Il rapporto "ecomafia 2012" di Legambiente: l'ecocriminalità in Piemonte

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Il 19 luglio, in piena estate, è stato presentato a Torino, nel corso di una conferenza stampa, il rapporto Ecomafia 2012, con focus su come cemento e rifiuti si confermano settori clou dell’ecocriminalità in Piemonte.  
Alla presentazione del rapporto Ecomafia 2012, edito da Edizioni Ambiente, con la prefazione di Roberto Saviano (peraltro Saviano ha firmato un editoriale apparso sul New York Times del 27 agosto a proposito dello strettissimo legame tra la crisi economica che stiamo attraversando e le organizzazioni criminali: in un'epoca in cui vi è una diffusa carenza di liquidità, anche nelle banche, si tenderebbe a ricorrere ai danari non tracciati di origine criminale), hanno partecipato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta, Antonio Pergolizzi, coordinatore dell'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, Francesca Rispoli, membro dell'ufficio di presidenza di Libera e Roberto Tricarico, presidente della Commissione Consiliare Speciale del Comune di Torino per la promozione della cultura della legalità e del contrasto dei fenomeni mafiosi. 
Certamente la presentazione del documento in piena estate non ne favorisce la sua diffusione, e la riflessione attorno agli importanti temi che esso solleva. E' per questo che ne parliamo ora, a fine settembre, pensando che dopo il riposo estivo si sia maggiormente propensi ad avvicinarsi a tematiche importanti come queste.
Il 2011 verrà ricordato come l’anno delle due più importanti inchieste antimafia di sempre in Piemonte, denominate Minotauro e Alba Chiara. L'inchiesta Minotauro, grazie a cinque anni di attività di indagine, ha portato alla luce un’organizzazione criminale di tipo mafioso con nove articolazioni territoriali dislocate in tutto il torinese e arresti in diverse zone d’Italia. L'organizzazione è risultata essere particolarmente capillare, ed ha incluso nelle sue maglie anche esponenti di amministrazioni locali. "È in particolare nella zona a nord di Torino, lungo l’asse che da Borgaro giunge fino a Cuorgné, che la malapianta ha attecchito pericolosamente. Il canavese e il cuorgnese, residenze storiche di famiglie della ‘ndrangheta, si confermano con questa indagine i nodi strategici per le proiezioni mafiose, anche in altre regioni. Nell’inchiesta Minotauro, come ha affermato il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, è emerso un “inquietante intreccio tra criminalità organizzata e segmenti della politica”. Sono noti  gli scioglimenti dei consigli comunali di Leinì e Rivarolo (To), e le indagini tuttora in corso per il Comune di Chivasso; tali situazioni hanno fatto venire a galla le collusioni dei cosiddetti “colletti bianchi”, soggetti dalla fedina penale pulita, con ruoli nelle pubbliche amministrazioni e in grado di gestire a fini illegali i loro canali burocratico-amministrativi.
In Piemonte una delle storie che è balzata agli onori della cronaca è quella, recentissima, dell’aprile del 2012, sulla presunta tangente usata per falsare la gara d’appalto indetta per la costruzione della variante di Tortona (Al). "Per una vicenda che risale al mese di settembre 2010 e riguarda un appalto del valore di circa 30 milioni di euro".
Un altro caso emblematico è quello che ha portato il tribunale di Asti a condannare in primo grado 8 persone nell’ambito dell’indagine denominata Asfalto pulito, relativa agli appalti truccati per la costruzione dell’autostrada Asti-Cuneo. In totale, sotto indagine sono finite 31 persone accusate di associazione per delinquere e truffa aggravata. Le indagini, condotte dalla Guardia di finanza, hanno accertato che le imprese impegnate nella posa del bitume nel tratto Isola d’Asti-Alba non lo avevano steso in modo omogeneo e con uno spessore inferiore a quello citato nel capitolato. Accertate, secondo l’accusa, anche turbative d’asta nell’assegnazione dei lavori di manutenzione di numerose strade provinciali astigiane, nelle zone di Canelli e di Castagnole Lanze. 
Se in Piemonte l'abusivismo edilizio non è così diffuso, è il ciclo dei rifiuti quello che fa gola alle organizzazioni mafiose: nel 2011 sono state accertate 279 infrazioni, denunciate 292 persone ed effettuati 70 sequestri di beni. Esiste una microcriminalità diffusa in tema di smaltimento illecito, senza inchieste eclatanti ma con una miriade di discariche abusive da avvelenare, principalmente in aree agricole. "Significativa in tal senso la vicenda dell'interramento illecito del car fluff il rifiuto derivante dalla frantumazione delle carcassedelle automobili, in alcuni campi di mais nel cuneese. Dopo la conclusione a gennaio 2009 di un primo processo penale con una sentenza di terzo grado che giudicava colpevole l'imputato per smaltimento illecito di rifiuti speciali e sostanze tossiche con relativo inquinamento delle falde superficiali, si è aperto in queste settimane un nuovo processo per il ritrovamento di rifiuti in 5 nuovi siti nei comuni di Barge e Revello, che si vanno a sommare agli 8 siti già individuati nel precedente processo". 
Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta è stata riconosciuta parte civile al processo, così come è stato per il processo precedente.

Ecco il link per leggere il rapporto completo http://www.alternativasostenibile.it/archivio/2012/07/08/files/Ecomafia%202012.pdf
ed il testo della presentazione del rapporto a Torino il 19 luglio scorso: http://www.legambientepiemonte.it/doc/19-07-12%20ecomafia%20presentazione.pdf



I limiti dei poteri degli enti locali in materia di energia

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La mancanza di una corretta allocazione delle competenze ambientali ed energetiche ha effetti negativi sulla certezza delle relazioni giuridiche, perché da un lato impedisce spesso di conoscere con precisione l’autorità competente in materia e le modalità attraverso le quali quest’ultima può esplicare i suoi poteri (che possono variare da regione a regione, a seconda delle diverse regolazioni assunte da ognuna al riguardo) e, dall’altro, perché rischia di creare sovrapposizioni e duplicazioni di titoli autorizzatori o annose dispute sulle stesse. Al danno provocato da un sistema normativo scoordinato perché figlio di continui, e miopi, aggiustamenti, si deve aggiungere la beffa che spesso molti operatori del settore subiscono, a causa del silenzio con cui ammantano il loro (non) operato: ne abbiamo già parlato molte volte nelle pagine di questo blog (per un riassunto, leggete il post: “The sound of silence”).  
Quali sono, in concreto, i reali poteri delle amministrazioni, e come possono esercitarli? Si tratta di un interrogativo al quale non è possibile dare un’unica risposta generalizzata: per valutare la correttezza del comportamento di un’amministrazione occorre calarlo nel singolo contesto, e valutarlo alla luce della normativa applicabile. Tuttavia, per farsi un’idea di cosa è stato deciso in alcuni casi, sul sito di Natura Giuridica sono stati recentemente pubblicati alcuni documenti nei quali sono state analizzate diverse fattispecie, cui è stata data una soluzione, sulla base delle regole applicabili al caso e del comportamento tenuto, in concreto, dall’amministrazione coinvolta. 
Nel post “Come essere risarciti per i comportamenti meramente dilatori delle PP.AA.” abbiamo visto come agire per chiedere il risarcimento del danno ad una amministrazione “indolente”: in questo cerchiamo di delineare meglio i contorni dei poteri delle amministrazioni, con particolare risalto al ruolo dei Comuni. Ebbene, nei documenti recentemente pubblicati sul sito di Natura Giuridica, nella sezione PREMIUM  è stato analizzato il ruolo: 
• di una peculiare amministrazione provinciale (quella di Trento), cui la legge riconosce, sì, una particolare posizione, differenziata rispetto alle alte province, che tuttavia deve coesistere con la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e con quella concorrente in materia di energia, e deve essere esercitata sia nell’ambito degli obiettivi nazionali di consumo futuro di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, sia in quello relativo alla ripartizione fra regioni e province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell’energia prodotta con fonti rinnovabili (titolo del documento: “Competenza legislativa primaria di Province autonome su paesaggio”);
• del Comune: o nella localizzazione di aree inidonee (titolo del documento: “Poteri del Comune di individuare aree inidonee”), o nell’inibire la realizzazione di impianti fotovoltaici sul territorio comunale (titolo del documento: “Limitazione del Potere soprassessorio del Comune - Sospensione della pratica DIA”) e o nell’iter autorizzativo di un impianto alimentato da biomasse provenienti da filiera corta (titolo del documento: “Poteri e ruolo del Comune in iter autorizzativo - Non cumulabilità di 2 istituti di semplificazione”). In passato sono stati pubblicati altri documenti, che riguardano altri casi particolari, e in futuro la sezione sarà ulteriormente arricchita. Se avete dei dubbi su casi particolari, non esitate a contattare Natura Giuridica per esporre il vostro problema: siamo qui apposta per risolvere, nel minor tempo possibile, le vostre problematiche nei settori del diritto dell’ambiente e dell’energia.


Quali sono i criteri e le modalità per localizzare discariche in modo sostenibile (e come difendersi)

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I problemi relativi alla localizzazione di impianti “ambientali” non riguardano solo gli IAFR, argomento di cui ho parlato una settimana fa), ma anche le discariche di rifiuti, come dimostra il “brutto pasticciaccio” relativo al “toto discarica” scoppiato a Roma nel mese di giugno, emblema del caos che regna intorno al settore (non solo) della gestione dei rifiuti nel nostro Paese: una perenne emergenza “contrastata” dal nostro legislatore con approssimazione, con una normativa disorganica, decontestualizzata, priva di visione sistemica, dunque dannosa. Un “modus legiferandi” che ha dei costi non solo ambientali e sociali, ma anche economici. Questi ultimi dipendono: 
a) non solo dal fatto che, in questo contesto di perenne emergenza (e di sostanziale stasi innovativa, con riferimento ai settori tecnologici e giuridici, che dei primi possono farsi anticipatori. Questo tipo di innovazione risulta propedeutica allo “sviluppo sostenibile”, di cui tanto si sente parlare, ma per il quale poco o nulla si fa, e dovrebbe essere inserita all’interno di un autorevole e coordinato progetto lungimirante, incompatibile con lo stillicidio normativo cui assistiamo) non c’è tempo e spazio per lo sviluppo di una filiera, italiana e competitiva, capace di fare da traino, in uno dei pochi settori che nel futuro potranno fungere da propulsore economico, 
b) ma anche come conseguenza della mancata attuazione della normativa comunitaria, che “apre le porte” alle c.d. procedure d’infrazione. Sul numero 7 della rivista “Ambiente & Sviluppo”, edita da IPSOA, sarà pubblicato un mio articolo dal titolo “Emergenza rifiuti in Campania e diritti dell’uomo: quale tutela?”, nel quale è stata analizzata nei dettagli la peculiare situazione campana relativa alla gestione dei rifiuti: situazione nella quale la (mancata, o pessima, a seconda dell’angolo visuale) localizzazione dei siti nei quali realizzare le discariche ha avuto un enorme peso. Negativo, ovviamente. 
In questa sede, oltre a invitarvi alla lettura dell’articolo per scoprire le conseguenze dannose, dal punto di vista ambientale ed economico, che la mancanza di una chiara e coerente politica in materia di gestione dei rifiuti comporta (di recente se n’è occupata la CEDU, la Corte europea dei diritti dell’Uomo, con statuizioni potenzialmente rivoluzionarie), vi ricordo che sul sito di Natura Giuridica potete trovare molti documenti che riguardano, inter alia, proprio la localizzazione di discariche di rifiuti, utili per capire come agire per tutelarsi dalla eventuale non corretta localizzazione, da un lato, e per capire come scegliere il luogo idoneo alla realizzazione di un impianto, dal punto di vista giuridico. Prossimamente saranno disponibili anche documenti di tipo tecnico. 
Ad esempio, un cittadino, proprietario di un’area limitrofa alla zona prescelta per la realizzazione di una discarica, può opporsi alla stessa? E in caso affermativo, in quali modi? Eccependo che cosa? Basta la mera vicinanza a legittimare all’impugnazione dei relativi atti? Sono solo alcuni degli interrogativi ai quali potete trovare una prima risposta nelle pagine del sito di Natura Giuridica: una prima risposta in grado di farvi entrare nei meccanismi del diritto dell'ambiente. Una prima risposta che, sovente, necessita tuttavia di un ulteriore approfondimento, perché ogni storia ha le sue peculiarità, e casi analoghi possono avere soluzioni differenti. Diffidate di chi vi fornisce soluzioni buone per tutte le stagioni…. E ricordatevi che (in generale, ma ancora di più per quanto riguarda il diritto dell’ambiente e dell’energia) muoversi in via preventiva è la cosa migliore. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica: un pool esperti sarà a vostra disposizione per tutte le tematiche relative all’ambiente e all’energia.
Se parte della vostra attività professionale consiste nel gestire tematiche ambientali sotto il profilo tecnico,  giuridico o imprenditoriale, sottoscrivendo un abbonamento PREMIUM a Natura Giuridica sarete sempre "sul pezzo" rispetto alle principali novità in materia di diritto dell'ambiente e dell'energia, saprete come agire, a chi rivolgervi, cosa aspettarvi, e cosa pretendere dal vostro consulente ambientale! E, soprattutto, spenderete molto, molto meno. 


Come essere risarciti per i comportamenti meramente dilatori delle PP.AA.

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Una delle problematiche più scottanti, quando si parla di impianti alimentati da fonti rinnovabili di energia, è quella relativa alla loro localizzazione: c’è sempre chi si lamenta, non sempre a ragione, della location prescelta (in preda alla sindrome NIMBY, not in my back yard o a quella ancora più assolutista, ma meno ipocrita, BANANA, build absolutely nothing anywher near anything), e c’è sempre qualche amministrazione che, per spiccioli, svende, nei fatti, porzioni di territorio comunale che andrebbero meglio e più adeguatamente preservati. A porre un (certo) rimedio, anche se con molto, troppo ritardo, sono intervenute nel 2010 le linee guida nazionali per un corretto inserimento nel territorio degli IAFR: solo in attuazione di tali linee guida le regioni avrebbero potuto, ai sensi dell’art. 12, comma 10, del D.Lgs. 387/03, “procedere all’indicazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti”. 
Nella realtà, le cose sono andate diversamente e la paralisi normativo-amministrativa, conseguente alla mancata adozione delle linee guida nazionali, ha vanificato in parte i princìpi di semplificazione e razionalizzazione delineati nel paragrafo precedente, contribuendo ad acuire le problematiche localizzative, tecniche, fiscali, organizzative e temporali. A quest’ultimo proposito, occorre segnalare che in numerose occasioni la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità delle discipline regionali che determinano la sospensione sine die dei procedimenti volti ad ottenere l’autorizzazione per gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La sospensione sine die dei procedimenti, infatti, costituisce una delle storture più evidenti del sistema che, a causa della sua intrinseca, e mai curata, disorganicità, ha permesso lo svilupparsi di pratiche dilatorie da parte di quelle amministrazioni che, per i più disparati motivi, non volevano che nel loro territorio venissero realizzati impianti alimentati da fonti rinnovabili. Come difendersi da pratiche ostruzionistiche di tale stampo? Potete farvi un’idea consultando i documenti pubblicati sul sito di Natura Giuridica/FER-norme generali che parlano di queste problematiche. 
Vi segnalo, fra gli ultimi, quelli relativi:
ad un caso relativo all’insussistenza di gravi motivi posti da un’amministrazione a fondamento dell’esercizio del potere di sospensione; 
a quello in cui si descrivono i limiti del potere discrezionale della P.A.  nell’imporre una sospensione;
a quello in cui si evidenziano i contenuti “di massima” (da declinare nel caso concreto) delle motivazioni utilizzate dalla stessa amministrazione;
alle modalità per valutare il silenzio e, in genere, qualsiasi atto soprassessorio da parte dell’amministrazione competente. 
E, dulcis in fundo, a come può essere chiesto un risarcimento del danno subito a causa di tali comportamenti ostruzionistici, soprassessori, dilatori. Come avvenuto, ad esempio, in Sicilia, in un caso nel quale il giudice amministrativo ha condannato l’amministrazione al risarcimento del danno dopo aver ravvisato anomalie procedurali che avevano segnato l’inizio di una maladministration risoltasi, nei fatti, in un ingiustificato superamento dei termini imposti dalla legge per la conclusione del procedimento. Ritardi che hanno significato, inter alia, perdite di denaro…. 
Quelli sopra elencati sono solo alcuni degli ultimi documenti, relativi al corretto svolgimento del procedimento unico, pubblicati sul sito di Natura Giuridica, nella sezione Premium, alla quale si può accedere sottoscrivendo un abbonamento dai costi contenuti. Abbonamento utile per tutti quei soggetti che, operando nel settore dell’ambiente e dell’energia, hanno bisogno di essere costantemente aggiornati, con un prodotto di facile consultazione, immediatamente fruibile, ordinato diacronicamente e per singola materia. È possibile contattare natura Giuridica per ottenere convenzioni personalizzate (nei contenuti, nella durata, nel prezzo), sulla base delle specifiche esigenze del committente: vi verrà fornito un preventivo gratuito. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica.


La responsabilità d’impresa come strumento per abbattere i costi

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La responsabilità d’impresa come strumento per abbattere i costi: dato che siamo in piena estate e forse leggerete questo post sotto l'ombrellone, magari sul vostro tablet, parto subito con una citazione tratta da Ivano Fossati:

 …ti sembra tutto visto tutto già fatto tutto quell’avvenire già avvenuto scritto, corretto e interpretato da altri meglio che da te bella, non ho mica vent’anni ne ho molti di meno e questo vuol dire (capirai) responsabilità perciò… 

Nella pagine di Natura Giuridica, vi sarete accorti, ogni tanto ci piace iniziare – o chiosare – i nostri post che parlano di diritto dell’ambiente (o all’ambiente…) facendo alcune citazioni legate al mondo dell’arte letteraria, in generale (libri, canzoni, film, …), per cercare di rendere più piacevole la lettura di temi molto attuali, molto sentiti da tutti (cittadini, imprese, pubbliche amministrazioni, operatori del settore, …) ma spesso affrontati, in altri lidi, in modo troppo “parruccone”, “cerebrale”, distante, per poter essere avvicinato, in prima istanza, quindi appreso e, infine, diffuso. Il linguaggio politichese, infatti, è duro da masticare (e, spesso, da digerire), e quello giuridico in generale difficile da spiegare, oltre che da rendere attraente… 

Di qui l’idea di parlare di cose importanti in modo serio (e comprensibile) ma allo stesso tempo leggero (non serioso), facendo ricorso alle parole di chi, in poche sillabe, è riuscito ad esprimere con le parole il mondo, nel quale le molteplici sostenibilità, fra le quali quella ambientale, rientra a pieno titolo. 

Cosa c’entra, allora, Ivano Fossati con la “responsabilità” in materia di diritto dell’ambiente? In un mondo – quello del diritto ambientale, oggetto delle riflessioni di Natura Giuridica – in cui tutto sembra già visto, tutto sembra già fatto, tutto sembra già avvenuto (ma solo sulla carta), perché scritto e corretto da altri (il nostro prolifico legislatore), parlare di responsabilità sembra quasi, almeno dal punto di vista “logico”, un “controsenso”: essendo tutto così ben incasellato, quale spazio residua per la responsabilità? E invece no, appunto perché è tutta una finzione: “sembra”. Sembra già visto, perché sono le solite facce che dicono le solite cose, facendo le solite (e vuote) promesse. Sembra già fatto, ma siamo poco più in là del punto di partenza, specie in campo ambientale: fra proroghe (come il SISTRI, rimandato al 2013), deroghe, sanatorie, eccezioni, rinvii e attese, la norma assomiglia più a un bella cornice vuota. Sembra già avvenuto perché “già visto e già fatto”: ciò che avviene non è che la ripetizione plastica, e conservatrice, di un passato sterile. E allora parlare di responsabilità diventa quanto mai importante, per cercare di delineare il ruolo di ciascuno di noi all’interno dello scacchiere sostenibile sul quale si gioca già adesso il nostro futuro. 

La giurisprudenza svolge un ruolo molto importante, interpretando quelle normative vuote in modo sostenibile, aiutando gli operatori del settore a muoversi con maggiori certezze e, quindi, con più senso di responsabilità. Sul sito di Natura Giuridica, dove i temi, affrontati in modo più discorsivo all’interno di questo blog, vengono analizzati in modo più approfondito dal punto di vista tecnico-giuridico, di recente sono stati pubblicati alcuni documenti (in aggiunta a quelli già presenti) che parlano proprio di responsabilità, affrontando il tema da quattro angolazioni diverse: 
1. la responsabilità del proprietario di un’area in relazione alla presenza, quando su questa siano presenti rifiuti. Quando il Sindaco adotta nei suoi un’ordinanza contingibile ed urgente, come “si calcola” il coefficiente di responsabilità del proprietario? E qual è, a valle di questa indagine, la correlata responsabilità del Sindaco, nel caso in cui il proprietario non risulti “colpevole”? 
2. la responsabilità di chi costruisce opere senza autorizzazione, o in difformità da essa, su aree dichiarate di notevole interesse pubblico per le loro caratteristiche paesaggistiche: quale peso dare alla coscienza dell’antigiuridicità della condotta? 
3. la responsabilità dei diversi soggetti destinatari dei provvedimenti contenenti prescrizioni volte alla bonifica di siti contaminati, specie in casi in cui, a causa dell’elevato rischio ambientale di un sito, siano coinvolti una pluralità di soggetti, ognuno con diritti, interessi ed obblighi diversi in relazione a porzioni differenti, comprese al suo interno; 
4. la responsabilità della pubblica amministrazione per danni causati ad operatori del settore, in seguito all’adozione di norme che violano il diritto comunitario, o di atti illegittimi. Tale responsabilità obbliga, e in che modo, al risarcimento del danno? 
Questi sono solo alcuni degli argomenti affrontati nei documenti pubblicati, nella sezione Premium di Natura Giuridica che, nel fornire servizi alle imprese in materia di diritto dell’ambiente e dell’energia soprattutto in chiave preventiva, mette il tema della responsabilità d’impresa al primo posto. Anche perché le imprese che agiscono responsabilmente spendono molti, molti soldi in meno: prevenire è meglio che curare, ed è più responsabile. È un processo un po’ più lungo, ma solo all’inizio. Essere responsabili conviene. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica: un pool esperti sarà a vostra disposizione per tutte le tematiche relative all’ambiente e all’energia.


Incentivi giuridici in materia di rinnovabili: quando la semplificazione rimane sulla carta

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Nelle pagine del blog di Natura Giuridica si è parlato spesso di incentivi giuridici alla produzione di energia da fonti rinnovabili, dando spazio e rilievo soprattutto alla denuncia di inizio attività o DIA (consulta gli articoli riuniti sotto l'etichetta DIA), che nel tempo si è trasformata in SCIA o segnalazione certificata di inizio attività,   e, quindi, in PAS o procedura abitativa semplificata
Si è parlato molto di queste forme di incentivazione giuridica – importanti tanto quanto quelle di tipo economico – anche e soprattutto perché, al di là del mero dato letterale della normativa, nonostante il favor legislativo, tuttavia, in non pochi casi la giurisprudenza è dovuta intervenire per dirimere contrasti interpretativi. In alcuni casi è più evidente l’intreccio fra le problematiche inerenti la DIA e quelle “temporali”, relative: 
• non solo a comportamenti ostruzionistici della P.A. (un caso ricorrente riguarda la “restituzione”, da parte di un’amministrazione comunale, della DIA, unita alla comunicazione che, in vista della futura regolamentazione dell’installazione di impianti di minore potenza, sarebbe stata interrotta ogni attività istruttoria e inibito qualsiasi intervento esecutivo), 
• ma anche agli abusi, da parte dei privati cittadini, di questo strumento semplificatorio. Potete trovare approfondimenti tecnico-giuridici relativi alla denuncia di inizio attività, alla segnalazione certificata di inizio attività e alla procedura abitativa semplificata anche sul manuale, che ho pubblicato a gennaio 2012, intitolato “La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili”, v. recensione,  e sul sito di Natura Giuridica. 
Anche se ufficialmente non esiste più la DIA per le rinnovabili, esiste una lunga casistica relativa alle situazioni nelle quali il procedimento autorizzativo semplificato è iniziato sotto la vigenza della vecchia normativa, e sulla base di quest’ultima devono essere risolte. Di recente, sono stati pubblicati sul sito di Natura Giuridica (www.naturagiuridica.com) due documenti relativi: 
• alla salvezza degli effetti dei titoli abilitativi formatisi in relazione ad impianti di energie rinnovabili recanti soglie superiori rispetto alla disciplina statale, effetto di leggi regionali dichiarate incostituzionali; 
• al ruolo della legislazione regionale in materia di procedure semplificate, e al rapporto diacronico con leggi regionali e statali emanate in precedenza sullo stesso tema. 
Sono solo alcuni degli ultimi documenti pubblicati sul sito di Natura Giuridica, la cui lettura e la cui analisi sono importanti per capire come muoversi nei meandri del diritto dell’ambiente e dell’energia. Non sempre ciò che sembra semplificato in teoria in pratica lo è: occorre valutare cosa conviene a chi, in quali modi e in quali tempi. Per raggiungere quale obiettivo. Per fare un esempio: siamo sicuri che, al netto del presunto rispetto delle tempistiche imposte dalla legge per la conclusione del procedimento latu sensu autorizzatorio, e dalle valutazioni concernenti la VIA, la soluzione “migliore” sia sempre quella di chiedere la PAS? Come la mettiamo con la certezza in merito ai termini di opponibilità in giudizio? E con la possibilità di accedere alle procedure espropriative? O alla contestuale autorizzazione di tutte le opere connesse, propria dell’AU? In definitiva, occorre valutare bene cosa conviene, in relazione al caso concreto. 
Questi e molti altri documenti li potete scaricare nella sezione Premium del sito di Natura Giuridica,  alla quale si può accedere sottoscrivendo un abbonamento dai costi contenuti. Abbonamento utile per tutti quei soggetti che, operando nel settore dell’ambiente e dell’energia, hanno bisogno di essere costantemente aggiornati, con un prodotto di facile consultazione, immediatamente fruibile, ordinato dia cronicamente e per singola materia. Abbonamento nel quale troverete, oltre a tutte le più importanti novità (normative e giurisprudenziali) commentate in materia di energie rinnovabili, anche le analisi sui principali argomenti relativi a tutto il diritto dell’ambiente e dell’energia. Vi ricordo che è possibile contattare Natura Giuridica per ottenere convenzioni personalizzate (nei contenuti e nella durata), sulla base delle vostre specifiche esigenze: vi verrà fornito un preventivo gratuito. Per difendere i vostri diritti, e farvi assistere, o per evitare lunghe e costose pratiche giudiziali, non esitate a contattare Natura Giuridica: un pool esperti a vostra disposizione per tutte le tematiche relative all’ambiente e all’energia.


Consulenza Ambientale: come ricorrervi tramite un contratto di rete

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La consulenza ambientale concerne le materie del diritto ambientale e del diritto dell'energia. Un'impresa, un cittadino o un ente pubblico ricorrono a consulenze ambientali per gestire, in fase preventiva oppure nell'ambito di un procedimento (fase patologica) questioni di diritto ambientale relative alla tutela delle acque, al ciclo dei rifiuti, alla tutela del paesaggio e all'urbanistica, all'inquinamento, alle bonifiche, alla responsabilità d'impresa ed ai reati ambientali; si ricorre ad una consulenza ambientale anche in ambito energetico, in particolare per dirimere controversie relative a impianti energetici oppure in vista della loro progettazione, nell'ambito di studi di fattibilità tecnico-giuridici. In questo secondo caso si parla di consulenza ambientale in materia di diritto dell'energia, ossia riguardo a impianti solari fotovoltaici e conto energia, impianti a biomasse e biogas e relativo sistema incentivante, impianti eolici, termici e idroelettrici. 
Con una legge del 2009 da oggi gli imprenditori hanno una serie di strumenti in più per ricorrere a consulenze ambientali così come ad altre tipologie di consulenza: si tratta dei contratti di rete. 
Il "contratto di rete" è stato introdotto con l'art.3 comma 4-ter e ss. del d.l. n. 5/2009, (convertito con l. n.33/2009, successivamente modificato con l. n. 99/2009 e riformulato con d.l.n.78/2010 la cui legge di conversione è la n.122/2010) ed è sostanzialmente un istituto contrattuale che si affianca a quelli già in essere e si differenzia da essi per le sue smaccate caratteristiche di flessibilità e personalizzabilità. L'obiettivo ultimo che un contratto di rete deve raggiungere è il realizzarsi di un programma di rete, che metta in grado i soggetti imprenditoriali contraenti di perseguire vantaggi competitivi, abbattimento dei costi, conquista di nuovi mercati grazie a meccanismi di cooperazione inter - imprenditoriale.
I contratti di rete possono avere una durata limitata ed essere applicati a singole attività, come appunto la fruizione di una consulenza ambientale; i contraenti non perdono la loro individualità di soggetti imprenditoriali, ma acquisiscono una serie di diritti e di obblighi in relazione al singolo contratto di rete. Fino ad oggi questa tipologia di cooperazione ha stentato a decollare per le lacunosità del dettato di legge e per scarsa consapevolezza a livello soprattutto di PMI. Di seguito forniamo il link ad un documento  tratto dal sito "retimpresa", http://www.retimpresa.it/phocadownload/Eventi/marghera_linee%20guida%20per%20i%20contratti%20di%20rete.pdf, nel quale vengono illustrate in maniera chiara ed esaustiva le linee guida dei contratti di rete a firma del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, pubblicato a marzo di quest'anno. Nel documento sono chiariti importantissimi aspetti relativi ai contratti di rete come i soggetti che possono contrarli, gli obblighi reciproci, le norme in materia di pubblicità e di conseguimento di vantaggi fiscali, in materia di recesso ed esclusione fino alle connessioni con la normativa antitrust.
Peraltro, come dimostra il Bando sotto forma di contributo per la costituzione e lo sviluppo di reti e aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese dei settori industria, artigianato, commercio e servizi alla produzione erogato da FINPIEMONTE SPA (http://www.regione.piemonte.it/bandipiemonte/appl/dettaglio_bando_front.php?id_bando=142) i contratti di rete consentono di accedere a bandi e finanziamenti che consentono di coprire parte dei costi connessi con progetti di cooperazione finalizzati allo scambio di know how, competenze, progetti di ricerca e sviluppo volti alla crescita della competitività e alla conquista di nuovi mercati. Questo bando è dedicato alle piccole e medie imprese e le domande devono essere presentate entro il 16 novembre 2012.
L’agevolazione è concessa nella forma di contributo a fondo perduto (in regime “de minimis”) fino a Euro 200.000 per ciascun progetto finalizzato ad incrementare l’efficienza dei processi produttivi, distributivi, la capacità innovativa delle imprese: un'opportunità davvero interessante per chi è alla ricerca di strumenti e strategie volte al superamento di questo grave e lungo periodo di crisi economica.


Le reti di imprese e i contratti di rete

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Le reti di imprese costituiscono una nuova forma di collaborazione flessibile, che consentono ad imprese anche molto diverse tra loro di realizzare attività ulteriori rispetto a quelle che esse esercitano individualmente, agevolando in questo modo i processi di aggregazione. 
La principale differenza tra la novità del contratto di rete di imprese e il già esistente regime del consorzio è data dal fatto che con il primo le imprese collaborano e si aggregano per esercitare attività o realizzare progetti funzionali ad accrescere la capacità innovativa e competitiva della stesse, mentre con il secondo le imprese possono collaborare per dare vita ad una nuova attività imprenditoriale, diversa da quella che le imprese esercitano individualmente. Più imprese possono ricorrere ad un contratto di rete per ricorrere ad una medesima consulenza ambientale abbattendo i costi e conseguendo economie di scala.
Ma che cos’è esattamente un contratto di rete?
Si tratta di nuova tipologia negoziale a disposizione delle imprese per collaborare alla realizzazione di progetti e obiettivi comuni. Mediante tale contratto le imprese perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. La sua disciplina è contenuta nell'art. 3, commi 4-ter e seguenti, della legge n. 33/2009, di conversione del DL n. 5/2009, come modificata e integrata dall'art. 1 della legge n. 99/2009 e dall'art. 42 del DL n. 78/2010, nel testo risultante dalle modificazioni apportate con la legge di conversione n. 122/2010. 
Si tratta di un contratto tipico di aggregazione tra imprese con comunione di scopo, che non crea un nuovo soggetto di diritto, né una nuova e distinta attività d’impresa rispetto a quella dei soggetti aderenti al contratto. Per la realizzazione dello scopo comune le imprese devono stabilire un programma comune di rete, ossia l’insieme di diritti e obblighi assunti dalle parti. Tra le attività che le imprese aderenti alla rete possono svolgere, vi sono: collaborazione in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle imprese aderenti; scambio di informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica;  esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto delle imprese aderenti.
Il contratto di rete può essere stipulato tra imprese, qualsiasi sia la loro forma di costituzione, la loro dimensione (grandi, medie e piccole imprese) o il loro ambito di attività. Il contratto di rete deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.
Il programma di rete, elemento obbligatorio del contratto, deve contenere “l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune”. La normativa non prescrive particolari contenuti alle parti, lasciando ad esse la più ampia libertà negoziale. Ai fini dell’agevolazione fiscale, tuttavia, è importante definire come si vuole perseguire lo scopo comune. Gli utili che non concorrono alla formazione del reddito imponibile sono, infatti, vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete. A tale riguardo l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 15/E del 14 aprile 2011, ha precisato che “la norma agevolativa ha per obiettivo il completamento del programma comune di rete previsto dal contratto”. L’organo comune ed il patrimonio comune non sono obbligatori per la costituzione di un contratto di rete ma sono entrambi  facoltativi, come prevede la Legge n. 122/2010, di conversione del D.L. 78/2010. 

Fare rete può essere un'esigenza imprescindibile per le imprese che intendano sopravvivere alla crisi economica cercando forme di cooperazione innovative e flessibili con altri soggetti imprenditoriali: un'opportunità che spesso consente una messa in comune (ed una ottimizzazione) di strumenti produttivi, conoscenze, rischio imprenditoriale e, sopratutto, costi.

I c.d. reti di imprese e contratti di rete consistono in alleanze e messa in condivisione di conoscenze, di personale e di strumenti per condividerne i costi collegati al loro mantenimento, ed evitare tagli a servizi e prestazioni che si davano per scontati fino a pochi mesi fa, prima che la crisi economica le mettesse in discussione.
Anche sul versante delle Amministrazione Locali si sta percorrendo questa strada, anche se in questo caso spesso la messa in comune di beni e personale amministrativo si pone quale obiettivo quello di risparmiare sui costi senza per questo tagliare i servizi a disposizione dei cittadini.

Valga come esempio quello che sta accadendo a Pescara e a Teramo, dove a fine luglio scorso sono iniziati i "Laboratori per la gestione associata di funzioni e servizi" con il primo incontro riservato ai Comuni della provincia di Pescara al di sotto dei 5 mila abitanti. 
Si tratta di un vero e proprio percorso formativo volto a migliorare la conoscenza e la consapevolezza delle opportunità offerte dalla gestione associata di funzioni/servizi, offrendo strumenti utili per l'avvio di un percorso di associazionismo tramite unioni o convenzioni. Ha commentato l'assessore agli Enti Locali, Carlo Masci: "La recente normativa sulla spending review  prevede che i Comuni fino a 5 mila abitanti si associno entro il 1 gennaio 2013 per svolgere tre funzioni fondamentali ed entro il 1 gennaio 2014 per gestire cinque funzioni fondamentali. La logica è sicuramente quella del contenimento della spesa ma - ha sottolineato - è impotante dare anche servizi migliori ai cittadini". 
In questo contesto appare rilevante il ruolo giocato dalla Regione. "La Regione - afferma Masci - già si è mossa determinado otto macro-ambiti entro i quali i Comuni dovranno associarsi. Si tratta di aree che sono state individuate per omogeneità territoriali, economiche e sociali". 
Si tratta in pratica di condividere, per esempio, per un nucleo di Comuni limitrofi e con esigenze omogenee settori di intervento quali l'urbanistica, piuttosto che l'ufficio legale. Invece di fare come in passato, dove ogni ente locale riproduceva in maniera automatica la stessa tipologia e gamma di apparati, al di là del numero di residenti, per le realtà piccole c'è la possibilità di condividere delle risorse ed impedire, in questo modo, di non poter assicurare più certi servizi ai cittadini. 


Fonti rinnovabili: il procedimento unico

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Qual è l’iter corretto per lo svolgimento della conferenza di servizi in materia di fonti rinnovabili di energia, e come correggerne le storture.
 A gennaio 2012 è stato pubblicato per la casa editrice Flaccovio di Palermo il mio primo libro in materia di fonti rinnovabili di energia, intitolato “La consulenza giuridica nelle fonti rinnovabili” (v.la recensione,  nel quale – dato atto delle difficoltà di capire, e quindi applicare, una normativa caotica come quella relativa alle FER – ho cercato di dare un ordine al mare magnum di norme, regolamenti e prassi del diritto dell’ambiente e dell’energia, stratificatosi negli anni, attraverso la lettura in filigrana della normativa e l’interpretazione datane dalla giurisprudenza, che negli anni ha assunto il ruolo di indispensabile strumento per comprendere le dinamiche applicative delle normative (non sempre sufficientemente chiare), indirizzando l’azione amministrativa verso una corretta e sostenibile gestione della pianificazione energetica e, infine, consentendo agli operatori di muoversi nel settore con meno incertezze e maggiore celerità. 
Fra gli argomenti trattati nel manuale, particolare risalto è stato dato alle dinamiche proprie del procedimento unico omnicomprensivo, che assorbe ogni altro procedimento previsto dalle leggi regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell’impatto ambientale. Un concetto che, data la sua centralità, così viene declinato nella maggioranza delle sentenze che riguardano le fonti di energia rinnovabile:
• in alcuni casi è stata sottolineata l’unicità del procedimento (all’interno del quale le amministrazioni interessate devono esprimere le rispettive determinazioni e coordinare i vari interessi pubblici, rilevanti per l’autorizzazione unica finale), facendo riferimento alla correlata necessità di rispettare i termini previsti dal legislatore per la sua conclusione; 
• in altri si è parlato di luogo procedimentale di valutazione e confronto dei vari interessi pubblici incisi e/o coinvolti nella realizzazione di uno IAFR, facendo riferimento al dovere anche dell’interessato di fornire i necessari apporti collaborativi; 
• in altri ancora si è posto l’accento sulla concentrazione dei vari apporti valutativi delle diverse amministrazioni interessate nella sede unitaria rappresentata dalla conferenza di servizi, facendo riferimento agli oneri delle amministrazioni coinvolte nel procedimento. 
In definitiva – dal momento che, spesso, nei casi sottoposti al loro giudizio, i tribunali amministrativi coinvolti hanno constatato il mancato rispetto anche di questi aspetti basilari e fondamentali di semplificazione amministrativa – la giurisprudenza, nel dettare la soluzione del caso concreto, ha continuato ad evidenziare le dinamiche proprie del procedimento omnicomprensivo, relative alle modalità partecipative, alla ratio legislativa, al comportamento del soggetto richiedente l’autorizzazione unica, a quello dell’amministrazione procedente e, infine, alla durata dello stesso. 
Nelle pagine del sito di Natura Giuridica, sottoscrivendo un abbonamento Premium dai costi contenuti, avrete la possibilità di approfondire ulteriormente questa materia, analizzando nel dettaglio tutte le sfaccettature del procedimento unico, imparando a conoscere tutto ciò che si deve sapere per instaurarlo correttamente e concluderlo il più rapidamente possibile con i maggiori benefici (ambientali, ma anche economici…). Di recente, ad esempio, nella sezione Premium, sono stati pubblicati alcuni documenti relativi: • alle modalità e alle tempistiche relative al pagamento degli oneri istruttori per prestazioni e controlli da eseguire da parte di pubblici uffici, che sono a carico dei soggetti interessati, i quali tuttavia devono essere posti in grado di sapere con precisione il loro ammontare; 
• ai soggetti legittimati a partecipare alle conferenze dei servizi decisorie; 
• alle modalità con le quali queste ultime possono esprimere il proprio eventuale dissenso; 
• alla possibilità, accordata alle pubbliche amministrazioni, di accordarsi pattiziamente con soggetti privati con convenzioni che riguardano anche la localizzazione di IAFR; 
• all’informazione ambientale e alle problematiche relative all’accesso, ivi compresa la relativa tutela processuale e la legittimazione; 
• alla plausibilità delle motivazioni di diniego espresse dai vari enti particpanti alla conferenza di servizi; 
• alle “modalità di gestione” del procedimento, fra le quali spicca quella relativa alla possibilità di redigere il verbale della conferenza di servizi anche in un momento successivo a quello della sua conclusione, grazie alla distinzione – rafforzatasi negli anni grazie al certosino lavoro della giurisprudenza – fra il momento conclusivo dei lavori della conferenza e il momento provvedi mentale, in base alla quale solo il provvedimento finale con cui si determina l’assetto definitivo della fattispecie ha efficacia esterna direttamente ed autonomamente lesiva, e solo per questo vi è pertanto l’onere dell’immediata impugnazione entro i termini di decadenza.

Quelli appena elencati sono solo alcuni degli ultimi documenti, relativi al corretto svolgimento del procedimento unico, pubblicati sul sito di Natura Giuridica, nella sezione Premium, alla quale si può accedere sottoscrivendo un abbonamento. Abbonamento utile per tutti quei soggetti che, operando nel settore dell’ambiente e dell’energia, hanno bisogno di essere costantemente aggiornati, con un prodotto di facile consultazione, immediatamente fruibile, ordinato diacronicamente e per singola materia. È possibile contattarci inoltre per ottenere convenzioni personalizzate, sulla base delle specifiche esigenze informative ed operative del committente: vi verrà fornito un preventivo gratuito in maniera rapida e trasparente.
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