rifiuti “abbancati” su un terreno in seguito ad un’operazione di recupero ambientale.
La vicenda ha per oggetto l’impugnazione di una sentenza di un TAR, con la quale il giudice di prime cure aveva rigettato il ricorso contro un’ordinanza di una provincia, con la quale l’ente aveva diffidato una società ad avviare a smaltimento/recupero i rifiuti, prodotti da uno zuccherificio, utilizzati anni addietro per operazioni di recupero ambientale di una ex cava: la motivazione posta alla base di tale atto è da rinvenire in successive analisi, dalle quali è emersa la violazione dei limiti previsti dal DM 5.2.98, sulle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti.
Caratterizzazione subordinata a rimozione dei rifiuti
I giudici di Palazzo Spada liquidano la questione relativa alla possibilità di configurare i rifiuti – utilizzati per il recupero ambientale, ma risultati non conformi ai parametri stabiliti dalla legge per il loro utilizzo per operazioni di recupero ambientale – alla stregua di “terreno” affermando che:
- in caso di avvio a recupero o smaltimento di rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato
- la legge subordina l’attività di caratterizzazione dell’area, ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale, alla loro avvenuta rimozione.
Quindi, anche a seguito di operazioni di recupero ambientale (R10) in procedura semplificata con rifiuti, se a seguito di analisi successive l’Autorità competente rileva l’inosservanza delle regole tecniche che ne regolano lo svolgimento, e il superamento dei valori limite, può essere ordinata la rimozione degli stessi rifiuti.
In ogni caso – evidenziano i giudici di Palazzo Spada – spetta al soggetto che voglia usufruire del regime di favore rispetto a quello ordinario del rifiuto, fornire la prova della sussistenza di tutte le condizioni per l’applicazione di un regime di favore e differenziato, naturalmente in presenza di una contestazione seria e dettagliata da parte dell’Amministrazione.
L’onere probatorio
Per giustificare quest’ultima affermazione, occorre far un sia pur breve passo indietro, ed analizzare il corpus normativo nel quale il D.M. 5.2.1998, si inserisce.
Breve excursus
“storico”
|
|
Corte di Giustizia
|
Nel 2004 ha condannato l’Italia per
non aver previsto nel DM 5.2.98 le quantità massime per tipo di rifiuti, che
possano essere oggetto di recupero in regime di dispensa dall’autorizzazione
|
DM 186/06
|
Riscrittura degli artt.:
·
6
(messa in riserva)
·
7
(quantità impiegabile)
·
8
(campionamenti ed analisi)
·
9
(Test di cessione)
|
Messa in riserva
|
Prima: era possibile stoccare,
effettuando la comunicazione di inizio attività, solo poche categorie di
rifiuti, e solo se destinate ad ulteriore operazione di recupero
esplicitamente individuata
|
La nuova normativa:
·
ha
comportato l’allargamento delle tipologie di rifiuti che è possibile destinare
ad operazioni di messa in riserva in regime di procedura semplificata
·
distingue
fra operazioni di messa in riserva effettuate presso:
a)
l’impianto
di produzione del rifiuto;
b)
impianti
che svolgono unicamente tale operazione (e quindi in via esclusiva);
c)
impianti
di recupero (e che pertanto effettuano anche altre attività di recupero sul
medesimo rifiuto non pericoloso)
|
|
I limiti quantitativi
|
Per le ipotesi di cui alla lett. a) la
norma:
·
prevede
quali quantità massime di rifiuti impiegabili quelle individuate
dall’Allegato 4
·
fissa
un ulteriore limite: “la quantità di rifiuti non pericolosi sottoposti ad
operazioni di messa in riserva presso l’impianto di produzione del rifiuto
non può eccedere la quantità di rifiuti prodotti in un anno, all’interno del
medesimo impianto”
|
Discarica
|
I rifiuti prodotti devono essere
avviati ad operazioni di recupero entro un anno dalla data di produzione:
diversamente, si configura una discarica (nin questa definizione rientra
anche “qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per
più di un anno”)
|
Lo scopo
|
Evitare che presso il medesimo
impianto di produzione vengano stoccati rifiuti in quantità eccessive
|
Destinare effettivamente i rifiuti
alle attività di recupero in tempi rapidi, non superiori ad un anno
decorrente dalla data della loro produzione
|
Alla stregua di quanto sopra riportato, è evidente che:
- consentire tempi e quantità superiori per la messa in riserva di un rifiuto in regime di procedura semplificata comporta il rischio di creazione di una discarica, facendo insorgere il sospetto di una probabile perdita di controllo del flusso del rifiuto;
- impostare un onere probatorio in capo al soggetto che beneficia della procedura semplificata è coerente con i rischi ambientali e di inquinamento che tale procedura potrebbe implicare (creazione di fatto di una discarica), e che si vogliono prevenire.
Concetto di rifiuto tal quale
Quindi, in relazione alla tesi della società appellante – in base alla quale il test di cessione doveva essere effettuato sul “rifiuto tal quale” e non successivamente all’abbancamento dei rifiuti e all’avvenuta ricopertura degli stessi con terreno vegetale, che avrebbe potuto alterarne la proprietà di rilasciare i metalli – il Consiglio di Stato ha dato ragione al ragionamento già utilizzato dal TAR in primo grado.
Il concetto di rifiuto “tal quale”:
- è rilevante soltanto ai sensi dell’art. 8 del cit. DM 5.2.1998 (disciplina delle modalità di campionamento al fine della caratterizzazione chimico fisica del rifiuto stesso), mentre
- non compare nel successivo art. 9, ai fini dell'effettuazione del test di cessione di cui all’Allegato 3 dello stesso DM.