Le continue riforme degli incentivi alle rinnovabili

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I commentatori politici hanno sovente sottolineato che quasi tutti i governi italiani hanno avuto il tratto comune di voler a tutti i costi fare la riforma della scuola e/o dell'università e della ricerca, con l'obiettivo di fissare una propria impronta sul sistema formativo nazionale, che sforna i futuri cittadini-elettori.
Lo stesso adagio potrebbe essere ripetuto anche per quanto riguarda gli incentivi statali alle energie prodotte da fonti rinnovabili; dopo il rapidissimo avvicendarsi del terzo e del quarto conto energia (fotovoltaico), dopo i ripensamenti e le numerose polemiche, legate soprattutto al fotovoltaico in zona agricola, anche il Governo Monti ha detto la sua e, in attesa che venga presentato il decreto di riforma degli incentivi statali alle energie rinnovabili diverse da quella fotovoltaica (agroenergie, biogas, biomasse, eolico, geotermia ecc), nel decreto liberalizzazioni, appena licenziato, all'art. 65 si stabilisce gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non possono più accedere agli incentivi statali previsti dal Decreto Rinnovabili (Dlgs 28/2011).
L’esclusione dagli incentivi non vale per gli impianti che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del decreto (24 gennaio 2012) o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la stessa data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.
Inoltre, l’articolo 65 prevede che agli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre (così come definite dall’art. 20, comma 5, del DM 6 agosto 2010) si applica la tariffa prevista per gli ‘impianti fotovoltaici realizzati su edifici’. Al fine di garantire la coltivazione sottostante (le serre) a seguito dell’intervento, questi impianti devono presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.
Si tratta dell'ultimo tratto, quello discendente, della parabola degli incentivi sul fotovoltaico in zona agricola; la fine di una grande opportunità di fare cassa per le imprese agricole in difficoltà, alla ricerca di un reddito sicuro e garantito. Ma anche lo stop per speculazioni finanziarie che troppo spesso, in passato, sfruttando le maglie di una normativa troppo blanda, sul punto, contribuito a deturpare parte del paesaggio italiano.

Nel frattempo, in attesa del decreto - annunciato per fine mese - che andrà a regolare l’assegnazione di incentivi alle altre rinnovabili elettriche, il 20 gennaio scorso il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, ha scritto ai ministri interessati nel timore di una penalizzazione allo sviluppo delle agroenergie: 
“Confagricoltura è vivamente preoccupata perché - nell’attuazione del d.lgs. 28/11 sui regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili - si sta concretizzando una generale drastica riduzione degli incentivi per le biomasse e per il biogas, nonché un forte ridimensionamento del ruolo dell’agricoltura nel raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione Europea al 2020 [...] I nuovi regimi di incentivazione – scrive ancora il presidente di Confagricoltura - dovranno tener conto di una serie di elementi indispensabili per lo sviluppo della filiera italiana del biogas e l’avvio della filiera biometano, creando le condizioni affinché gli investimenti possano essere finanziati dal sistema bancario, e non penalizzando le colture dedicate per la produzione di energia. La riforma in corso deve essere l’occasione da cogliere – conclude Guidi - per apportare gli opportuni miglioramenti all’attuale sistema di incentivazione, favorendo l’efficienza dei processi produttivi e l’uso dei sottoprodotti, premiando maggiormente gli impianti di potenza inferiore ad 1 MW”.

L'obiettivo è quello di una filiera energetica locale, nell'ottica di una generazione distribuita: impianti di piccola-media taglia, ad integrazione del reddito agricolo o comunque ad uso e consumo di piccole comunità locali, alimentati da fonti "del posto", e non importate a bella posta (magari su gomma!).
Per migliorare il settore delle rinnovabili occorrono innanzitutto la stabilità e la chiarezza di una normativa finora troppo contorta, complicata e di difficile interpretazione, che ha disincentivato gli investimenti (anche) nel settore delle rinnovabili, volti a favorire uno sviluppo di filiere energetiche italiane, in primis, e locali, di conseguenza.
Stettamente collegata a questa esigenza c'è la forte richiesta di una profonda e concreta semplificazione dell'iter autorizzativo, che nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, ancora è in preda a tempistiche lunghe, troppo lunghe e costose.
Ma se si vuole raggiungere veramente la sostenibilità anche in questo settore, occorre pensare ad un profondo rinnovamento anche della rete elettrica, favorendo lo sviluppo di smart grid e di sistemi di accumulo di energia, al fine di agevolare la crescita delle rinnovabili non programmabili sul territorio; ad un maggiore e più convinto sostegno alla ricerca tecnologica e, per finire, una maggiore trasparenza sui numeri relativi ai benefici ma anche ai costi delle rinnovabili.
Per capire cosa conviene veramente, dove, in che tempi e in che modi: non tutte le rinnovabili sono convenienti: occorre pensare cum grano salis