Siti contaminati: il Consiglio di Stato fa chiarezza sull'ennesima questione interpretativa

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Dalla fine del 2008 collaboro costantemente con la rivista ECO, tecnologie per l’ambiente, bonifiche e rifiuti (sono membro del comitato scientifico): alcuni articoli vengono pubblicati anche online, sul sito www.ecoera.it.

Sul numero sette della rivista è stato pubblicato un mio articolo in materia di bonifica dei siti contaminati, con particolare riguardo ad un tema complesso e molto dibattuto: quello relativo al famoso parametro MTBE, Methyl Tertiary Butyl Ether.

Di seguito, riporto alcuni stralci.

In relazione alla bonifica dei siti contaminati, negli ultimi anni diversi TAR hanno affrontato numerose questioni interpretative di alcune regole tecniche, fissate dal D.M. n. 471/99, il quale, prima della “riforma” del 2006, dettava i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti contaminati.
Nel passaggio dall’“effimera euforia regolamentare” alla sua applicazione pratica, però, le agognate regole si sono rivelate approssimative e/o contraddittorie, tanto che il Ministero dell’Ambiente ha ritenuto opportuno, in riferimento ai siti inquinati di interesse nazionale, poterle integrare e/o modificare.


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I Principi dei princìpi. Ma poi finisce lì, al principio

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Periodo di grandi movimenti, questo, nel settore delle fonti rinnovabili di energia.

Nei giorni scorsi vi ho parlato:
dell’art. 45 della manovra finanziaria, oggetto di forti critiche, la cui attuazione minerebbe un meccanismo, quello dei certificati verdi, che in qualche modo funziona e garantisce, grazie al riacquisto di quelli invenduti da parte del Gse, che il loro prezzo non possa scendere oltre una certa soglia. Il non riacquisto dei certificati verdi in eccesso farebbe venir meno la sicurezza dei ricavi da parte di chi investe;

delle modifiche apportate all’art. 45 della manovra finanziaria, a causa delle vibranti proteste di molti operatori del settore;

della recentissima approvazione del nuovo conto energia e delle linee guida per le energie rinnovabili.

Oggi facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al 4 giugno, data della legge n. 96 (legge comunitaria 2009) che, all’art. 17, ha dettato i principi e i criteri direttivi il recepimento, fra le altre, della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili.


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Il diritto è soltanto pura forma…e si trasforma in non-sense

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Nei post "Scarti alimentari: rifiuti o sottoprodotti?" e "Gli scarti alimentari sono sempre sottoprodotti!" abbiamo sottolineato l’importanza di una chiara applicazione della normativa sui rifiuti-sottoprodotti, specie nei casi in cui (come quello di specie, relativo agli scarti alimentari) tale distinzione ha conseguenze rilevanti sulla salute dell’uomo, e delle incredibili affermazioni del TAR di Perugia, che senza giri di parole ha detto chiaro e tondo che gli scarti alimentari devono sempre essere considerati alla stregua di sottoprodotti.

La prima parte del titolo dell’ultimo post di questa trilogia dedicata agli scarti alimentari “Il diritto è soltanto pura forma” si riferisce al fatto che oggi, il diritto – inteso in senso lato, comprensivo di normativa e giurisprudenza – è, appunto, soltanto pura forma: tutta teoria e poca "pratica", come dimostrato dall’assolutismo di certe asserzioni, in totale disprezzo di quelle che sono le ponderate conclusioni cui, finora, è pervenuta la giurisprudenza comunitaria.

Anche supponendo, infatti, che sia possibile garantire che gli scarti alimentari siano effettivamente riutilizzati per la produzione di mangimi (in ogni caso, la sola volontà di destinare tali materiali alla menzionata produzione non basta…) le modalità di utilizzo di una sostanza non sono determinanti per qualificare o meno quest’ultima come rifiuto.


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Gli scarti alimentari sono sempre sottoprodotti!

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Il TAR Perugia (sentenza n. 274/2010) ha stabilito che gli scarti alimentari devono sempre essere considerati sottoprodotti.

Nelle precedente puntata ("Scarti alimentari: rifiuti o sottoprodotti?") abbiamo introdotto il delicatissimo problema relativo all’inquadramento giuridico degli scarti alimentari (rifiuti o sottoprodotti?), e accennato alle forti conseguenze che tale classificazione può avere sulla salute dell’uomo.

Prudenza e buon senso, concludevo, impongono una generale applicazione agli scarti alimentari della normativa sulla gestione dei rifiuti, e solo in alcuni, specifici casi, da analizzare di volta in volta, gli scarti alimentari possono essere trattati come sottoprodotti.

Cos’ha detto, invece, il TAR di Perugia?


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Gli scarti alimentari: rifiuti o sottoprodotti?

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Il TAR di Perugia (sentenza n. 274/10) definisce gli scarti alimentari come sottoprodotti, a prescindere, sulla scia di quanto affermato in una nota ministeriale, ma in antitesi con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale occorre un attento accertamento caso per caso.

La recente sentenza n. 274/2010 del TAR di Perugia, in materia di scarti alimentari (sono rifiuti o sottoprodotti?), è davvero suggestiva, e rappresenta molto bene quel classico modo tutto italiano di intendere il diritto, e plasmarlo a proprio piacimento, senza tenere in conto le conseguenze di lungo periodo.
Neanche quelle di breve, se è solo per questo….

In questi mesi in cui si parla spesso della magistratura, messa sotto accusa dalla politica per motivi strumentali, i giudici si lamentano del mancato rispetto nei loro confronti.
Molti, la maggioranza, hanno tutte le ragioni di questo mondo.
Ma altri assomigliano molto più al giudice cantato da De Andrè, "arbitro in terra del bene e del male", che non brillava per le cristalline “doti” morali (e, di conseguenza, anche giuridiche…): questi ultimi, a causa del loro bizzarro modo di fare, di interpretare le leggi, e di applicarle, intaccano la loro credibilità e la loro autorevolezza. E con essa, quella della categoria cui appartengono.

Cosa sarà mai successo, forse vi starete chiedendo, per giustificare questa amarezza?


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Manovra finanziaria: modifiche all’art. 45 sui certificati verdi

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Il nuovo testo dell’art.45 della manovra finanziaria reintroduce l’obbligo, per il GSE, di ritiro dei certificati verdi, anche se prevede il taglio del 30% dei sussidi per il 2011.
Finisce l’era delle fonti assimilate e vengono addirittura incentivate la ricerca e l’istruzione!

In due post del 5 e dell’8 luglio 2010 (La manovra finanziaria vuole uccidere le rinnovabili…; La manovra finanziaria e la lotta alle rinnovabili: l'art 45) vi ho parlato dei perversi effetti dell’art 45 del D.L. n 78 del 31 maggio 2010 (manovra finanziaria), che aveva abolito l’obbligo di ritiro dell’eccesso di offerta dei certificati verdi.

Articolo 45 definito dal Ministro dell’Ambiente in persona, Stefania Prestigiacomo, come si legge sulle pagine de “Il Sole 24 ore”, “antistorico” e “assurdo”

Inoltre, sottolineavo che ci sarebbe stata battaglia, a colpi di emendamenti.

Battaglia c’è stata, in effetti, e sono stati presentati ben 85 emendamenti, di cui uno solo approvato (gli altri sono decaduti, dichiarati inammissibili o sono stati ritirati).


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Energia rinnovabile: è arrivato Godot (le linee guida sulle rinnovabili) !

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Al Ministero dello Sviluppo economico, ancora senza ministro dopo più di due mesi dalle dimissioni dell’“inconsapevole” Scajola, è arrivato invece Godot!

Dopo quasi sette anni di attesa, infatti, sono state emanate le famose linee guida di cui all’art. 12, comma 10, del D.Lgs n. 387: le linee guida per le fonti rinnovabili di energia.

Tali linee guida per le rinnovabili dovevano regolare lo svolgimento del procedimento autorizzatorio per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

Le linee guida per le fonti rinnovabili di energia dovevano essere volte, in particolare, “ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio”.

Dovevano, perché finora nessuno le aveva mai viste: l’inerzia regolamentare ha permesso alle regioni di approvare criteri per l’insediamento degli impianti del tutto peculiari – non sempre coerenti con il favor legis comunitario e nazionale nei confronti dell’installazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili – fino ad arrivare alla proposizione di moratorie concernenti gli impianti eolici.
Dovevano, perché solo negli ultimi mesi si era cominciato timidamente a discutere su una bozza di linee guida nazionali in materia di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Tant’è che due regioni, forse “stanche” dell’esasperante lentezza del nostro legislatore, avevano deciso di giocare d’“anticipo” (e d’azzardo), anticipando alcune indicazioni delle linee guida nazionali.

Dunque, finalmente l’emanazione delle linee guida sulle fonti rinnovabili dovrebbe far chiarezza sul complesso e complicato mondo delle autorizzazioni alle energie rinnovabili, definendo modalità e criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, per garantire lo sviluppo delle infrastrutture energetiche sul territorio ordinato, coerente, integrato.
E, contemporaneamente, le linee guida sulle fonti di energia rinnovabile dovrebbero favorire gli investimenti, nel rispetto della tutela dell’ambiente, ma anche della crescita economica.
Una bella notizia, anche se arriva con un notevole, ed ingiustificato, ritardo.


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La rimozione dei rifiuti è qualcosa di ben diverso dalla bonifica…

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Molto più spesso di quanto si possa immaginare, anche le Pubbliche Amministrazioni sbagliano.

Specie quando si tratta di applicare, nel caso concreto, il diritto ambientale, che nel nostro bel Paese è stato, negli anni, sicuramente semplificato, ma è tutt’altro che semplice: da interpretare, da applicare, da rispettare.

E così capita che, a volte, vengano imposti ordini di bonifica a chi non è responsabile: è il classico esempio delle ordinanze di bonifica imposte ai proprietari di terreni contaminati, sulla base del semplice criterio dominicale, che prescinde da qualsiasi accertamento sull’effettivo contributo causale al verificarsi dell’inquinamento.
E capita anche che, come nel caso che vi suggerisco oggi, la Pubblica amministrazione travisi le regole del gioco, e ordini qualcosa che non solo non dovrebbe, ma nemmeno potrebbe ordinare.

Sto parlando della bonifica mediante rimozione dei rifiuti


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La manovra finanziaria e la lotta alle rinnovabili: l'art 45

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Nel post precedente ("La manovra finanziaria vuole uccidere le rinnovabili"), ho riassunto per sommi capi ciò che rappresentano i certificati verdi, nell’ambito degli incentivi alle fonti rinnovabili, e ciò che l’esecutivo, in mezzo ad altri scempi giuridici, sta portando avanti, in particolare con l'ultima manovra finanziaria (DL 78/2010) : l'attuazione dell' art 45 del D.L. n. 78/2010, infatti, minerebbe un meccanismo, quello dei certificati verdi, che in qualche modo funziona e garantisce, grazie al riacquisto di quelli invenduti da parte del Gse, che il loro prezzo non possa scendere oltre una certa soglia. Il non riacquisto dei certificati in eccesso farebbe venir meno la sicurezza dei ricavi da parte di chi investe.

Tutto ciò sembra fatto a bella posta per distruggere quel poco di buono che finora è stato lentamente fatto nel nostro paese per incentivare le energie rinnovabili. Mi chiedo, retoricamente, che pensare, che dire di quest’ultima trovata dell’attuale esecutivo..

Tutto il male possibile, ovviamente, al di là di quelle parole da perenne propaganda, contenute nella relazione, di cui vi ho parlato nel post precedente.

Propaganda populista bella e buona, che vorrebbe farci credere che i cittadini ci guadagnano…

Come al solito, un discorso miope, cieco direi, che, a volerlo giustificare (arrampicandosi sugli specchi, fra mille difficoltà oggettive) sarebbe quantomeno auspicabile venisse fatto per qualsiasi argomento, e non solo quando fa comodo: perché non parlare in modo corretto, ad esempio, dei soldi che vanno nelle tasche dei soliti noti (i petrolieri), e incidono comunque sulla nostra bolletta?

Perché non ricordare il ruolo del CIP-6 per le fonti assimilate, bestemmia giuridica per premiare (chissà per quale motivo, poi) chi non solo non investe nel futuro sostenibile, ma continua a perpetrare scempi ambientali in base a logiche vecchie ed ottuse?
In quel caso, forse che i cittadini ci guadagnano, o pagano di meno?


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La manovra finanziaria vuole uccidere le rinnovabili…

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La manovra finanziaria tenta di annientare in un colpo solo quel che di buono, anche se molto lentamente, era stato fatto nel campo delle fonti rinnovabili di energia: l’art. 45 del decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 stabilisce l’abolizione dell’obbligo di ritiro dell’eccesso di offerta dei certificati verdi.

Gli addetti ai lavori sanno benissimo di cosa sto parlando, e avranno già capito dal titolo del post come la penso.

Penso che però sia necessario fare un breve riassunto per “coloro che si fossero collegati solo in questo momento” (per utilizzare un gergo calcistico, tanto di moda in questo mese di pane e mondiale di calcio – per noi soltanto calci), cioè per quelli:
I certificati verdi, in estrema sintesi, costituiscono un sistema di incentivazione delle fonti di energia rinnovabile basato su prezzi di mercato, nell’ambito del quale, in funzione dell’energia prodotta da un impianto ammesso al regime dei certificati verdi, il GSE (il soggetto attuatore delle principali politiche energetiche) riconosce al titolare dell’impianto il diritto a chiedere l’emissione di certificati rappresentativi di tale produzione, chiamati certificati verdi per ovvi motivi.


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Rinnovabili e Territorio

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Con gli incentivi per la costituzione di impianti energetici da fonti rinnovabili, in Italia è partito un nuovo green business che ha coinvolto aziende energetiche, imprese, possessori di terreni  ed aree destinate ad ospitare gli impianti. Come cambia l'aspetto e l'economia dei territori, penso per esempio alle campagne ai piccoli comuni ai borghi, con l'avvento dell'economia verde?

Bisogna contestualizzare lo sviluppo delle rinnovabili con altri fattori di cambiamento: gli Enti Locali toccheranno a breve con mano cosa vuol dire federalismo fiscale, applicato al gettito  fiscale che è sempre provenuto dallo Stato.  Il cambiamento, in particolare, si innesta sulla situazione finanziaria attuale di Regioni, Province e Comuni, e ciò genererà una vasta gamma di effetti, forse non facilmente prevedibili.
Da una parte infatti vi sono enti locali con una situazione finanziaria stabile e virtuosa, che potranno permettersi di porre in essere gli investimenti necessari per produrre altro reddito, e dunque altri servizi per i cittadini; dall'altra, ci sono i tanti enti con pessime situazioni finanziare di partenza, a cui non rimarrà che vendere / affidare in gestione beni e servizi per fare cassa, ed anche alla svelta.
Molti incentivi per impianti fotovoltaici che stimolano imprese medie e medio- grandi ad acquistare o affittare vaste aree (demaniali piuttosto che private), in questo caso soprattutto agricole, per la realizzazione degli impianti stessi.

Dall'altra, si sta sviluppando un nuovo affare legato allo sfruttamento delle biomasse agricole a fini energetici: si tratta di una buona occasione di integrazione del reddito per le imprese agricole, che hanno la possibilità di sfruttare una parte delle loro colture, scarti organici - e a breve anche liquami e scarti derivanti dalla zootecnìa - per produrre energia.
Voglio inserire in questo calderone anche il federalismo fiscale che ho prima citato: mi riferisco in particolare al trasferimento di una interessante fetta di patrimonio immobiliare statale agli Enti Locali, il cd federalismo demaniale.
Che cosa accadrà, nel medio - lungo periodo, all' Italia dei Comuni?


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