Albo Nazionale Gestori Ambientali: il nuovo ruolo del responsabile tecnico

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Sul n. 12/2014 della rivista "Ambiente & Sviluppo", edita da IPSOA, è stato pubblicato un articolo che approfondisce il nuovo regolamento ANGA (Albo Nazionale Gestori Ambientali), di cui al DM n. 120/2014.

Natura Giuridica offre ai suoi lettori un estratto, che approfondisce il ruolo che dovrà avere il nuovo responsabile tecnico

Introduzione

Il 7 settembre 2014 è entrato in vigore il regolamento che ha definito le attribuzioni e le modalità di organizzazione dell’ANGA, l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, i termini e le modalità di iscrizione e i relativi diritti annuali. La nuova disciplina ha il duplice obiettivo di:
  • semplificare la “gestione amministrativa” dell’albo, attraverso la previsione di procedure più snelle per le iscrizioni, le variazioni e i rinnovi delle iscrizioni;
  • prevedere requisiti più stringenti per le imprese che decidono di iscriversi all’albo e, dunque, una maggiore qualificazione delle imprese e delle figure professionali come il responsabile tecnico (RT).

Il funzionamento dell’ANGA

La struttura e le attribuzioni dell’ANGA rimangono sostanzialmente invariate. Tuttavia, il nuovo regolamento:
  • specifica la composizione del Comitato Nazionale (il cui numero sale da 15 a 19 membri)
  • prevede esplicitamente la nomina di un supplente per ogni componente effettivo;
  • rinvia ad un futuro decreto del MATTM l’istituzione di sezioni speciali del Comitato Nazionale, per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all’albo, e la relativa fissazione di composizione e competenze;
  • precisa che le funzioni di segreteria delle sezioni regionali e provinciali saranno esercitate da un dipendente camerale;
  • integra le attribuzioni del Comitato nazionale e delle sezioni regionali e provinciali.
[...]

Attività di gestione dei rifiuti per le quali è richiesta l’iscrizione all’Albo
[...]

Responsabile tecnico! Chi era costui?”

La figura del responsabile tecnico è stata, nella prassi, finora troppo sottovalutata e, di fatto, sovente utilizzata come semplice strumento per potersi iscrivere all’Albo.

La figura del “Responsabile Tecnico” compare per la prima volta nel DM n. 324/91, che si limitava a richiedere, fra la documentazione da allegare alla domanda di scrizione all’albo, la dichiarazione di accettazione dell’incarico, con firma autenticata, da parte del responsabile tecnico (che obbligatoriamente doveva essere nominato dalle imprese che intendevano iscriversi all’albo), senza tuttavia alcun chiarimento sulle funzioni e sulle responsabilità che la nuova figura doveva svolgere.

Il successivo DM n. 406/98, nel ribadire i concetti espressi dal precedente decreto, ha aggiunto soltanto i requisiti di idoneità tecnica che il responsabile tecnico doveva possedere, ma la prima, sia pur timida e generica, specificazione reale dei compiti è stata effettuata soltanto nell’aprile del 1999 allorquando, nel fornire alcuni “chiarimenti operativi richiesti dalle sezioni regionali a seguito dell’entrata in vigore del D.M. n. 406/1998”, il Comitato Nazionale, nell’affermare che “la documentazione relativa ai requisiti del responsabile tecnico dovrà essere integrata secondo le disposizioni di cui alla Deliberazione del Comitato nazionale prot. n.003/CN/ALBO del 17 dicembre 1998”, ha precisato di aver individuato “le seguenti funzioni e responsabilità del Responsabile Tecnico: il Responsabile Tecnico è responsabile delle scelte di natura tecnica, progettuale e gestionale che garantiscono il rispetto delle norme di tutela ambientale e sanitaria, con particolare riferimento alla qualità del prodotto e della prestazione realizzata e del mantenimento dell'idoneità dei beni strumentali utilizzati”.

Bisogna aspettare ancora qualche mese, e nel luglio del 1999 il Comitato Nazionale finalmente adotta una deliberazione con la quale detta i criteri e le modalità di svolgimento dei corsi di formazione per responsabili tecnici.
La delibera n. 3/99, infatti, detta i contenuti minimi dei corsi di formazione per aspiranti responsabili tecnici e i requisiti necessari per poter ricoprire tale ruolo per ciascuna categoria e classe nella quale l’impresa intende iscriversi.

Poco più di un anno dopo lo stesso Comitato Nazionale, nel definire i contenuti dell’attestazione dell’idoneità dei mezzi di trasporto di rifiuti, ha specificato che rientrano nelle attribuzioni del responsabile tecnico “il controllo e la verifica della permanenza delle caratteristiche del mezzo di trasporto risultanti dalla perizia nonché il rispetto delle modalità e delle condizioni di trasporto precisate nella perizia medesima in relazione alle diverse tipologie di rifiuti” e la “comunicazione al legale rappresentate dell’impresa e alla sezione regionale dell’albo dell’eventuale inidoneità dei veicoli”.

Nonostante le successive forme di specificazione dei compiti del responsabile tecnico, tuttavia, spesso nella realtà accedeva che, nei casi in cui il legale rappresentante/titolare di un’impresa non avesse posseduto i requisiti per autonominarsi responsabile tecnico, tale carica veniva attribuita soltanto sulla carta ad un soggetto, interno o esterno all’organizzazione aziendale, che veniva bypassato ad iscrizione ottenuta. Con buona pace della corretta gestione del rischio ambientale.

Responsabile tecnico: chi sarà e cosa dovrà fare

L’art. 10, comma 2, lett. h) del nuovo regolamento ANGA stabilisce che fra i requisiti che i soggetti che intendono iscriversi all’albo devono avere rientra quello relativo al possesso dei requisiti di idoneità tecnica, che consistono (art. 11, comma 1):
  • nella disponibilità dell’attrezzatura tecnica necessaria, risultante, in particolare, dai mezzi d’opera, dagli attrezzi, dai materiali di cui l’impresa o l’ente dispone;
  • in un’adeguata dotazione di personale;
  • nell’eventuale esecuzione di opere o nello svolgimento di servizi nel settore per il quale è richiesta l’iscrizione o in ambiti affini;
  • nella qualificazione professionale dei responsabili tecnici.
A questi ultimi, a differenza di quanto avvenuto finora, il nuovo DM dedica addirittura due articoli.
Il primo (art. 12) specifica i compiti, le responsabilità e i requisiti del responsabile tecnico, che dovrà:
  • porre in essere azioni dirette ad assicurare la corretta organizzazione nella gestione dei rifiuti da parte dell’impresa nel rispetto della normativa vigente;
  • vigilare sulla corretta applicazione della stessa;
  • svolgere la sua attività in maniera effettiva e continuativa.
Il Comitato nazionale potrà anche “disciplinare più nel dettaglio” tali compiti e responsabilità del responsabile tecnico, che in ogni caso dovrà avere idonei titoli di studio, aver maturato esperienza in settori di attività per i quali è richiesta l’iscrizione e ottenere l’idoneità, di cui al successivo articolo.
Il secondo (art. 13) riguarda, appunto, la formazione del responsabile tecnico, e prevede la modifica del percorso necessario per poter diventare responsabile tecnico: i corsi di formazione sono stati sostituiti dall’esame di idoneità che, nel caso in cui il Responsabile Tecnico non sia anche legale rappresentante dell’impresa, è soggetto a verifiche periodiche (almeno quinquennali) per garantire il necessario aggiornamento e, di conseguenza, il mantenimento dell’idoneità.
Il livello di preparazione e di conoscenza del Responsabile Tecnico va di pari passo con le modifiche normative, e le Sezioni regionali sono chiamate a verificarlo secondo le disposizioni che saranno deliberate dal Comitato Nazionale, il quale dovrà anche emanare le disposizioni per la gestione del transitorietà in attesa del passaggio dalle vecchie alle nuove procedure.

Le procedure semplificate e le “correzioni” [...]


Sintomi di possibile miglioramento

A differenza di quanto accaduto con altre sbrigative riforme, il nuovo regolamento sembra (essere in grado di) promettere qualche risultato positivo.
Ma oltre alle maggiori possibilità di ricorrere alle procedure semplificate, alla possibilità per le imprese di trasmettere online le istanze di iscrizione e modifica attraverso l’utilizzo del portale telematico, alle specificazioni concernenti le attribuzioni e il funzionamento degli organi dell’albo e al favor con il quale viene gestita la sospensione dell’efficacia dell’iscrizione all’albo, la novità di maggior rilievo, e potenzialmente in grado di consentire una svolta sostenibile, è quella che riguarda la nuova figura del responsabile tecnico.
Il Dm n. 120/14, infatti, sembra riuscire nell’impresa – sostanzialmente fallita con i precedenti tentativi – di far diventare (per il futuro) il responsabile tecnico una della figure più rilevanti, se non la figura centrale dell’impresa che si occupa di gestire i rifiuti.
Ne costituisce un esempio il fatto che da ora gli verranno affidati compiti e funzioni in precedenza in capo ad altri soggetti, che gli viene richiesta una conoscenza approfondita di tutte le norme collegate alla gestione dei rifiuti, che – salvo il caso in cui tale figura coincida con il legale rappresentante – dovrà periodicamente dimostrare la propria competenza e il proprio aggiornamento, tecnico e normativo.

In sostanza, il responsabile tecnico dovrà contribuire, attraverso la propria attività “effettiva e continuativa”, ad aiutare le imprese che si occupano della gestione dei rifiuti ad effettuare un corretto ed efficace waste management, diventando un elemento di qualificazione delle imprese.
Certo, come (quasi) sempre accade alle nostre latitudini, si tratta di una riforma che contiene “margini di incertezza operativa”, legati al fatto che alcuni principî e moniti contenuti nel DM n. 120/14 dovranno essere tradotti in fatti e criteri da futuri decreti ministeriali e/o deliberazioni da parte del Comitato nazionale, e nelle pieghe delle modalità con le quali avverrà – e quando avverrà – questa traduzione operativa si nascondono, si possono nascondere possibili diluizioni di efficacia dei principî contenuti nel nuovo regolamento.
La pregnanza della nuova idoneità, ad esempio, sarà direttamente proporzionale a quanto il Comitato nazionale deciderà di definire a livello di “materie, contenuti, criteri e modalità di svolgimento delle verifiche” iniziale e periodiche della preparazione dei soggetti che aspirano a diventare (e rimanere) responsabili tecnici; così come l’azione del nuovo responsabile tecnico potrà essere più o meno incisiva a seconda che lo stesso Comitato decida di “disciplinare nel dettaglio i compiti e le responsabilità del responsabile tecnico”, ai sensi dell’art. 12, comma 3.

In ogni caso, ad oggi non si conoscono ancora “l’esatta determinazione e il concorso dei requisiti” che deve possedere il responsabile tecnico, che saranno “regolamentati Comitato nazionale, in relazione alle categorie e classi d’iscrizione, secondo criteri atti a garantire elevati livelli di efficienza e tutela ambientale”, né i “criteri e i limiti per l’assunzione degli incarichi” da parte dello stesso responsabile tecnico, che dovranno, anch’essi, essere stabiliti in futuro dal Comitato nazionale, che ai sensi dell’art. 11, comma 4, dovrà stabilire anche “i criteri specifici, le modalità e i termini per la dimostrazione dell’idoneità tecnica e della capacità finanziaria”.

Se a questi aspetti, positivi nelle intenzioni ma ancora in divenire, si aggiunge che sono molte le norme che aspettano di essere “operativizzate”, ci si accorge che, per poter dare un giudizio se non definitivo quantomeno più ponderato su quelli che saranno – ehm, potrebbero essere – i benefici di un regolamento che sembra partire con il piede giusto, occorre aspettare di vedere quale sarà la qualità della traduzione operativa, di cui sopra, e testare, sul campo l’efficacia dell’azione che medio tempore potrebbero decidere di intraprendere concretamente i “vecchi” responsabili tecnici, ai quali l’art. 13, comma 4, del nuovo DM consente, in ogni caso fino ad un periodo massimo di cinque anni, di “svolgere la propria attività in regime transitorio”.
Sperando di non doverlo fare per altri vent’anni.


La normativa ai tempi di twitter: la politica degli annunci

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Le altre riforme 

Il 2014 ha visto la nascita di altre riforme, “di serie b”, verrebbe da dire, non avendo ottenuto il rango di riforme “hashtagbili”, ma altrettanto impattanti, e foriere di numerose critiche, al di là di alcuni aspetti positivi introdotti. 

Oltre a quelle sul “nuovo MUD”, alla riforma dell’Albo Nazionale dei gestori ambientali, alle varie norme ambientali contenute nella “legge europea bis” e a quelle in fieri contenute nel collegato ambientale alla legge di stabilità, il 2014 ha visto l’emanazione di tre decreti legislativi, in attuazione di altrettante direttive comunitarie, recepite “con qualche ritardo” dal nostro Paese. 

Così il “decreto emissioni industriali”, che pur avendo introdotto aspetti indubbiamente positivi (su tutti, l’eliminazione delle disposizioni illogiche che hanno anche portato la prassi a disapplicarle; l’eliminazione dell’art. 20 del D.Lgs n. 133/05 sul danno ambientale, specifico per la disciplina sull’incenerimento dei rifiuti; più in generale lo spirito semplificatorio che sembra permeare il decreto, anche attraverso l’inserimento del riesame con valenza di rinnovo; il riferimento alle BAT; l’inserimento della caratterizzazione del suolo e delle acque sotterranee pre-insediamento), solleva alcune perplessità relative alla presunta novità della “de-materializzazione” delle procedure e al regime temporale.

Così anche il D.Lgs n. 49/2014 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, che pur avendo introdotto novità apprezzabili (estensione della normativa RAEE ai pannelli fotovoltaici; possibilità di riconsegna in ragione di uno contro zero dei RAEE di piccolissime dimensioni) presenta alcuni elementi critici, relativi all’eccessiva burocratizzazione degli scadenziari riferiti agli obiettivi di raccolta e di recupero, ai criteri di individuazione delle categorie di RAEE sui quali costruire le prescritte rendicontazioni, all’elusione del nodo della non chiara identificazione del momento in cui un’apparecchiatura elettrica o elettronica, magari ancora funzionante, oggetto di riconsegna nel punto vendita, diventa un RAEE, cioè un rifiuto. 

Qualche miglioramento si è intravisto anche nel D.Lgs n. 102/2014, che ha recepito la direttiva sull’efficienza energetica (eliminazione della disposizione che equiparava l’APE, realizzata conformemente alla metodologia per la determinazione della prestazione energetica degli edifici, alla diagnosi energetica nel settore civile; introduzione di una cabina di regia che dovrà assicurare anche il coordinamento delle politiche e degli interventi attivati attraverso il Fondo nazionale per l’efficienza energetica, i cui decreti i attuativi, come s’è visto, non sono ancora stati emanati). 
Ma anche in questo caso sono più numerose le ombre, a partire proprio dalla “cabina di regia”, che rappresenta una modifica più nominale che sostanziale, dal momento che, ai sensi dell’art. 4, comma 4, il suo funzionamento sarà stabilito con un futuro decreto del MATTM, “tenuto conto di quanto previsto ai commi 1 e 2”.
In sostanza, il legislatore delegato introduce, come novità, un (altro) rinvio che, unitamente a tutti quelli che si sono accumulati nel corso degli anni, si innesta in quella politica degli annunci tanto scenografica nella forma quanto evanescente nei fatti, e (ma) soprattutto destrutturata e, a dispetto dei tempi biblici che impiega per essere messa nero su bianco, spesso improvvisata.

La politica degli annunci 

Dalla sintetica narrazione di quanto contenuto nella normativa partorita dal nostro legislatore nel corso del 2014 emerge che le novità annunciate, in fieri e/o rimandate, le conosciamo già, sia per quanto riguarda la forma (ci sono molti, troppi rinvii a norme e decreti attuativi che tardano ad essere emanati), sia nella sostanza (manca una strategia), anche se indubbiamente qualcosa è cambiato a livello comunicativo. 
Adesso è tutto strategico, oltre che twittabile e, per questo motivo, popolare: il legislatore non si limita ad enumerare le abituali semplificazioni, accelerazione (dei tempi), urgenze, straordinaria necessità, eccezionale situazione, pubblica utilità ed urgenza. 
Adesso, appunto, è tutto #strategico – come se questa parola avesse un potere taumaturgico – e online – come se questo da solo fosse garanzia di qualità. 
In realtà continua ad esser tutto frenetico ed emergenziale (vale a dire l’esatto opposto di strategico), e di nuovo c’è, come s’è fatto cenno, lo stile comunicativo. Che però sembra fine a se stesso. 

Per dire: poche settimane fa, il 9 ottobre 2014, il Governo ha lanciato una prima campagna di comunicazione, chiamata #Italiasicura, “che punta al coinvolgimento dei cittadini nella conoscenza del rischio nei territori in cui vivono e un sito dedicato (italiasicura.governo.it) con informazioni su cantieri, opere, iniziative per la difesa dell’ambiente e la riqualificazione delle scuole”, e che punta tutto sul claim “se l’Italia si cura, l’Italia è più sicura”. 
Bello, non c’è che dire: ma se ci si prende la briga di andare a visitare il sito, ci si accorge che la scenografica homepage del sito di #Italiasicura è intrisa di belle parole, di informazioni teoriche di quello che si ha intenzione di fare, ma nono di fatti. Ma soprattutto contiene una corposa galleria di....selfie dai cantieri. 
Quelli sì, come i tweet e gli annunci, sicuri (nel senso di immancabili).

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


La normativa ambientale ai tempi di twitter. lo #SbloccaItalia

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Lo #sblocca Italia: le novità che sapevamo già

Lo Sblocca Italia interviene nuovamente a modificare la disciplina sulle terre e rocce da scavo, “introducendo” una disciplina:

  • semplificata del deposito preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto;
  • della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto. 
Si tratta di un testo che nei pochi giorni intercorsi dall’approvazione in sede di Consiglio di ministri ha subito rilevanti modifiche.
A distanza di pochi giorni, il testo del decreto pubblicato in gazzetta ufficiale, “ai fini di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo”, si limita a rinviare a fine anno (entro il 12 dicembre) l’adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i seguenti principî e criteri direttivi:
a. coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti;
b. indicazione esplicita delle norme abrogate;
c. proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare;
d. divieto di introdurre livelli di regolazione superiori a quelli minimi previsti dall’ordinamento europeo.

Il DL introduce nuove semplificazioni in materia di bonifica, apportando alcune modifiche al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. In particolare, il decreto legge prevede che:

  • nel caso in cui le stazioni appaltanti si avvalgano della facoltà di limitare il numero di candidati da invitare, le stesse debbano richiedere ai soggetti invitati di presentare apposita documentazione attestante i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa anche nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • la norma, in base alla quale il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto, non si applica al requisito dell’iscrizione all’ANGA;
  • nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è consentita anche, “nella misura strettamente necessaria, nei casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati”;
  • nelle procedure ristrette, e in quelle negoziate con pubblicazione di un bando di gara, per le stazioni appaltanti, è possibile stabilire termini diversi per la ricezione delle domande di partecipazione anche nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati;
  • le varianti in corso d’opera possono essere ammesse, sentito il progettista e il direttore dei lavori, anche nei casi di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • non sono considerate varianti gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio che siano contenuti entro un importo non superiore al 20 per cento per i lavori di bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati;
  • il contratto d’appalto che prevede l’affidamento sulla base di un progetto preliminare o definitivo può comprendere altre attività in relazione ai lavori concernenti beni mobili e superfici decorate di beni architettonici e scavi archeologici sottoposti alle disposizioni di tutela di beni culturali, nonché nei casi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati.
Inoltre, lo “sblocca Italia” stabilisce che nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati interventi e opere:

  • richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture;
  • lineari necessarie per l’esercizio di impianti e forniture di servizi;
  • lineari di pubblico interesse. 
Tali opere possono essere realizzate purché ciò avvenga secondo modalità e tecniche che non pregiudicano né interferiscono con il completamento e l’esecuzione della bonifica, né determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area. 

In relazione alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – finalizzate al risanamento ambientale e alla riconversione delle aree dismesse e dei beni immobili pubblici, al superamento del degrado urbanistico ed edilizio, alla dotazione dei servizi personali e reali e dei servizi a rete, alla garanzia della sicurezza urbana – il Governo è intervenuto a stabilire la competenza dello Stato (al quale sono attribuite le funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, garantendo comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio, funzionali al perseguimento degli obiettivi) e quella del consiglio dei ministri, che dovrà individuare le aree de quibus, per ognuna delle quali sarà predisposto un programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana. 

All’insegna dell’urgenza anche le misure volte all’individuazione e alla realizzazione di impianti di recupero di energia dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture energetiche di preminente interesse nazionale, che prevedono:
  1. innanzitutto l’annuncio che, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del DL, il MATTM dovrà individuare, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare, per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore; 
  2. che la verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di impianti di recupero energetico R1 per gli impianti esistenti dovrà avvenire, da parte delle Autorità competenti, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del DL, termine entro il quale, inoltre, le stesse Autorità dovranno revisionare “in tal senso […] quando ne ricorrono le condizioni, le autorizzazioni integrate ambientali”;
  3. l’autorizzazione obbligatoria “a saturazione del carico termico” per tutti gli impianti, esistenti o ancora da realizzare; 
  4. la priorità di trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e, a saturazione del carico termico, il trattamento dei rifiuti speciali anche pericolosi a solo rischio sanitario, adeguando coerentemente le autorizzazioni integrate ambientali;
  5. il dimezzamento dei termini previsti per l’espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilità, di VIA e di AIA per tali tipologie di impianti.
E ancora misure urgenti per favorire degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi, per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale, per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, per la revisione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni complessive.

(continua con: "La normativa ai tempi di twitter: la politica degli annunci")

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


La normativa ambientale ai tempi di twitter: l’assenza delle istruzioni operative

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In ogni caso, vale la pena sottolineare – in relazione a quanto alla rimodulazione degli incentivi – che fino a pochi giorni fa non erano ancora stati emanati i decreti attuativi che dovevano disciplinare, entro il 1° ottobre 2014, le percentuali di rimodulazione dell’incentivo per gli impianti di potenza nominale > 200 kW: una situazione in base alla quale – evidenziava il presidente di Assorinnovabili – chi, dopo i l 1° ottobre 2014, “ ha un impianto fotovoltaico di potenza superiore a 200 kW in Italia non solo si è visto decurtare l’incentivo retroattivamente, ma si trova pure nella condizione di non poter scegliere la modalità con cui gli sarà ridotta la tariffa, perché la disciplina attuativa di una delle tre opzioni non esiste ancora ”. 

Quello del ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi è un fenomeno diffuso: per rimanere nel settore energetico, entro il entro il 17 ottobre 2014 avrebbero dovuto essere emanati i provvedimenti attuativi del Fondo nazionale per l’efficienza energetica, ovvero le istruzioni operative per implementare il Fondo e conseguire gli obiettivi che lo stesso persegue, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, che dovrebbero individuare:

  • le priorità, i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del Fondo;
  • le modalità di articolazione per sezioni, di cui una dedicata in modo specifico al sostegno del teleriscaldamento, e le relative prime dotazioni. 
Nel quadro dei progetti e programmi ammissibili all’intervento del Fondo, e tenendo conto del miglior rapporto tra costo e risparmio energetico, dovranno inoltre essere individuati termini e condizioni di maggior favore per interventi che presentino specifica valenza prestazionale e siano volti a:

  1. creare nuova occupazione;
  2. migliorare l’efficienza energetica dell’intero edificio;
  3. promuovere nuovi edifici a energia quasi zero;
  4. introdurre misure di protezione antisismica in aggiunta alla riqualificazione energetica;
  5. realizzare reti per il teleriscaldamento e per il teleraffrescamento in ambito agricolo o comunque connesse alla generazione distribuita a biomassa. 
*°*

Altri decreti attuativi che mancano all’appello (per i quali sono scaduti i termini) Senza data (ma urgenti!): in relazione all’efficienza energetica negli edifici mancano i decreti attuativi che dovranno indicare le nuove metodologie e le nuove modalità di calcolo della prestazione energetica

Entro il:

  • dicembre 2012 (decreto di definizione dei nuovi coefficienti da applicarsi per le accise carburanti per gli impianti cogenerativi);
  • luglio 2013 (nuove linee guida per la preparazione, esecuzione, valutazione dei progetti, e per la definizione dei criteri e modalità per il rilascio dei certificati bianchi);
  • 09.07.2014 (definizione delle modalità operative con cui – dal secondo semestre 2014 – le tariffe incentivanti del Conto energia dovranno essere erogate con rate mensili costanti, in misura pari al 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto, nell’anno solare di produzione, con successivo conguaglio entro il 30 giugno dell’anno successivo);
  • 18.08.2014 (modalità di esecuzione del programma di interventi di riqualificazione energetica su almeno il 3% della superficie coperta climatizzata degli immobili appartenenti alle PP.AA. centrali – o, in alternativa interventi che comportino annualmente un risparmio equivalente a quello ottenibile con la riqualificazione delle superfici);
  • 15.09.2014 (indicazione della quota minima di biocarburanti da immettere nei trasporti, compresa la sua ripartizione in quote tra diverse tipologie di biocarburanti, per gli anni successivi al 2015);
  • 17.09.2014 (integrazione del contratto tipo per il miglioramento del rendimento energetico dell’edificio con gli elementi minimi indicato dal D.Lgs n. 102/2014);
  • 01.10.2014: a) approvazione del modello unico di Comunicazione al Comune da utilizzare per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica da FER e di microcogenerazione; b) indicazione delle percentuali di riduzione dell’incentivo in Conto energia per chi sceglie di aderire all’opzione rimodulazione a doppio periodo.
(continua)

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


La normativa ambientale ai tempi di twitter: lo spalmaincentivi

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Lo scopo dichiarato della normativa prevista per la rimodulazione degli incentivi per il fotovoltaico (#spalmaincentivi), introdotta in un maxiemendamento ad inizio agosto, è quello di “ottimizzare la gestione dei tempi di raccolta ed erogazione degli incentivi, e favorire una migliore sostenibilità nella politica di supporto alle energie rinnovabili”. 

In estrema sintesi, il maxiemendamento ha ri-disciplinato il meccanismo nei seguenti termini: 

  1. dal 1° luglio 2014 il GSE eroga le tariffe incentivanti con rate mensili costanti nella misura del 90% della producibilità media annua stimata di ciascun impianto nell’anno solare di produzione. Il conguaglio è effettuato entro il 30.06 dell’anno successivo;
  2. impianti di potenza nominale > 200 kW: dal 1° gennaio 2015 la tariffa è rimodulata sulla base di una scelta effettuata dall’operatore, fra le tre alternative indicate in tabella;
  3. tariffe omnicomprensive di cui al IV conto energia: le riduzioni si applicano alla sola componente incentivante;
  4. il beneficiario della tariffa incentivante, di cui ai precedenti punti 2 e 3, può accedere a finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza fra l’incentivo già spettante al 31.12.2014 e quello rimodulato. I finanziamenti possono beneficiare, cumulativamente o alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata o di garanzia, concessa dalla CDP;
  5. le regioni e gli EE.LL. adeguano, ciascuno per la parte di competenza, e ove necessario, alla durata dell’incentivo rimodulata la validità temporale dei permessi rilasciati per la costruzione e l’esercizio degli impianti;
  6. acquirente selezionato: i beneficiari degli incentivi pluriennali per la produzione di energia elettrica da FER possono cedere una quota degli incentivi (non > all’80%) ad un acquirente selezionato, che subentra nei diritti a percepire gli incentivi rimodulati. In ogni caso, l’AEEG può esercitare annualmente l’opzione di acquisire tali diritti, a fronte della corresponsione di un importo pari alla rata annuale costante, calcolata sulla base di un tasso di interesse determinato. 
In relazione allo #spalmaincentivi sono stati sollevati molti dubbi di costituzionalità, che possono esse sintetizzati come segue:
  1. la seconda opzione, indicata in tabella, non sembra raggiungere l’intento perseguito dal legislatore di creare una situazione di equilibrio fra riduzione, da effettuarsi immediatamente, e maggiorazione, da fare in un secondo momento, dal momento che la prima non è in alcun modo ammortizzata né compensata dalla seconda, anche solo volendo considerare che, nel tempo, gli impianti invecchiano e, dunque, decadono in termini di produttività, ledendo, in questo modo, i diritti quesiti degli operatori. E senza contare che le continue modifiche già avvenute finora su diritti quesiti dagli operatori lasciano ampi spazi di manovra a future, ed ulteriori, modifiche peggiorative: in sostanza, nulla garantisce all’operatore che all’immediata riduzione segua effettivamente la maggiorazione “promessa”;
  2. in relazione ai finanziamenti bancari, la norma è priva di contenuto, dal momento che nel testo, come spesso accade, si fa rinvio ad un futuro decreto del MEF, che dovrebbe prevedere criteri e modalità dell’esposizione della Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe garantire i prestiti;
  3. anche la “cartolarizzazione” degli incentivi – prevista dalla norma che favorisce la cessione degli incentivi e il recesso degli operatori dai contratti stipulati con il GSE – presenta profili di criticità. Il legislatore sembra volersi costituire, in questo modo, una sorta di “difesa ante litteram” nei confronti di possibili contestazioni da parte degli operatori che dovessero, in futuro, lamentarsi di essere stati lesi, semplicemente affermando di essere stata data loro la possibilità di “disfarsi” di una situazione economica non più in linea con le aspettative originarie. Come se questa scelta potesse, per questo motivo, considerarsi legittima e non lesiva degli interessi, palesemente lesi, degli operatori che, nel recente passato, hanno effettuato scelte economiche sulla base di ben altre indicazioni normative… 
Tant’è che sono previsti numerosi ricorsi da parte di molti operatori del settore, che sottolineano come la Commissione europea abbia:
  • raccomandato in più occasioni che la rimodulazione degli incentivi non deve essere retroattiva e non deve violare gli interessi già consolidati dei produttori;
  • sostenuto che “le misure di intervento pubblico devono rappresentare un impegno stabile, a lungo termine, trasparente, prevedibile e credibile nei confronti degli investitori e dei consumatori”. 
L’azione del Governo, invece, a prescindere dalle dietrologie di chi vede in questa manovra un intervento pro combustibili fossili, intervenendo in modo retroattivo ha sacrificato i legittimi diritti dei produttori che hanno prestato fede agli impegni assunti dallo Stato, facendo affidamento sui principî del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

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Le tre alternative
  1. Tariffa erogata per 24 anni dall’entrata in esercizio dell’impianto, con ricalcolo secondo le tabelle di cui all’allegato 
  2. Tariffa erogata sempre in 20 anni, ma rimodulata con la previsione di un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto a quello attuale, e di un secondo di un incentivo incrementato in egual misura. Le percentuali di rimodulzione sono stabilite con decreto del MiSE 
  3. Tariffa erogata sempre in 20 anni, ma con una riduzione della tariffa di una quota percentuale, per la durata residua del periodo di incentivazione, pari al 6% per impianti da 200 kW a 500 kW, 7% per impianti da 500 kW a 900 kW, 8% per impianti di potenza nominale superiore a 900 kW 
Agli operatori che non comunicheranno la loro scelta, verrà applicata quest’ultima opzione


(continua con: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: l’assenza delle istruzioni operative")




(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)


La normativa ambientale ai tempi di twitter: il provvedimento #ambienteprotetto

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A proposito del provvedimento #ambienteprotetto il ministro dell’ambiente ha affermato che 
“con questo pacchetto di misure vogliamo rendere più efficiente l’intero sistema ambientale, su cui è fondamentale investire per il rilancio del Paese. Lo facciamo con norme che servono a fermare gli scempi compiuti sul territorio nazionale alle spalle dei cittadini e con misure immediatamente operative per difendere il nostro ecosistema, risparmiare soldi e velocizzare le procedure senza recedere di un millimetro sulla tutela dell’Ambiente. Bisogna «correre» verso un’Italia più sicura e sostenibile sotto il profilo ambientale: questo decreto fornisce gli strumenti giusti”. 
I più significativi “strumenti giusti”, a valle della legge di conversione del decreto #competitività, sono quelli che concernono la semplificazione per le operazioni di bonifica e di messa in sicurezza e le misure urgenti per semplificare il sistema di tracciabilità dei rifiuti. 

L’art. 13 del decreto #competitività, così come modificato ed integrato dalla legge di conversione, introduce due nuovi articoli al testo unico ambientale, ad integrazione delle procedure operative ed amministrative previste dal codice dell’ambiente per la bonifica dei siti contaminati.

Il primo (242-bis) riguarda la procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza che, in estrema sintesi, prevede che: 
  1. l’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di CSC, può presentare all’amministrazione competente uno specifico progetto completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito, nonché del cronoprogramma di svolgimento dei lavori; 
  2. per il rilascio degli atti di assenso necessari alla realizzazione e all’esercizio degli impianti e attività previsti dal progetto di bonifica, l’interessato presenta gli elaborati tecnici esecutivi di tali impianti e attività alla regione nel cui territorio ricade la maggior parte degli impianti e delle attività; 
  3. quest’ultima, entro i successivi trenta giorni, convoca apposita conferenza di servizi;
  4. entro novanta giorni dalla convocazione, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti di effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato;
  5. non oltre trenta giorni dalla comunicazione dell’atto di assenso, il soggetto interessato comunica all’amministrazione titolare del procedimento (di cui agli articoli 242 o 252 del TUA), la data di avvio dell’esecuzione della bonifica, che si deve concludere nei successivi dodici mesi, salva eventuale proroga non superiore a sei mesi;
  6. decorso tale termine, salvo motivata sospensione, deve essere avviato il procedimento ordinario ai sensi degli articoli 242 o 252 del D.Lgs n. 152/06;
  7. ultimati gli interventi di bonifica, l’interessato presenta il piano di caratterizzazione all’autorità competente per la verifica del conseguimento dei valori di CSC della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso;
  8. il piano é approvato nei successivi quarantacinque giorni;
  9. la validazione dei risultati della caratterizzazione da parte dell’ARPA, attestante il conseguimento dei valori di CSC nei suoli, costituisce certificazione dell’avvenuta bonifica del suolo;
  10. i costi della caratterizzazione della validazione sono a carico dell’operatore interessato; 
  11. nel caso in cui i risultati della caratterizzazione dovessero dimostrare che non sono stati conseguiti i valori di CSC nella matrice suolo, l’ARPA notifica le difformità riscontrate all’operatore interessato, il quale deve presentare, entro i successivi quarantacinque giorni, le necessarie integrazioni al progetto di bonifica che é istruito nel rispetto delle procedure ordinarie;
  12. resta fermo l’obbligo di adottare le misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, se necessarie, secondo le procedure ordinarie (artt. 242 e 252 del TUA);
  13. conseguiti i valori di CSC del suolo, il sito può essere utilizzato in conformità alla destinazione d’uso prevista secondo gli strumenti urbanistici vigenti, salva la valutazione di eventuali rischi sanitari per i fruitori del sito derivanti dai contaminanti volatili presenti nelle acque di falda;
  14. l’articolo 242-bis si applica anche ai procedimenti di cui agli articoli 242 o 252 in corso alla data di entrata in vigore del decreto competitività.
Il secondo concerne le aree militari (art. 241-bis), e prevede che, ai fini dell’individuazione delle misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica, e dell’istruttoria dei relativi progetti, da realizzare nelle aree del demanio destinate ad uso esclusivo delle forze armate per attività connesse alla difesa nazionale, si applicano le CSC di cui alla Tabella 1, colonna b, dell’allegato 5, alla Parte IV, Titolo V, del TUA (siti ad uso commerciale ed industriale). Gli obiettivi di intervento in tali aree sono determinati mediante applicazione di idonea analisi di rischio sito specifica che deve tenere conto dell’effettivo utilizzo e delle caratteristiche ambientali di dette aree o di porzioni di esse e delle aree limitrofe: lo scopo è quello di prevenire, ridurre o eliminare i rischi per la salute dovuti alla potenziale esposizione a sostanze inquinanti e la diffusione della contaminazione nelle matrici ambientali. Nel caso in cui avvenga la declassificazione del sito da uso militare a destinazione residenziale, dovranno essere applicati i limiti di CSC di cui alla Tabella 1, colonna a), del medesimo allegato, che stabilisce, invece, i valori limite per siti adibiti ad uso verde pubblico, privato e residenziale.

(continua con: "La normativa ambientale ai tempi di twitter: lo spalmaincentivi")

(articolo pubblicato sulla rivista "Ambiente e sicurezza sul lavoro", EPC editore, n. 11/2014)