Sulla scia di quanto scritto qualche giorno fa, a proposito della sentenza "un po' originale" sul terremoto de L'Aquila, oggi voglio postare qualche considerazione a margine dell'altro "caso ambientale" all'onor della cronaca ambientale degli ultimi mesi: l'ILVA di Taranto.
Già, perché nella complessa vicenda relativa all’ILVA di Taranto – resa complicata dai burocratici e macchinosi procedimenti autorizzatori (AIA, autorizzazione integrata ambientale), a loro volta sclerotizzati dalle contraddizioni con le quali le pubbliche amministrazioni spesso infarciscono gli iter autorizzatori – anche il Sindaco di Taranto non ha “potuto fare a meno” di “dire la sua”, emanando un’ordinanza contingibile ed urgente con la quale ha ingiunto all’ILVA di porre in essere, con urgenza, nel proprio stabilimento siderurgico di Taranto le misure idonee a scongiurare il pericolo alla salute pubblica.
Ha esercitato in modo corretto il potere straordinario che l’ordinamento assegna all’Autorità territoriale in situazioni eccezionali?
No, la risposta perentoria del giudice amministrativo salentino.
Ha esercitato in modo corretto il potere straordinario che l’ordinamento assegna all’Autorità territoriale in situazioni eccezionali?
No, la risposta perentoria del giudice amministrativo salentino.
È del 22 ottobre 2012 la “novità che sapevamo già” che la mortalità a Taranto è cresciuta in modo esponenziale, negli ultimi anni, specie nei quartieri situati a ridosso dell’ILVA: il “rapporto Sentieri” commissionato dall’ISS ha evidenziato un aumento percentuale, per tutti i tumori, per le malattie respiratorie e quelle circolatorie (con percentuali a due cifre).
Senza parlare delle percentuali che concernono i bambini, per le quali si registra un incremento del 20% della mortalità nel primo anno di vita rispetto alla media pugliese, che diventa 30-50% per la contrazione di malattie di origine perinatale che si manifestano oltre il primo anno di vita.
In quei giorni si faceva riferimento costante alla “nuova AIA” per l’impianto siderurgico, che dovrebbe miracolosamente non solo ridurre l’inquinamento (come se il solo fatto di esistere, a prescindere dall’essere illic et immediater applicata/applicabile, riducesse a zero le emissioni dell’acciaieria), ma anche azzerare anni e anni di una politica ambientale indegna delle aspettative che nutriamo nei confronti del nostro Paese (il refrain è quello di salvare capra e cavoli, ambiente e lavoro: un obiettivo che, tuttavia, solo una politica integrata, coordinata, autorevole e lungimiranza può cercare di raggiungere).
L’AIA è stata pubblicata in gazzetta ufficiale il 26 ottobre 2012.
Ma, com’è del tutto evidente, IL problema di Taranto, così come la sua soluzione, non sta solamente nell’AIA – che esisteva già prima – ma in un insieme esplosivo di fattori, non ultimo la totale mancanza di una seria ed autorevole politica industriale ed ambientale.
Ma come si è arrivati a questa situazione?
Prima dell’emananda AIA, quali erano le prescrizioni imposte all’ILVA?
La recente sentenza del TAR di Lecce, n. 1187/12, ci aiuta a ricostruire la lunga vicenda dell’autorizzazione ambientale dell’impianto siderurgico più grande d’Europa, evidenziando molte incongruenze anche da parte della pubblica amministrazione procedente…
L’approfondimento analitico della sentenza è stato pubblicato nell’articolo “La ‘’genesi’’ dell’autorizzazione integrata ambientale dell’Ilva”, che potete leggere collegandovi alle pagine del sito de “Il quotidiano IPSOA”.
Sempre nelle pagine di questo quotidiano online potete leggere l’approfondimento di un altro aspetto, sempre relativo alla complessa vicenda dell’ILVA di Taranto, nella quale anche il Sindaco non ha “potuto fare a meno” di “dire la sua”, emanando un’ordinanza contingibile ed urgente con la quale ha ingiunto all’ILVA di porre in essere, con urgenza, nel proprio stabilimento siderurgico di Taranto le misure idonee a scongiurare il pericolo alla salute pubblica.
Ha esercitato in modo corretto il potere straordinario che l’ordinamento assegna all’Autorità territoriale in situazioni eccezionali?
No, la risposta perentoria data dallo stesso giudice salentino, in un’altra sentenza.
Le ordinanze contingibili ed urgenti, infatti, appartengono al novero degli atti necessitati e costituiscono (non un, ma) il rimedio, approntato dall’ordinamento, per far fronte a situazioni di emergenza ed urgenza impreviste, espressione di un potere extra ordinem, derogatorio e dal contenuto libero, con il solo rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico (costituzionali e non), e trovano il loro fondamento negli artt. 50 del TUEL, 217 del RD 1265/34 e 117 del DLGS n. 112/98.
Nella specie, il Collegio ha ritenuto che l’ordinanza sindacale non rispondesse agli indefettibili presupposti per la sua emanazione, non essendo diretta a fronteggiare un’emergenza sanitaria, ma piuttosto a imporre l’esecuzione di obblighi che trovano la loro naturale sede nelle prescrizioni che devono accompagnare l’autorizzazione integrata ambientale: non possono essere definite altrimenti, infatti, le misure imposte nel provvedimento impugnato, che si concretano nell’obbligo di adottare sistemi di campionamento delle emissioni, di contenimento dello scarico delle polveri e di minimizzazione delle emissioni fuggitive, oltre che di limitazione della produzione effettiva.