Candidatura UNESCO per Langhe-Roero-Monferrato

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Nei giorni scorsi è stato compiuto un ulteriore passo avanti nell’ambito del progetto di candidatura di “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe- Roero- Monferrato” a Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
A distanza di circa un anno dalla presentazione del dossier di candidatura per Langhe Roero e Monferrato, il 2 gennaio scorso rappresentanti della Regione Piemonte, insieme alle province di Asti e Alessandria e al Comune di La Morra (Cuneo), hanno firmato tre accordi di programma il cui scopo ultimo è quello di valorizzare il paesaggio, con particolare attenzione agli edifici di valore storico ed alle zone di rilievo turistico. 
L'accordo riguardante il Comune di La Morra prevede interventi per 180.000 euro, da impiegare per realizzare opere in grado di mimetizzare le brutture industriali nel territorio. Una serie di interventi per valorizzare il paesaggio, recuperare edifici o punti panoramici e mitigare l’effetto di quegli elementi incongrui che caratterizzano alcune zone.
L'accordo di Programma, finalizzato alla “Valorizzazione dei paesaggi vitivinicoli del Piemonte – area di approfondimento Le Langhe del Barolo”, sarà finanziato dalla Regione per 150.000 e dal Comune per 30.000 euro. L’investimento riguarda un contributo per la realizzazione di opere nel comune di La Morra di mitigazione di fabbricati, tipici dell’edilizia industriale degli anni ‘60/’70, che costituiscono elementi incongrui con il contesto paesaggistico vitivinicolo delle Langhe.
Gli altri 2 accordi consistono nell'Accordo di Programma tra Regione, Provincia di Asti e Comuni di Castelletto Molina, Pino e Portacomaro, finalizzato alla “Valorizzazione dei territori interessati alla candidatura UNESCO – Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe Roero e Monferrato” per uno stanziamento totale di 244.700 euro e nell'Accordo di Programma tra la Regione e la Provincia di Alessandria finalizzato alla “Valorizzazione del territorio interessato dalla candidatura UNESCO – Stazioni di posta del paesaggio”per uno stanziamento di 200.000 euro



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La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili

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Dopo un'estate e un autunno di intenso lavoro, è appena uscito il mio manuale dal titolo La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili, edito da Dario Flaccovio Editore. 
Come ho già avuto modo di sottolineare (e documentare) nei post di questo blog, negli ultimi anni la legislazione in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili ha subito molti, troppi stravolgimenti, non sempre all’insegna della linearità e della coerente programmazione, che hanno sovente messo in difficoltà i cittadini e le imprese, da un lato, e le pubbliche amministrazioni, dall’altro.
Negli anni il sistema è stato indubbiamente semplificato, ma non è ancora semplice da capire, da interpretare, da applicare.
Nella mia attività di consulente ambientale vengo quotidianamente in contatto con diverse realtà, da cui emergono interrogativi specifici e complessi, dettati da esigenze pratiche, a cui occorre dare una risposta adeguata. Spesso questo si rivela un obiettivo difficile da raggiungere.
Tali motivi mi hanno spinto a tentare di mettere ordine nel mare magnum di norme, regolamenti e prassi del diritto dell’ambiente e dell’energia, stratificatosi negli anni, attraverso la lettura in filigrana della normativa e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza. Quest’ultima ha assunto il ruolo di indispensabile strumento per comprendere le dinamiche applicative delle normative indirizzando l’azione amministrativa e, soprattutto, consentendo agli operatori di muoversi con meno incertezze, e maggior celerità, nel settore.
Lo scopo di questo manuale è quello di fornire una chiave di lettura teorico-pratica, basata sulla necessità del conoscere per sapersi muovere: in questo contesto politico-normativo, che probabilmente cambierà ancora le regole tecniche in materia di fonti di energia rinnovabile, infatti, orientarsi dal punto di vista giuridico nel settore della produzione di energia elettrica da f.e.r. costituisce quel quid pluris che il manuale si prefigge di dare a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
Si tratta di un approccio integrato che, limitando  l’excursus storico all’essenziale e all’attualità (capitolo 1), da ampio spazio all’analisi degli aspetti critici salienti della normativa, fra i quali spicca il complicato riparto di competenze (capitolo 2) che paralizza ab initio l’intero sistema. Quindi, si passa all’interpretazione giurisprudenziale delle principali problematiche applicative (capitolo 3), mentre il quarto capitolo rappresenta una guida particolareggiata ai numerosi incentivi economico-fiscali che, nel tempo, il legislatore ha introdotto nel sistema normativo, diversificandoli per singola fonte rinnovabile, in modo da permetterne lo sviluppo sostenibile, sulla base delle rispettive, specifiche caratteristiche. Il quinto e ultimo capitolo è infine dedicato alle legislazioni regionali, evidenziandone peculiarità e criticità.

Per ulteriori informazioni segnalo la recensione de La consulenza giuridica sulle fonti rinnovabili pubblicata su quotidianocasa.it


Il disastro ambientale della Concordia

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A pochi giorni dalla tragedia umana e dal pontenziale disastro ambientale causato dallo schianto della nave da crociera Concordia su uno scoglio davanti all'Isola del Giglio, vorrei soffermarmi, in questo articolo, sul concetto giuridico di disastro ambientale.
L'incidente verificatosi sulla nave comandata dal chiacchierato Schettino potrebbe infatti provocare, in seguito alla fuoriuscita incontrollata di carburante sulla costa antistante l'isola, danni incalcolabili all'ecosistema circostante. In queste ore si sta tentando con ogni mezzo di impedire una tale catastrofica eventualità, che potrebbe verificarsi a causa dell'inabissamento della nave.

Cos'è, dal punto di vista giuridico, un disastro ambientale? E, soprattutto, per configurare il reato di disastro è necessario che l'evento abbia luogo oppure è sufficiente che una condotta avventata o un dolo ne provochino un rischio potenziale?

Il punto di partenza è costituito dall'articolo 434 del c.p. (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi), in base al quale “chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti – fra i quali rientrano gli attentati alla sicurezza dei trasporti e degli impianti di energia elettrica e del gas, disastro ferroviario e altri disastri – commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene”.

In più occasioni la Cassazione ha avuto modo di sottolineare che per configurare il reato di “disastro” è sufficiente che il nocumento metta in pericolo, anche solo potenzialmente, un numero indeterminato di persone: infatti, il requisito che connota la nozione di "disastro" ambientale, delitto previsto dall'art.434 c.p., è la "potenza espansiva del nocumento" anche se non irreversibile, e l'"attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità".
Il termine “disastro” (nella specie ambientale) implica che esso sia cagione di un evento di danno o di pericolo per la pubblica incolumità "straordinariamente grave e complesso", ma non "eccezionalmente immane" (Cassazione Sez. V, n. 40330/2006): pertanto,"è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone". 

Strettamente connessa alla nozione disastro ambientale è la problematica relativa alle conseguenze risarcitorie/patrimoniali dello stesso: di recente, la Cassazione (11059/09, relativa al disastro ambientale di Seveso; sentenza che potete scaricare sul sito di Natura Giuridica, dopo esservi registrati gratuitamente; per cercare la sentenza utilizzate il motore di ricerca interno del sito) ha affermato che anche il “semplice” - si fa per dire – “patema d'animo” sofferto dai cittadini, preoccupati per le ripercussioni sulla salute, causate dal disastro ambientale, deve essere risarcito come danno morale.


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Sanzioni per interventi difformi dalla presentata DIA

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Quali sanzioni si devono applicare nel caso di realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia in modo parzialmente difforme dalla presentata denuncia di inizio dell'attività

Una modesta variazione volumetrica è in grado di far scattare la sanzione penale? Nel caso analizzato dalla Cassazione penale, nella sentenza che vi propongo oggi (32947/10, scaricabile sul sito di Natura Giuridica previa semplice registrazione),  il giudice di prime cure aveva ritenuto che sì, scattava la sanzione penale: il giudice monocratico, infatti, nel dichiarare il non doversi procedere per maturata prescrizione, tuttavia aveva riconosciuto l’esistenza del reato di realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia di un fabbricato parzialmente difforme dalla denuncia di inizio attività presentata. Contro questa affermazione, nel ricorso per Cassazione l’imputato eccepiva l’inconfigurabilità del fatto come reato, sul presupposto che l'ordinamento non prevede l'applicazione di sanzioni penali nell'ipotesi di difformità parziale dalla DIA ritualmente presentata. 
Ebbene, cosa ha detto la Cassazione, al riguardo? Che nei casi previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 22 del TU n. 380/2001 — in cui la denuncia di inizio attività si pone come titolo abilitativo esclusivo (non alternativo, cioè, al permesso di costruire) — la mancanza della denunzia di inizio dell’attività o la difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata non comportano l’applicazione di sanzioni penali ma sono sanzionate soltanto in via amministrativa. L’esecuzione di interventi sostanzialmente difformi da quanto stabilito da strumenti urbanistici e regolamenti edilizi è in ogni caso punibile ai sensi dell’art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001, anche se preceduta da rituale denuncia d’inizio attività. Nei casi previsti dal 3° comma dell’art. 22 del T.U. n 380/2001 — nei quali la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire — l’assenza sia del permesso di costruire sia della denunzia di inizio dell’attività, ovvero la totale difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata integrano il reato di cui al successivo art. 44, lett. b).    
Non trova comunque sanzione penale la difformità parziale.

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Le miniguide di Andrea Quaranta su Tutto Green

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TuttoGreen, il portale delle guide pratiche al vivere sostenibile,  ha iniziato una collaborazione con Andrea Quaranta giurista ambientale titolare dell'impresa di consulenza in diritto dell'ambiente e dell'energia Natura Giuridica.
L'obiettivo della collaborazione consiste nella pubblicazione, sul portale Tutto Green, di mini-guide ambientali, a carattere divulgativosu alcune delle tematiche ambientali che più prepotentemente entrano nella vita quotidiana, come il risparmio e l'efficienza energetica, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento atmosferico e acustico, le bonifiche dei siti contaminati, gli incentivi statali alle produzioni energetiche rinnovabili, le possibilità ed i limiti connessi con lo sfruttamento di biomasse e biogas per la produzione di energia rinnovabile. 
I temi e gli argomenti trattati prenderanno spunto dall'attualità e, soprattutto,  dalle domande o dai casi segnalati dai lettori di TuttoGreen. 
Per segnalare un tema di interesse o porre una domanda è possibile sia lasciare un commento - su uno degli articoli pubblicati da Andrea Quaranta su TuttoGreen  oppure su questo blog -  sia inviare una mail all'indirizzo andrea.quaranta@naturagiuridica.com.

La prima miniguida on line è dedicata al delicato e controverso rapporto tra l'incenerimento dei rifiuti e la raccolta differenziata.


Impatto visivo di un impianto eolico

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Una volta individuata un’area sulla quale installare un parco eolico, una società spagnola presentava un’istanza per la realizzazione di 15 aerogeneratori, sottolineando che la scelta (nel caso di specie, il monte Ginezzo, in provincia di Arezzo) derivava anche da un’attenta analisi condotta sotto il profilo paesaggistico-ambientale, che teneva conto del fatto che le linee guida predisposte dalla Regione Toscana per la valutazione dell’impatto ambientale degli impianti eolici non annoverano il sito in questione tra le aree “non opportune". Nella conferenza di servizi, però, veniva dato parere negativo sulla realizzazione del progetto, e con successiva delibera la Regione concludeva il procedimento, pronunciando una valutazione negativa di impatto ambientale del progetto. 

Quelli che seguono sono solo alcuni degli interrogativi che nascono dalla sentenza n. 986/10 del TAR Toscana :
• è più importante la tutela del paesaggio o la realizzazione di impianti che producono energia rinnovabile?
• qual è l’impatto visivo di un impianto eolico, e come lo si deve valutare?
•come effettuare una valutazione d’impatto ambientale di un impianto eolico?
IL TAR di Firenze ha sottolineato che, qualora più motivazioni sorreggano autonomamente un provvedimento amministrativo, il venir meno di una di esse non può determinare l’illegittimità dell’atto se altra giustificazione sia in via autonoma idonea a sorreggerlo, non potendosi, perciò, in base al principio di resistenza, pervenire all’annullamento dell’atto gravato. Nel caso sottoposto al suo esame, il Collegio ha sottolineato che, anche laddove il richiamo al divieto di realizzazione di parchi eolici, di cui alla deliberazione impugnata, fosse inappropriato, non può discenderne, per ciò solo, l’illegittimità della pronuncia negativa impugnata, dovendosi valutare la legittimità o meno delle altre giustificazioni addotte dalla Regione a sostegno di siffatta pronuncia. La valutazione di impatto ambientale, giacché finalizzata alla tutela preventiva dell’interesse pubblico, non si risolve in un mero giudizio tecnico, ma presenta profili particolarmente elevati di discrezionalità amministrativa, che sottraggono al sindacato giurisdizionale le scelte della P.A., ove non siano manifestamente illogiche ed incongrue.

D’altro canto, la valutazione di impatto visivo ambientale comporta una valutazione anticipata finalizzata, nel quadro del principio comunitario di precauzione, alla tutela preventiva dell’interesse pubblico ambientale. Ne deriva che, in presenza di una situazione ambientale connotata da profili di specifica e documentata sensibilità, anche la semplice possibilità di un’alterazione negativa va considerata un ragionevole motivo di opposizione alla realizzazione di un’attività: anche alla luce dei già ricordati ampi profili di discrezionalità amministrativa che presenta la valutazione di impatto ambientale sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici, sfugge, pertanto, al sindacato giurisdizionale la scelta discrezionale della P.A. di non sottoporre beni di primario rango costituzionale, qual è quello dell’integrità ambientale, ad ulteriori fattori di rischio che, con riferimento alle peculiarità dell’area, possono implicare l’eventualità

Articoli correlati:
Pillole di giurisprudenza. Energia eolica. TAR Molise n. 20 del 2007. Moratoria.
Energia eolica: TAR Cambobasso n. 20 del 2007. Impianti eolici e Piano energetico Ambientale del Molise

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Biomasse forestali della Regione Piemonte: la relazione del WWF

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Ha fatto parecchio discutere una relazione del WWF Italia dal titolo "Il grande inganno del progetto energetico da biomasse forestali della Regione Piemonte: sperpero di denaro pubblico ed enorme danno ambiantale", a cura della Sezione Regionale Piemonte e Valle d'Aosta, che risale al 2010, Anno Internazionale della Biodiversità.
Il dossier è tornato al centro della ribalta perché, a pochi giorni dallo svolgimento del Consiglio Comunale a Paesana - durante il quale si è a lungo discusso a proposito della possibilità di localizzare o meno nel Comune una centrale a biomasse - una copia cartacea del documento è stata collocata nella buca delle lettere della redazione di TargatoCN

Il documento, scaricabile dal sito del WWF Italia colpisce per la veemenza con la quale vengono esposte le argomentazioni, fin dalla pagina 4: "Una propaganda fraudolenta sta spacciando lo sfruttamento forestale addirittura come utile o necessario all’ambiente e considera il legno come risorsa abbondante, abbandonata e gratuita. Il legno è invece materiale prezioso, limitato e di enorme valore bio-ecologico e, secondo il criterio della sostenibilità, tale patrimonio dovrebbe essere trasmesso alle generazioni future. La Regione Piemonte vuole raggiungere l’ambizioso traguardo di produrre il 20% del proprio fabbisogno energetico da fonti rinnovabili. Obiettivo condivisibile, ma che purtroppo verrà raggiunto nei modi sbagliati, ovvero bruciando biomasse legnose in modo da contribuire al 60% di quel 20%. Per produrre energia si prevede di utilizzare ogni anno 2,2 milioni di metri cubi di legname, tagliato secondo le anacronistiche e discutibili norme della nuova Legge forestale regionale (L.R. 4/2009), in conflitto con le disposizioni in materia di sostenibilità contenute nelle Risoluzioni approvate nelle Conferenze Ministeriali sulla protezione delle foreste in Europa (Helsinki 2003 e successive)".

Nei paragrafi successivi si passa a contestare il basso rendimento delle centrali a biomasse legnose (se paragonate ad altri combustibili fossili) e la necessità - imposta dalla scarsa densità della materia prima, il legno da bruciare - di raccogliere legname nel raggio di decine e decine di km dal luogo della centrale: questo implica considerevoli costi per il trasporto della materia prima sia in termini economici (il carburante dei mezzi di trasporto) sia ambientali (le emissioni stesse dei camions).



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La filiera delle biomasse legnose: le centrali di Envie e di Paesana

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In Piemonte, grazie alla forte dotazione di foreste, lo sviluppo di una filiera locale per lo sfruttamento delle biomasse legnose a fini energetici  è un'opportunità economica molto interessante, e di conseguenza al centro del dibattito mediatico, come sta accadendo per la centrale di Envie e quella di Paesana, site entrambe in provincia di Cuneo.
Come accade ogni qual volta, in un determinato territorio, vi sia un'iniziativa imprenditoriale volta all'installazione di un impianto per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili, vi sono moltissime contestazioni e prese di posizioni da parte di varie figure: dai comitati cittadini alle associazioni ambientaliste.
Nel caso delle centrali a biomasse legnose, i fattori più delicati, capaci di stimolare un acceso dibattito, concernono essenzialmente 3 punti: il controllo delle emissioni inquinanti, il timore di una eccessiva deforestazione come conseguenza della necessità di rifornire di biomassa da bruciare la centrale stessa, gli effettivi rendimenti energetici di tali impianti. 
In parole povere, ci si chiede sempre se il gioco valga la candela (sviluppo economico versus tutela degli ecosistemi boschivi e della qualità dell'aria), e quali siano i reali ritorni economici per le comunità locali "ospitanti".


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