Bioplastiche di seconda generazione

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Dalle bioplastiche di prima generazione ai biopolimeri non più in concorrenza con le colture alimentari.

Negli ultimi anni, abbiamo guardato allo sviluppo delle bioplastiche, derivanti dal mais o dalla canna da zucchero, con un certo scetticismo, perché sembrava che la tecnologia ci avesse portato di fronte ad una dicotomia difficilmente sanabile: food versus no food. In un'epoca in cui metà del Pianeta soffre la fame, pensare di coltivare alcuni alimenti per ricavarne sostanzialmente plastica sembrava / sembra una cosa blasfema.

Ma lo sviluppo tecnologico scatenatosi in questi ultimi anni viaggia così velocemente che presto, anzi direi ora, avremo di fronte una nuova realtà: una seconda generazione di biopolimeri che utilizzano sì materiale organico, ma non in concorrenza con le colture alimentari. L'americana Rotuba utilizza la polpa di legno, mentre la giapponese Denso l'olio di ricino. Altre stanno cominciando ad utilizzare le alghe: con queste si produce il bioetanolo, che verrà poi utilizzato come materia prima per sviluppare bioplastiche.
Gli ultimi arrivati come materia prima per bioplastiche sarebbero addirittura i liquami di fogna. Raffinati da batteri naturali, i liquami si strasformano in biopolimeri, pare anche di alta qualità. C'è una start - up, la Micromedas, nata in seno all'Università della California, che ha sviluppato questo progetto: se si arrivasse alla produzione industriale, risulterebbe alleggerito anche il lavoro dei depuratori.

Ma quali sono gli utilizzi delle bioplastiche? Intanto le ritroviamo nelle nuove buste della spesa, dato che  le vecchie borse in polietilene sono state definitivamente messe al bando perché troppo inquinanti. Oggi al loro posto utilizziamo principalmente i sacchetti in Mater-B, la linea di biopolimeri dell'italiana Novamont. Altri utilizzi si hanno nel packaging, nell'informatica (per esempio nei pc portatili), negli interni delle automobili, nelle scarpe e perfino con i capi di vestiario.

Sono ben lontani i tempi in cui al giovane Ben - protagonista del celebre film Il Laureato - veniva consigliato di cominciare a lavorare nella plastica, perché quello era il futuro.

Fonte: Le plastiche della natura, di Elena Comelli - Il sole 24 Ore del 20/05/10