“Cosa vuol dire rivoltare il mondo? Passare da un sistema basato sull’energia fossile, ad uno basato sulle rinnovabili.
Invertendo le proporzioni.
Ma non si può fare dall’oggi al domani riempiendo tutti gli spazi di pale e pannelli. Bisogna modificare l’intero sistema.
Oggi la rete elettrica è organizzata prevalentemente per distribuire e non per ricevere da tutte le fonti rinnovabili, perché sole e vento sono discontinui. Significa che anche producendo più fotovoltaico o eolico o termodinamico, il sistema non è in grado di accogliere un aumento di questo tipo di energia e va in tilt. Bisognerebbe programmarle le rinnovabili, ma come fai a programmare la distribuzione di energia discontinua in un intero paese?”.
Questo è l’interrogativo con il quale inizia l’ultima parte della puntata di Report di domenica 16 marzo 2008, nella quale la Gabanelli e i suoi hanno dato spazio a quelli che ci stanno provando, partendo dal ripensamento dell’architettura della rete elettrica, che, adesso come adesso, disperde un’enorme quantità di energia.
Occorre, in sostanza, “accorciare la catena”, e fare in modo che questa architettura sia in grado di accogliere e controllare, contemporaneamente, sia i grandi impianti fossili che quelli piccoli rinnovabili.
Alla Cesi ricerca, ad esempio, si prova a immaginare un mondo pensato per isole autosufficienti: quartieri, città in cui le centrali sono piccole e si trovano vicino alle persone, in modo da non sprecare nulla.
Nel caso in cui un utente connesso alla rete non sfrutti direttamente l’energia prodotta dal suo impianto, l’energia e il calore vengono continuamente riutilizzati, attraverso l’utilizzo di cellule combustibile di tipo Pem, da 5 kilowatt, di generatori solari termodinamici (in grado di produrre energia elettrica attraverso la concentrazione della radiazione solare senza emettere nulla in atmosfera), accumulatori, sistemi “intelligenti” in grado di monitorare la rete, di regolare il traffico energetico e di assicurare che il livello di tensione rimanga costante (l’energiebutler, la chiave della rete intelligente, un apparecchio che renderebbe inutile la costruzione di nuove centrali regolando semplicemente la domanda).
Da noi, però, mancano i finanziamenti e si fa fatica a coinvolgere l’industria che sarebbe il punto focale di una ricerca concreta.
Accade, quindi, che, ad esempio, i tedeschi siano, nel campo del fotovoltico, molto più avanti del paese del sole…
E’ ancora possibile riportare indietro il mondo?
A quest’ultima domanda, l’economista Jorgen Randers (l’autore di “I limiti allo sviluppo”) risponde che “sì, è possibile, ma non facilmente. Sarebbe stato più facile se si fosse iniziato prima. Per prima cosa bisogna organizzare l’economia mondiale in modo sostenibile, cioè che possa operare ancora per molto tempo senza arrivare al collasso. La capacità di carico del pianeta è la capacità di sostenere gli esseri umani, le società. Se il mondo ci deve sostenere, deve essere messo in condizione di sostenere la capacità di carico per molto tempo. Le combustioni prodotte dall’uomo sul pianeta devono essere sufficientemente ridotte perché il mondo possa andare avanti. L’impronta ecologica deve essere più bassa della capacità di carico”.
Se aumentiamo gradualmente il carico di una nave, conclude "ironico" Michele Buono, "possiamo anche cercare di distribuirlo in modo ottimale ma a un certo punto la nave affonderà, anche se avremo la consolazione di un affondamento ottimale".
Invertendo le proporzioni.
Ma non si può fare dall’oggi al domani riempiendo tutti gli spazi di pale e pannelli. Bisogna modificare l’intero sistema.
Oggi la rete elettrica è organizzata prevalentemente per distribuire e non per ricevere da tutte le fonti rinnovabili, perché sole e vento sono discontinui. Significa che anche producendo più fotovoltaico o eolico o termodinamico, il sistema non è in grado di accogliere un aumento di questo tipo di energia e va in tilt. Bisognerebbe programmarle le rinnovabili, ma come fai a programmare la distribuzione di energia discontinua in un intero paese?”.
Questo è l’interrogativo con il quale inizia l’ultima parte della puntata di Report di domenica 16 marzo 2008, nella quale la Gabanelli e i suoi hanno dato spazio a quelli che ci stanno provando, partendo dal ripensamento dell’architettura della rete elettrica, che, adesso come adesso, disperde un’enorme quantità di energia.
Occorre, in sostanza, “accorciare la catena”, e fare in modo che questa architettura sia in grado di accogliere e controllare, contemporaneamente, sia i grandi impianti fossili che quelli piccoli rinnovabili.
Alla Cesi ricerca, ad esempio, si prova a immaginare un mondo pensato per isole autosufficienti: quartieri, città in cui le centrali sono piccole e si trovano vicino alle persone, in modo da non sprecare nulla.
Nel caso in cui un utente connesso alla rete non sfrutti direttamente l’energia prodotta dal suo impianto, l’energia e il calore vengono continuamente riutilizzati, attraverso l’utilizzo di cellule combustibile di tipo Pem, da 5 kilowatt, di generatori solari termodinamici (in grado di produrre energia elettrica attraverso la concentrazione della radiazione solare senza emettere nulla in atmosfera), accumulatori, sistemi “intelligenti” in grado di monitorare la rete, di regolare il traffico energetico e di assicurare che il livello di tensione rimanga costante (l’energiebutler, la chiave della rete intelligente, un apparecchio che renderebbe inutile la costruzione di nuove centrali regolando semplicemente la domanda).
Da noi, però, mancano i finanziamenti e si fa fatica a coinvolgere l’industria che sarebbe il punto focale di una ricerca concreta.
Accade, quindi, che, ad esempio, i tedeschi siano, nel campo del fotovoltico, molto più avanti del paese del sole…
E’ ancora possibile riportare indietro il mondo?
A quest’ultima domanda, l’economista Jorgen Randers (l’autore di “I limiti allo sviluppo”) risponde che “sì, è possibile, ma non facilmente. Sarebbe stato più facile se si fosse iniziato prima. Per prima cosa bisogna organizzare l’economia mondiale in modo sostenibile, cioè che possa operare ancora per molto tempo senza arrivare al collasso. La capacità di carico del pianeta è la capacità di sostenere gli esseri umani, le società. Se il mondo ci deve sostenere, deve essere messo in condizione di sostenere la capacità di carico per molto tempo. Le combustioni prodotte dall’uomo sul pianeta devono essere sufficientemente ridotte perché il mondo possa andare avanti. L’impronta ecologica deve essere più bassa della capacità di carico”.
Se aumentiamo gradualmente il carico di una nave, conclude "ironico" Michele Buono, "possiamo anche cercare di distribuirlo in modo ottimale ma a un certo punto la nave affonderà, anche se avremo la consolazione di un affondamento ottimale".