Leggi 27 e 62 2012; la proposta Montante e il rating di legalità per l'accesso al credito

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Nel quadro desolante delineato nell'articolo del 25 giugno scorso - l'Italia delle imprese oneste che hanno meno disponibilità economica delle imprese colluse con le mafie e si vedono, per giunta, negare l’accesso al credito -  il 28 gennaio 2012 Antonello Montante - ex vicepresidente di Confindustria, ha lanciato la sua proposta: considerare la legalità come indicatore positivo del rischio di credito. Assegnare un rating più alto alle aziende “che investono e vivono nei mercati grazie a processi di legalità e a codici anti-corruzione”, facilitando il loro accesso al credito bancario.
La proposta, recepita dall’Associazione Bancaria Italiana e dal Parlamento è confluita nella legge 27/2012. La Legge 27/2012 (la legge di conversione del Decreto Liberalizzazioni), all’articolo 5-ter, ha attribuito all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie “al fine di promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti aziendali”, e di procedere, “in raccordo con i Ministeri della giustizia e dell'interno, all'elaborazione di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale”.
Il medesimo articolo stabiliva che del rating attribuito si dovesse tenere conto in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario.
Se da un lato veniva accolta la "proposta Montante", l’articolo 5-ter della L. 27/2012 aveva sollevato non poche perplessità: leggendolo, sembrava di capire che all’Antitrust fosse stato assegnato il compito di assegnare un rating di legalità a tutte le imprese italiane, una specie di fotografia del livello di legalità dell’intero sistema economico nazionale.
Ma su quali basi poteva essere realizzata questa valutazione globale?
E con quali tempistiche?
Con queste premesse, il rating di legalità sembrava destinato a restare lettera morta.

I dubbi sono stati (in parte) chiariti dalla legge 62/2012, che, nata per convertire in il Decreto Legge sulle commissioni bancarie, è stata poi estesa ad altri ambiti, sempre inerenti l’attività degli istituti di credito.
La Legge 62/2012 stabilisce che solo le aziende con un fatturato di almeno 2 milioni di Euro (riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza) potranno richiedere il rating di legalità all’Antitrust e che, al fine dell’attribuzione del rating, potranno essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni.
Inoltre, la legge ribadisce che del rating attribuito all’azienda si dovrà tener conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e in sede di accesso al credito bancario, aggiungendo che “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.
La legge 62/2012 è stata pubblicata in gazzetta ufficiale il 21 maggio 2012. Il rating di legalità, però, non sarà immediatamente in vigore. Infatti, entro 90 giorni l’Antitrust dovrà definire i criteri e le modalità per il calcolo del rating e il Ministero dell’Economia e delle Finanze dovrà emettere un decreto, definendo le modalità «agevolate» di finanziamento pubblico e accesso al credito, riservate alle aziende che dispongono di un rating di legalità.
Dunque, è stato chiarito che il rating di legalità sarà uno strumento volontario, di cui le aziende potranno servirsi, per agevolarsi nei rapporti con le banche e le pubbliche amministrazioni. E’ quindi di primario interesse, per le impresa, sapere quali saranno i criteri che, in futuro, l’Antitrust utilizzerà per definire il loro rating di legalità. Non ci sono ancora, purtroppo, indicazioni certe in merito.
Tuttavia, il Ministro della Giustizia Paola Severino, già nel mese di marzo, aveva espresso la propria opinione sul rating di legalità, definendolo “una proposta estremamente seria che riguarda non soltanto le imprese che rifiutano di pagare il loro terribile tributo alla mafia, ma anche le imprese che si dotano di modelli di organizzazione idonei a prevenire il reato”, vale a dire le imprese che si sono dotate di Modelli 231 finalizzati alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata. Se tale orientamento fosse confermato dall’Antitrust, molto probabilmente, quindi, in futuro le aziende che si doteranno di Modelli 231 potranno ottenere un rating di legalità più alto ed accedere più facilmente a finanziamenti pubblici e al credito bancario.