Messa in sicurezza d’emergenza e d’urgenza: sono sempre giustificati i diversi trattamenti giuridici?

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Bonifica dei siti contaminati 

Nell’ambito degli interventi di bonifica dei siti contaminati, il Testo Unico Ambientale ha introdotto procedure semplificate per le aree di ridotte dimensione, volto ad accelerare i procedimenti e a rendere meno onerosi i costi amministrativi ed economici in capo alle imprese. 
Le reti di distribuzione di carburante costituiscono probabilmente la realtà imprenditoriale che più di tutte rappresenta il concetto di area da bonificare di piccole dimensioni: nonostante il favor legislativo dato dalla codificazione di settore, la regione Lazio ha fornito un’interpretazione della normativa che suscita più di una perplessità. Specie se confermata dal giudice amministrativo. 
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La questione di fondo 
Nonostante non si possa dire che il Testo Unico Ambientale brilli per coerenza, strutturalità e semplicità (tanto che il Governo sta per essere delegato a riformarlo sostanzialmente, “anche nel linguaggio”), è vero che in qualche caso ha dettato una normativa in grado di venire incontro alle esigenze degli operatori del settore, in tema di semplificazione, pur mantenendo alto il livello di tutela ambientale. 
È il caso previsto e regolato, ad esempio, in relazione alla bonifica delle aree di ridotte dimensione: per antonomasia le reti di distribuzione dei carburanti
Con una nota del gennaio 2012, la regione Lazio ha fornito “chiarimenti” in merito ai procedimenti amministrativi riguardanti il procedimento di bonifica dei siti di ridotte dimensioni, evidenziando che 
“qualora, a seguito del superamento dei valori soglia di contaminazione (CSC), oltre agli interventi di messa in sicurezza d’emergenza siano necessari opportuni interventi di messa in sicurezza d’urgenza (ad esempio la movimentazione di terreno) per riportare la situazione al di sotto delle CSC, il soggetto responsabile deve proseguire la procedura di bonifica semplificata attraverso la presentazione di un piano unico di bonifica (PuB)”. 
Il caso
Una società operante nel settore petrolifero decideva di smantellare un punto vendita carburante: nell’eseguire i lavori, autorizzati con DIA, comprensivi della rimozione dei serbatoi interrati di stoccaggio dei carburanti, e nell’ottemperare alla prescrizioni imposte dall’ARPA Lazio, durante la fase di estrazione dei serbatoi è stata rinvenuta una potenziale contaminazione da idrocarburi nel terreno. 
Dopo aver informato le autorità competenti, e aver annunciato di aver dato il via alle operazioni di messa in sicurezza d'emergenza (MISE, in particolare, la recinzione della zona di cantiere, la raccolta e smaltimento del terreno alterato e l’avvio di indagini ambientali approfondite per giudicare la congruità delle MISE poste in essere e considerare eventuali altre attività da compiere), la società: 
  • ha annunciato l’esecuzione di varie misure di messa in sicurezza d’emergenza; 
  • in seguito agli esiti negativi su tutti gli analiti richiesti dall’ARPA, ha trasmesso a tutti gli enti pubblici una relazione a conferma dello stato qualitativo del sottosuolo del punto vendita ed i risultati negativi riscontrati, e infine 
  • ha proceduto alla chiusura del procedimento avviato. 
Ma l’ARPA ha comunicato alla società ricorrente che il procedimento non si sarebbe potuto chiudere in autocertificazione, essendo necessaria la certificazione finale della Provincia: gli interventi effettuati, infatti, non possono essere qualificati come MISE ma come MISU (messa in sicurezza d’urgenza), essendovi stata movimentazione di terreno.

I principali motivi del ricorso
Scavo e movimentazione
La semplice movimentazione di terreno può intervenire nell’ambito delle MISE: in ogni caso, il semplice riferimento alla movimentazione di terreno non è idoneo di per sé ad escludere la configurazione delle MISE
La differenza tra MISE ed interventi di bonifica
non riguarda in astratto l’attività da compiere
dipende, invece,
·    dall’entità della contaminazione del sito,
·    dalle dimensioni delle opere da compiere
·    dalla repentinità dell’intervento necessario
Infatti i quantitativi ridotti sono riconducibili nella MISE e non nelle opere di bonifica
Rifiuto
Il terreno potenzialmente contaminato, essendo già scavato e giacente nella fossa di alloggiamento dei serbatoi, ed essendo di minima entità, costituisce rifiuto (fonte primari di contaminazione, unitamente ai serbatoi)
MISE/MISU
Non c’è differenza tra MISE e MISU: comunque, anche in caso di MISU si può chiudere la procedura in autocertificazione
PuB
Inutile e sproporzionato chiedere il PuB: oltretutto non ci sono stati superamenti delle CSC, come accertato dall’ARPA

















La posizione del TAR
Dopo aver “riportato” in sintesi le principali normative di settore, ed aver evidenziato che sia la MISE che la MISU sono misure volte ad isolare o a rimuovere le fonti di contaminazione, il TAR ha respinto il ricorso, sancendo che: 
  • la MISE riguarda le sole fonti primarie di inquinamento e presuppone la repentinità dell’evento di contaminazione, mentre 
  • la MISU concerne sia le fonti primarie che quelle secondarie di inquinamento, e può essere adottata sia in caso di incidenti che in seguito all’improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazione dell’ambiente o di rischio per la salute umana. 
Nel caso di specie, chiosa il TAR, la fonte primaria di inquinamento era costituita dai serbatoi interrati contenenti idrocarburi, e non vi era prova dell’avvenuto sversamento del loro contenuto nel terreno circostante: di conseguenza, si poteva presumere che l’inquinamento del terreno circostante non fosse un evento repentino, quanto piuttosto una contaminazione “storica”.

Le possibili conseguenze
La lettura fornita dalla regione e avallata dal TAR, specie nel caso concreto, in cui la stessa ARPA ha evidenziato il non superamento delle CSC, irrigidisce irragionevolmente il procedimento, che si vorrebbe invece semplificato, e soprattutto si basa su una distinzione fra MISE e MISU che, nella realtà dei fatti, non sembra essere così scontata, così come non si può affermare che nell’ambito della MISE debba sempre e comunque essere esclusa la movimentazione di terreno e la MISU comporti necessariamente l’impossibilità di concludere il procedimento semplificato tramite autocertificazione. 

Con quale tranquillità può operare una società che, nonostante la massima disponibilità e l’ossequio alle regole poste dal legislatore nazionale, si vede costretta a subire costi amministrativi ed economici di tale portata, pur essendo il terreno in modo certificato non contaminato? 

E, soprattutto, perché una nuova disparità di trattamento, a seconda della regione in cui il punto vendita è situato (e non esistono normative “chiarificatrici” di siffatta portata)?