Molto si sta scrivendo sul "caso ILVA" e sul "braccio d'acciaio" fra Governo e magistratura, spesso con i toni apodittici di chi ritiene assertivamente di avere la ragione dalla propria parte.
Ritorneremo, in queste pagine, sulla vicenda ILVA quando il DL salva-ILVA sarà diventato legge dello Stato - vedremo in che termini - e se e quando la magistratura avrà sollevato (perché credo che lo farà) la questione di legittimità costituzionale o il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato.
In questo post voglio accennarvi, invece, a quanto, meno conosciuto, è (già) stato fatto nel 2010 dalla BEI, la banca europea per gli investimenti, che ha finanziato un progetto - Riva Taranto Energy & Environment per “la sostenibilità tecnica, ambientale e finanziaria a lungo termine”, presentato dalla società proprietaria del polo siderurgico tarantino.
Il progetto riguardava un programma di investimenti volto a mantenere la competitività del sito, consolidando l'occupazione ma al tempo stesso riducendo le emissioni di gas serra e l'impatto ambientale delle attività produttive. Tramite una procedura di "procurement" la società avrebbe avviato, per attuare il progetto stesso, una negoziato internazionale volto all'ottenimento delle attrezzature e servizi necessari, fra le poche imprese in grado di fornirli. Costo totale: circa 750 mln di euro, di cui la metà finanziati dalla BEI.
Il progetto riguardava un programma di investimenti volto a mantenere la competitività del sito, consolidando l'occupazione ma al tempo stesso riducendo le emissioni di gas serra e l'impatto ambientale delle attività produttive. Tramite una procedura di "procurement" la società avrebbe avviato, per attuare il progetto stesso, una negoziato internazionale volto all'ottenimento delle attrezzature e servizi necessari, fra le poche imprese in grado di fornirli. Costo totale: circa 750 mln di euro, di cui la metà finanziati dalla BEI.
Nell’annosa, complicata vicenda relativa all’ILVA di Taranto, il “mondo” politico intero si arrovella per mostrarsi efficiente, invece di “trovare” una soluzione in grado di cominciare a coniugare – davvero e ora – tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo, da un lato, con gli interessi economici di datori e lavoratori, dall’altro.
Così facendo, quello stesso mondo politico si dimentica, tuttavia, di porre (ehm: porsi) alcune domande, non perché siano indiscrete, ma perché potrebbero esserlo, indiscrete, le risposte cui neanche loro – a meno di giravolte (para)dialettiche eclatanti – si potrebbero sottrarre.
Fermo restando che ora – per forza, non s’è fatto nulla dal punto di vista politico fino ad oggi – la vicenda costituisce un’urgenza da risolvere, bene e in fretta, vi sono alcune domande che meriterebbero non solo risposte puntuali, ma anche analitici resoconti su ciò che medio tempore non è stato fatto (e neanche si è tentato di fare).
Considerando che il Governo, soltanto pochi mesi fa, ha stanziato 336 milioni di euro per la bonifica di Taranto nel “braccio d’acciaio” a tre fra lo stesso Governo, la magistratura e l’Ilva, come e quando verrà effettuata la bonifica?
Perché il vice-presidente della Commissione europea, nonché responsabile per l’industria continua a promettere, invocandoli, anche i fondi europei della BEI, la banca europea per gli investimenti?
Quando si parla di (tanti) soldi, occorre andare cauti, e non cedere alla facile “tentazione” di lamentarsi per il loro utilizzo: ma proprio per gli stessi motivi occorre capire di che cosa stiamo parlando…
La BEI, infatti, di soldi ne ha già dati....
Che fine hanno fatto?
Sul sito della Casa Editrice Ipsoa di Milano, potete continuare a leggere, nell'articolo Il “caso” Ilva: progettare il futuro a partire da risposte indiscrete, pubblicato il 18 dicembre scorso, le impressioni di chi ritiene, appunto, che occorra progettare il futuro cominciando a partire da risposte indiscrete.