Green economy: indagine conoscitiva della Camera: la riconversione in chiave green del sistema produttivo italiano

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La green economy fa già parte del presente della nostra economia. E può diventarne il futuro. 
Ma affinché ciò avvenga bisogna “immaginare e tradurre concretamente un vasto programma di riforme strutturali in grado di ri-orientare risorse, investimenti, comportamenti”, individuando alcune priorità e urgenze intorno a cui rafforzare un impegno istituzionale capace di aiutare il Paese a superare alcuni suoi limiti e ritardi e imboccare la strada della crescita. 


Dalla brown economy alla green economy… 
La crisi che ormai da diversi anni attanaglia l’Occidente non è soltanto economico-finanziaria, ma anche (e soprattutto) ambientale, tanto che è proprio quest’ultimo aspetto a spingere a riconsiderare il tradizionale modello economico, portandolo dall’attuale “brown economy” alla green economy, che: 
  • “non solo riconosce i limiti del pianeta, ma li rimarca come confini all’interno dei quali deve muoversi il nuovo modello economico basato su un uso sostenibile delle risorse ed una riduzione drastica degli impatti ambientali e sociali, ai fini di un miglioramento generalizzato della qualità della vita”; 
  • si configura come un nuovo modello economico tout court e non può e non deve essere considerata semplicemente come la parte “verde” dell’economia
È quanto emerge dall’indagine conoscitiva sulla green economy, conclusasi pochi giorni fa alla Camera, che ha visto l’intervento, oltre che delle istituzioni, anche delle associazioni di categoria e di quelle ambientali, dei sindacati, degli istituti di ricerca e delle imprese.

…passando per la crescita verde 
Nel panorama internazionale sono state date numerose definizioni di green economy; ad ogni modo, tutte concordano sul fatto che questo nuovo modello punta a migliorare la qualità della vita, a ridurre le disuguaglianze nel lungo termine, a non esporre le generazioni future ai preoccupanti rischi ambientali e a significative scarsità ecologiche. 
In ogni caso la green economy non può essere contrapposta alla crescita verde, e non sostituisce lo sviluppo sostenibile, ma anzi, ne diviene un necessario passaggio: 
“la sostenibilità rimane un fondamentale obiettivo a lungo termine, ma per arrivarci bisogna lavorare verso un’economia verde. In questo senso la green economy è il mezzo e il fine di se stessa, poiché come strumento (e quindi il mezzo) attuativo dello sviluppo sostenibile diventa una «fase di transizione», la via per gestire il cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile e, allo stesso tempo, conduce ad un nuovo modello economico (e quindi il fine) stabilmente sostenibile”. 
Tutti i soggetti intervenuti concordano, sia pure con diversi approcci, che la crescita verde porterà nuove idee, nuovi imprenditori e nuovi modelli di business, contribuendo così alla creazione di nuovi mercati e, infine, alla creazione di nuovi posti di lavoro e di trasformazione industriale. 
In definitiva, il concetto di crescita verde ha il potenziale per affrontare le sfide economiche ed ambientali e per aprire nuovi percorsi di crescita, attraverso i canali qui di seguito sintetizzati.

Produttività: incentivi per una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse e dei beni naturali che portino ad un miglioramento della produttività, riducendo il consumo di materia ed energia e rendendo le risorse disponibili al più alto valore d’uso 
Innovazione: opportunità per l’innovazione, incentivata da politiche adeguate che consentano nuovi modi di affrontare i problemi ambientali 
Nuovi mercati: creazione di nuovi mercati stimolando la domanda di nuove tecnologie, beni e servizi verdi, anche ai fini di creazione di nuove opportunità di lavoro 
Fiducia: aumentare la fiducia degli investitori attraverso una maggiore prevedibilità riguardo alle modalità con cui i governi sono chiamati a rispondere alle principali questioni ambientali e stabilità delle decisioni prese 
Stabilità: condizioni macroeconomiche più equilibrate, che riducano la volatilità dei prezzi delle risorse 

I dati sfornati di recente dall’UE confermano che quello dell’economia verde è un settore in espansione: 
  • la crescita annuale dell’occupazione verde è stata del 2,7% dal 2000 al 2008 ed 
  • è passata dai 2.400.000 posti di lavoro del 2000 ai 3.400.000 nel 2012.

Secondo l’analisi europea ogni riduzione di un punto percentuale nell’uso delle risorse porta dai 100.000 ai 200.000 nuovi posti di lavoro: guardando al futuro, questo significa che ento il 2020 la green economy potrebbe produrre 1.400.000 – 2.800.000 posti di lavoro. 

La green economy come via d’uscita 

La green economy, dunque, (anche) come via d’uscita dalla crisi prolungata che l’Italia sta vivendo, e che non solo ha colpito il tessuto produttivo delle PMI, ma sta cambiando in profondità l’assetto e le proprietà delle grandi aziende e dei principali gruppi industriali. 
Lo dimostra il fatto che, dall’inizio della crisi, e “nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy”, che quindi, è stata percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative. 
La green economy, in sostanza, oltre alle “novità operative”, cui si è fatto cenno, comporta l’innovazione dell’intero “sistema Paese”: 
  • un percorso di riconversione, si evidenzia nel documento finale, che “deve passare […] non solo attraverso il fattore capitale, espresso dall’impegno delle imprese nell’investire in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni e trasferire un di più di competitività ai beni e servizi prodotti, ma anche attraverso quello del lavoro, per mezzo della ricerca di figure professionali le cui competenze, se ben formate, sono in grado di imprimere all’impresa un salto di qualità verso la frontiera della green economy”. 
  • il 30% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici. 
Ma green economy significa anche redditività: il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi. 

La green economy è già presente, ma bisogna potenziarla

La green economy, chiosano le commissioni riunite ambiente-territorio-lavori pubblici e attività produttive, commercio e turismo, che hanno redatto il documento, “insomma, fa già parte del presente della nostra economia. E può diventarne il futuro”. 
Affinché ciò avvenga, in Italia bisogna “immaginare e tradurre concretamente un vasto programma di riforme strutturali in grado di ri-orientare risorse, investimenti, comportamenti”. 
Individuando alcune priorità e urgenze intorno a cui rafforzare un impegno istituzionale capace di aiutare il Paese a superare alcuni suoi limiti e ritardi e imboccare la strada della crescita. 

Le priorità 

  1. Attuare una riforma fiscale ecologica che sposti il carico fiscale, senza aumentarlo, a favore dello sviluppo degli investimenti e dell’occupazione green 
  2. Avviare un programma nazionale che punti a supportare un miglior utilizzo dei fondi europei 
  3. Attivare programmi di informazione in merito ai finanziamenti esistenti anche in termini qualitativi e quantitativi 
  4. Promuovere la progettazione e la sperimentazione di strumenti finanziari innovativi (project bond; performance bond; social impact bond o altri meccanismi basati sui principi di « payment by results» o di « impact finance » o di « crowfunding »): con tali strumenti finanziari innovativi e costo del denaro, occorre favorire partnership pubblico-privato, stimolando una crescita nella qualità, oltre che nella quantità, delle iniziative green 
  5. Aumentare gli appalti pubblici verdi di beni e servizi per realizzare gli obiettivi del Piano d’Azione Nazionale per la sostenibilità degli acquisti della P.A., rafforzando la governance del sistema, chiarendo competenze e responsabilità, migliorando la trasparenza ed i controlli e fornendo strumenti adeguati a supporto 
  6. Innovare le procedure previste per i bandi pubblici e le gare d’appalto mettendo al centro la qualità dei materiali usati, la qualità del prodotto finale, la qualità e la sicurezza del lavoro 
  7. Realizzare infrastrutture verdi 
  8. Implementare una pianificazione delle attività di prevenzione del dissesto idrogeologico e di difesa del suolo 
  9. Valorizzare il risparmio idrico attraverso azioni premiali (certificati blu e incentivi al riutilizzo delle acque reflue depurate, specie nel settore agricolo) 
  10. Introdurre una tariffazione puntuale per la gestione dei rifiuti urbani, adottando un meccanismo che assicuri la copertura dei costi, premiando chi conferisce i rifiuti in modo differenziato, elaborando un regolamento tipo per l’adozione da parte dei soggetti locali 
  11. Promuovere l’occupazione giovanile riducendo per almeno tre anni, il prelievo fiscale e contributivo per l’impiego di giovani 
  12. Incentivare la penetrazione di strumenti credibili ed oggettivi di quantificazione degli impatti ambientali associati alle attività umane, con lo scopo di misurarne la sostenibilità 
  13. Promuovere il rilancio degli investimenti per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili 
  14. Effettuare programmi di rigenerazione urbana, di recupero di edifici esistenti, nonché di eventuale sostituzione di edifici, di bonifica, limitando il consumo di suolo non utilizzato 
  15. Rendere stabili le misure di incentivazione su ristrutturazioni edilizie, risparmio ed efficienza energetica nelle abitazioni e negli immobili 
  16. Investire nella mobilità sostenibile urbana 
  17. Valorizzare le potenzialità di crescita della nostra agricoltura di qualità