Consumo del territorio: la superficie realmente coperta dagli impianti eolici

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Eolico e consumo del territorio 

Nonostante la giurisprudenza, dopo un’iniziale contrapposizione ideologica, con il tempo abbia con il tempo sviluppato un orientamento volto a porre l’attenzione necessaria al corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco (ambientali ed economici), ancora oggi sono molti i ricorsi che hanno ad oggetto la corretta localizzazione degli impianti eolici. Di recente, la Cassazione si è pronunciata in merito ad un caso relativo ad un particolare aspetto concernente il consumo di territorio: quello relativo all’esatta individuazione del concetto di “superficie coperta” da un impianto eolico, al fine di stabilire con precisione quanto territorio può consumare la realizzazione di un impianto “elettroeolico”. 

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Nella delicata mediazione fra interessi ambientali ed economici, sottesa alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia, la localizzazione degli IAFR rappresenta una delle problematiche più “sentite”, che da luogo a numerosi scontri fra i sostenitori dell’uno o dell’altro. 
Nonostante la giurisprudenza, dopo un’iniziale contrapposizione ideologica – che vedeva contrapporsi, da un lato, i sostenitori di una più spinta difesa del paesaggio e, dall’altro, i fautori dello sviluppo di IAFR – con il tempo abbia “sviluppato” un orientamento volto a porre l’attenzione necessaria al corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco, ancora oggi sono molti i ricorsi che, inter alia, hanno ad oggetto proprio la corretta localizzazione degli impianti de quibus, specie quando il loro impatto visivo è rilevante, come nel caso degli aerogeneratori. 
Di recente, la Cassazione si è pronunciata in merito ad un caso relativo ad un particolare aspetto concernente il consumo di territorio: quello relativo all’esatta individuazione del concetto di “superficie coperta” da un impianto eolico, al fine di stabilire con precisione quanto territorio può consumare la realizzazione di un impianto “elettroeolico”.

Il caso oggetto della sentenza della Cassazione (Cassazione penale, sentenza n. 33365/12) riguarda una lunga, complessa e controversa vicenda autorizzatoria, cominciata più di dieci anni prima che – dopo svariati passaggi di proprietà e molti ridimensionamenti progettuali (originariamente erano previste 41 pale eoliche) – pochi mesi fa ha portato al sequestro di alcuni aerogeneratori e delle aree su cui insistono, parte di un più ampio parco eolico in corso di realizzazione in una zona del sud della Sardegna. 
Secondo l’accusa, infatti, l’amministratore delegato della società, che intende realizzare gli impianti eolici, e il progettista-direttore dei lavori hanno effettuato opere edilizie per la realizzazione del parco elettroeolico:
  • in totale difformità dei permessi di costruire rilasciati dal Comune, che prevedevano precisi limiti territoriali, entro i quali realizzare gli impianti de quibus; 
  • occupando una superficie “di gran lunga superiore al limite del 40% di quella totale”, secondo quanto indicato nell’art. 11.5 del Piano regolatore del Consorzio industriale del CASIC (ora CACIP, Consorzio Industriale delle provincia di Cagliari): in particolare, non sarebbero state osservate le distanze minime delle turbine dai confini delle strade provinciali; 
  • senza chiedere la valutazione d’impatto ambientale.
A prescindere dall’analisi di quest’ultimo aspetto – la Suprema Corte, infatti, si è limitata ad osservare che l’ordinanza del GIP appellata aveva escluso che la realizzazione del parco eolico dovesse essere preceduta dalla valutazione d’impatto ambientale, trattandosi di impianto realizzato in area industriale – occorre soffermarsi sulla ricostruzione effettuata dal Collegio in merito ai rapporti fra diritto di superficie, disposizioni contrattuali e normativa urbanistica.

 Il punto di partenza è costituito dalle previsioni contrattuali, in base alle quali: 
  • il diritto di superficie interessava numerosi lotti di terreno per una superficie complessiva di ha 91.61.83; 
  • ciascuna piazzola, sulla quale sarebbe stato posizionato un aerogeneratore, avrebbe avuto una superficie di 625 m2; 
  • “le zone dove effettivamente e concretamente il diritto verrà esercitato saranno delimitate ed individuate catastalmente in virtù dell’atto di precisazione che le parti si obbligano a stipulare”, in seguito al quale veniva identificata l’area occupata dagli impianti, e sulla quale veniva esercitato il diritto di superficie (ha 01.14.43). 
Con l’ordinanza, oggetto del ricorso da parte del PM, il Tribunale di Cagliari:
  • ha ritenuto insussistente la violazione delle previsioni dei permessi di costruire con riferimento alle dimensioni della superficie destinata alla realizzazione del progettato parco eolico. Nelle motivazioni, il Tribunale cagliaritano ha evidenziato che i permessi di costruire facevano riferimento al negozio costitutivo del diritto di superficie e alla successiva individuazione dell’effettiva estensione sulla quale sarebbe stato esercitato il diritto;
  • ha rilevato che la superficie occupata da ogni singolo impianto, “da rapportarsi alla base dei tralicci che sorreggono la struttura, è di 151 m2”. Di conseguenza, doveva ritenersi soddisfatto il requisito posto dal cit. Piano regolatore del CACIP circa il rapporto (massimo del 40%) fra superficie totale del lotto destinata a ciascun impianto e quella occupata, appunto, da ogni singolo aerogeneratore. 
La Cassazione ha ribaltato questa decisione, sottolineando la correttezza delle contestazioni sollevate dal PM e l’erroneità del metodo di calcolo prescelto dal Tribunale: infatti, nel calcolare la superficie occupata dai singoli aerogeneratori, si deve tener conto non solo della superficie occupata dai tralicci che sostengono le pale, ma anche del diametro di queste ultime e, in particolare, della superficie occupata in conseguenza del movimento rotatorio di 360 gradi che le stesse effettuano nel seguire la direzione del vento.
Essendo il diametro delle pale di 80 metri – ha sottolineato il PM nel suo ricorso – la superficie occupata da ciascun impianto, rispetto a quella prevista per i lotti sui quali tali impianti insistono, è del 98%. 

Nell’accogliere la tesi della pubblica accusa – e nell’annullare con rinvio, per un nuovo esame su punto, l’ordinanza impugnata – la Corte di Cassazione ha affermato che, “ai fini della determinazione della superficie occupata da ogni singolo impianto eolico, deve tenersi conto della proiezione della parte aerea sull’area sottostante”. 
Ai fini di tale valutazione, infatti, non può non tenersi conto del movimento rotatorio dell’impianto stesso. 

Il concetto di superficie coperta, con riferimento alla realizzazione di impianti industriali, infatti, “non deve essere inteso in senso tecnico-costruttivo, bensì in quello più lato urbanistico-edilizio, quale superficie direttamente impegnata da un impianto fisso anche tenendo conto della superficie occupata per il suo funzionamento, in quanto detta superficie viene sottratta ad ogni altra possibilità di utilizzazione”. 

 Decisione, a parere di chi scrive, ineccepibile, che tuttavia lascia aperto un interrogativo. 
La Cassazione, infatti, fa riferimento al rapporto fra la superficie occupata dal singolo aerogeneratore e quella, sottostante, su cui incide l’impianto: se quest’ultima – come nel caso in esame – è oggetto di una disposizione pattizia fra le parti, ci si domanda se: 
  • al netto delle considerazioni relative al rispetto di tutte le altre normative di settore;
  • ferma restando la disponibilità potenziale di un vasto territorio;
  • per rientrare nei limiti previsti dalle norme di settore (nel caso di specie, la soglia del 40% indicata nel cit. Piano regolatore territoriale) e, quindi, realizzare almeno in parte gli impianti, sia sufficiente ampliare la superficie del lotto sul quale realizzare l’aerogeneratore… 
Come si concilierebbe, questa ipotesi, con una ponderata tutela del paesaggio e del territorio?