La sentenza della Corte Costituzionale che vi propongo oggi (335/08) trae origine da una serie di ordinanze con le quali il Giudice di pace di Gragnano (Napoli) dubita della legittimità dell’art. 14 della legge Galli (L. n. 36 del 1994) nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura e di depurazione - quota che affluisce «a un fondo vincolato a disposizione dei soggetti gestori del Servizio idrico integrato la cui utilizzazione è vincolata alla attuazione del piano d'ambito» - è dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi.
In estrema sintesi, la norma, secondo il rimettente, violerebbe:
a) l'art. 2 Cost.: incide sul «diritto inviolabile alla qualificazione dell'individuo come soggetto di diritto»;
b) l'art. 3 Cost.: irragionevolmente impone agli utenti di versare la quota di tariffa del servizio di fognatura e depurazione anche in mancanza del servizio di depurazione;
c) l'art. 32 Cost.. consente che la salute dei cittadini e delle future generazioni sia danneggiata dall'inquinamento che deriva dal «lassismo degli enti locali»;
d) l'art. 41 Cost.: il gestore delle risorse idriche, imponendo senza limiti temporali il pagamento di una tariffa pur in assenza del servizio di depurazione, «espleta una attività economica in contrasto con la dignità umana e l'utilità sociale»;
e) l'art. 97 Cost.: consente alla pubblica amministrazione «d'imporre ai cittadini una sorta di "tassa sine titulo" la cui finalizzazione ad una futura esecuzione degli impianti appare generica ed astratta».
La società che gestisce il servizio idrico integrato e la difesa erariale eccepiscono, dal canto loro, l'inammissibilità della suddetta questione: la prima sottolineando il difetto di rilevanza o di motivazione sulla rilevanza, e comunque per la mancata prospettazione di un tertium comparationis, la seconda affermando che «la carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio principale impedisce di comprendere quale sia l'inadempienza accertata ai danni della società GORI s.p.a. gestore del servizio idrico integrato per giustificare l'eventuale ripetizione delle somme corrisposte a titolo di canone di depurazione».
Dopo aver ritenuto infondate tali eccezioni, la Corte Costituzionale passa all’esame del merito della censura, che ha ritenuto fondata.
Di seguito riporto i passaggi salienti della decisione:
Il presupposto dal quale muove il rimettente – ritenuto corretto dalla Corte Costituzionale sulla base dell’analisi dei lavori preparatori, dell’impostazione legislativa analoga dettata in altri settori concernenti la determinazione della remunerazione di prestazioni di pubblici servizi e, infine, della costante giurisprudenza delle sezioni unite della Cassazione – è che la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di prestazioni contrattuali e non di tributo.
In sostanza, la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel contratto di utenza.
L'inestricabile connessione delle suddette componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto che - a fronte del pagamento della tariffa - l'utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione.
Ne consegue che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto (art. 13 della legge n. 36 del 1994).
Alla stregua di tali premesse, risulta evidente la fondatezza della censura di irragionevolezza dell’art. 14 della legge Galli nella parte in cui prevede che la suddetta quota di tariffa è dovuta dagli utenti anche quando manchi il servizio di depurazione: tale norma, infatti, imponendo l'obbligo di pagamento in mancanza della controprestazione, prescinde dalla natura di corrispettivo contrattuale della quota e, pertanto, si pone ingiustificatamente in contrasto con la sopra delineata ratio del sistema della legge n. 36 del 1994, che, come si è visto, è invece fondata sull'esistenza di un sinallagma che correla il pagamento della tariffa stessa alla fruizione del servizio per tutte le quote componenti la tariffa del servizio idrico integrato, ivi compresa la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione.
Massima della sentenza della Corte Costituzionale, n. 335 del 2008
È dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, legge 5 gennaio 1994 n. 36, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall'art. 28 l. 31 luglio 2002 n. 179, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione sia dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi". la disposizione in parola, invero, prescrivendo l'obbligo di pagamento in mancanza della controprestazione, trascura la natura di corrispettivo contrattuale della quota e, pertanto, si contrasta ingiustificatamente con la ratio del sistema della l. n. 36 del 1994, che è invece basata sull'esistenza di un sinallagma che correla il pagamento della tariffa stessa alla fruizione del servizio per tutte le quote componenti la tariffa del servizio idrico integrato, compresa la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione.
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